Romanzo passato in sordina nell’edizione italiana a cura della Newton Compton, Vellum è stato invece oggetto di attenzione da parte della critica specializzata straniera, che spesso si è espressa in modo positivo nei confronti di questa opera prima di Hal Duncan (il cui seguito, Ink, per ora inedito in Italia, è del 2007).

L’autore, scozzese, è membro del Glasgow SF Writers’ Circle ed è stato finalista sia nel William H. Crawford Award che nel Locus Award nella categoria di miglior romanzo d’esordio.

 

Il Vellum è il substrato sul quale sono scritte tutte le realtà. Svelato dal Libro di Tutte le Ore, cercato da generazioni dalla famiglia Carter di cui fa parte Guy Raymond, uno dei protagonisti del romanzo, Il Vellum è la superficie sulla quale Dio ha tracciato ogni realtà possibile.

E nel Vellum gli unkin, esseri più che umani, segnati nel corpo e nell’anima da incisioni che sono la manifestazione della divinità in loro, si preparano alla guerra. Angeli o demoni, a seconda della fazione che decidano di appoggiare, gli unkin sono in grado di modificare le pieghe del Vellum con il Canto. E sono loro le manifestazioni, gli avatar, delle antiche divinità adorate nelle religioni politeiste prima che l’unico dio si manifestasse.

Jack Carter (nessuna parentela con Guy Raymond), Joey Pechorin, Thomas Messenger, sua sorella Phreedom Messenger e Seamus Finnan sono gli altri personaggi principali del libro, loro e i loro aspetti nelle diverse pieghe del Vellum: in altri tempi e luoghi della nostra e di altre realtà, come nella mitologia sumera e in quella greca. Hal Duncan, infatti, disegna nel suo romanzo una continuità, un’omologazione all’interno delle diverse tradizioni religiose antiche riallacciando ad esse rimandi biblici.

 

A volte lirico (come nel racconto in prima persona, in stile diaristico, del viaggio di Guy Raymond Carter nel Vellum) spesso esplicitamente violento e diretto nel linguaggio: lo stile, oltre che l’immaginazione, di Hal Duncan rivelano un grande talento e molta ambizione.

Ma Vellum non è, nella maniera più assoluta, un romanzo di facile lettura. Se non in sporadici brani, non esiste una narrazione lineare degli eventi. La prosa è infatti volutamente frammentata con continui cambi di prospettiva (i diversi aspetti dei protagonisti nel Vellum) di tempo e di scena, di stile (successioni di immagini e metafore, spesso molto potenti ed evocative, flussi di coscienza) e da parti in cui l’autore narra le vicende di una divinità alternandole a quelle di uno o più personaggi.

A questo si aggiunge un tocco fantascientifico nelle parti ambientate in un ipotetico futuro prossimo e miriadi di citazioni e omaggi (in particolare a Lovecraft).

Ad aumentare la difficoltà i termini sumeri, greci e i neologismi usati dall’autore oltre che l’assenza, in appendice, di qualsiasi glossario. Considerando questi elementi, si può capire come sia scongiurata ogni possibilità di info-dumping ma anche come questo non possa essere considerato in alcun modo un romanzo per tutti.

 

Di sicuro originale, innovativo e coraggioso, considerando inoltre che si tratta di un esordio, Vellum richiede una lettura attenta, continua e consapevole oltre che una certa memoria per ricollocare mentalmente personaggi ed eventi. Ma è anche un libro che può offrire a queste condizioni un’esperienza nuova e accattivante, un’esperienza dai contenuti forti per i temi e per le immagini che contiene.