Sono Passati vent’anni dal viaggio della nave volante Jerle Shannara. Adesso Grianne Ohmsford non si fa più chiamare Strega di Ilse e ha votato la sua vita al progresso delle Quattro Terre mediante lo sfruttamento delle conoscenze dei Druidi. Come primo atto, ha ricostruito il Consiglio dei Druidi, che adesso presiede e cerca da anni di arrivare ad una pace duratura tra I Liberi e la Federazione.

Non tutti, però, la pensano come lei. Sono molti I Druidi convinti che il loro destino sia quello di dominare le altre razze e che Grianne dovrebbe esercitare maggiormente il potere. E qualcuno non si limita solo a parlare.

Sen Dusindan, Primo Ministro della Federazione, non vede l’ora di liberarsi della presenza ingombrante del Druido Supremo. Per questo consegna ad un suo congiurato, Shadea a’Ru, una pozione in grado di far letteralmente sparire la sua nemica nel Divieto, un mondo dove anticamente gli Elfi esiliarono tutte le creature del male.

Il piano ha successo. Grianne scompare senza lasciare tracce e la traditrice Shadea riesce a farsi eleggere a capo dei Druidi. Potrebbe essere l’inizio di una nuova era oscura, ma Tagwen, l’assistente di Grianne, è ben deciso a ritrovare la donna scomparsa con l’aiuto degli Ohmsford e degli Elfi fedeli a Grianne. E il viaggio verso il Divieto è irto di pericoli, non ultimo quello dei Druidi congiurati, disposti a tutto pur di evitare il ritorno del Duido Supremo.

[Silvio A. Lazzarini]

Questo è il primo libro della nuova trilogia di Terry Brooks, che prosegue gli eventi della trilogia della Jerle Shannara; se la precedente trilogia era abbastanza brutta e scontata, questa lo è decisamente.

Anche qui l’autore usa il metodo di un’unica storia raccontata in tre capitoli, così da rispettare la forma della “trilogia” che va tanto di moda e così da rimpinguare le sue già piene tasche; infatti il libro non ha un finale, ma, come nella precedente trilogia, si interrompe in un momento culmine, come nella peggior telenovela.

La trama è scontata, basta prendere uno dei precedenti libri di Shannara, cambiare il nome dei personaggi e dei luoghi (e nemmeno di tutti…) et voilà, il libro è pronto. Terry Brooks ricalca ancora una volta tutti i propri stereotipi di personaggi e situazioni, regalandoci un’impressione di deja vù molto forte, con tanto di preveggenza degli avvenimenti futuri.

Insomma nessuna sorpresa in questo libro, il che potrebbe essere anche un pregio, visto che nella precedente trilogia la sorpresa riguardo alla natura del ‘cattivo’ di turno, Antrax, era quanto meno disarmante (io l’ho trovata squallida, fuori luogo e priva di fantasia).

La cosa più fastidiosa di questo libro è stato vedere come l’autore rimastichi, triti e voglia farci digerire dei capisaldi della struttura delle Quattro Terre, dati per inviolabili nei romanzi precedenti, che in questa trilogia lui modifica a piacimento pur di riuscire a tirare fuori uno straccio di storia che possa reggere la lettura in 3 volumi. Di conseguenza le famose Pietre Magiche (il cui libro resta tuttora il migliore…) che si sapeva potessero essere maneggiate solo dalla persona a cui erano consegnate spontaneamente, vengono qui impunemente usate da altri con la scusa che essendo Elfi e parenti, l’uso ne sia consentito (a dirla tutta, questo scivolone Brooks lo aveva già fatto ne “La Canzone Magica di Shannara”).

La natura del Divieto, che sempre ne “Le Pietre Magiche di Shannara” ci viene descritto come un luogo buio e informe, risulta in questo libro come una parodia oscura delle Quattro Terre, con gli stessi luoghi, anche se viene descritto come un mondo arido e desertico.

L’unica cosa che può risultare interessante è il mistero sulla vera natura del cattivo di turno, che rimane misteriosa in tutto il libro.

Il personaggio di Grianne, che come Strega di Ilse era senza dubbio molto interessante, risulta completamente scialbo e caratterizzato dalla paranoia di tornare ‘cattiva’, presente in ogni maledetta pagina che la riguarda; insomma fa rimpiangere anche la triste e ridicola figura di Walker Boh.

Non voglio parlare degli altri personaggi, che più stereotipati non si può (il nano fedele ma un po’ tardo, il ragazzino un po’ scapestrato che si innamora, il buon elfo che muore e così via…).

Una nota riguardo alla traduzione: è frustrante leggere una traduzione diversa dei nomi e luoghi che si è imparato a conoscere nel tempo: l'Eterea diventa Ell Criss e così via...

Una curiosità riguardo alla data di pubblicazione: questo libro, e anche il successivo, sono stati pubblicati in Italia ben 4 mesi prima che negli USA! E’ quanto meno strano...

Consiglio questo libro e i suoi seguiti (tanto la storia è quella…), nonché la precedente trilogia, solo agli affezionati più tenaci di Terry Brooks o a chi nel periodo estivo voglia leggere qualcosa di estremamente leggero…

[Michele Giannone]

Voto: buono (3 stelle)

Arduo il compito che si prospetta a un autore come Terry Brooks con ogni nuovo capitolo della saga di Shannara.

Da un lato rinnovarla, introducendo elementi che distinguano le avventure di una generazione di Ohmsford da quelle della precedente; dall’altro, mantenere intatti gli elementi stilistici e strutturali che ne hanno segnato la fortuna e che, di conseguenza, l’autore si vede “costretto” a offrire ai propri lettori, per non deluderne le attese.

Con Jarka Ruus – primo capitolo della nuova trilogia Il druido supremo di Shannara – tutto sommato Brooks non fallisce e sforna un buon romanzo.

Rinnovarsi nella continuità, dunque.

L’autore in “Jarka Ruus” ci riesce meglio di quanto non avesse saputo fare con la trilogia precedente, “Il viaggio della Jerle Shannara”.

Mentre lì infatti il ricorso a elementi intrinseci della saga – la quest, il viaggio, personaggi costretti a convivere col loro retaggio e coi segreti degli altri – appariva forzato e dava luogo a situazioni talvolta scontate e a rivelazioni che non suscitavano alcuna sorpresa, in quest’ultimo romanzo si ha invece l’impressione che Brooks abbia voluto giocare a carte scoperte.

L’autore sembra infatti consapevole che i suoi lettori abituali conoscono i suoi trucchi, il suo modo di gestire le situazioni, di piazzare colpi di scena e svolte narrative. Di conseguenza, decide di non barare più.

Ecco perciò sfrondate inutili attese di rivelazioni a cui il lettore sa giungere da solo, limitando i misteri a quelli necessari ad ammantare di pathos la storia. Ecco che il ruolo dei vari personaggi appare chiaro sin dalla loro prima apparizione (salvo qualche caso e mai comunque in maniera tale da fare sospettare improvvisi e radicali cambiamenti). Ecco che la storia scorre fluida verso la direzione che il lettore immagina sin dalle prime pagine, senza parentesi inutili o svolte non funzionali al filo principale.

Se proprio devo offrire quello che il lettore mi chiede, sembra dire Brooks tra le righe, allora glielo offro in maniera diretta, senza offendere la sua intelligenza o sottovalutare le sue capacità di leggere le mie intenzioni.

E da questo atteggiamento (nuovo, se rapportato alla saga precedente) “Jarka Ruus” trae giovamento. Il romanzo mantiene sempre un buon equilibrio tra le sue varie componenti narrative; molte scene hanno un vigore che Brooks pareva avere smarrito; alcune invenzioni (come Aphasia Wye e la vita nelle terre del Divieto) sono tra le migliori di Brooks da molto tempo a questa parte.

Certo, qualche difetto c’è. Alcune figure (specialmente tra quelle dei Villains) sono appena sbozzate, semplici strumenti funzionali allo svolgimento della trama. Qualche (lunga) pennellata paesaggistica sembra tirata fuori da romanzi precedenti dello stesso Brooks. La descrizione degli stati d’animo di alcuni personaggi di fronte ad alcune situazioni avrebbero potuto essere approfondite maggiormente.

Si tratta, tuttavia, di peccati veniali, che pur non consentendo al romanzo di assurgere ai livelli di alcuni volumi precedenti della saga di Shannara, di certo non lo penalizzano al punto da farci rimpiangere le opere più riuscite dell’autore.

In un’epoca in cui molti autori fantasy (anche il nostro) sembrano scrivere romanzi più per motivi commerciali che per autentica passione, al sottoscritto il risultato ottenuto con “Jarka Ruus” sembra già buono.