Nella storia giapponese uno dei periodi più drammatici fu l'invasione dei Mongoli (a quei tempi dominatori in Cina) ad opera di Kublay Khan. Per fortuna dei Giapponesi il grande conquistatore pianificò male le operazioni e in particolare non preparò una flotta oceanica sufficiente, limitandosi a usare il naviglio che poteva trovare già pronto, incrementato delle navi costruibili con un preavviso relativamente breve. Poiché il mare non perdona chi vi si avventura impreparato, per due volte questa trascuratezza fece fallire i suoi piani: tenacemente, Kublay avrebbe voluto tentare ancora, ma la terza volta fu la morte a impedirglielo. Questa la realtà storica.

In Kami, scritto per la Delos Books da Yon Kasarai (traduttore, e in realtà vero autore, Alberto Cola) l'invasione diventa pretesto per un duello magico che vede da una parte la necromanzia dello stregone mongolo Kutul, dall'altra un ragazzo, Toshi, che è capace di entrare in contatto con i Kami, gli spiriti della natura secondo lo scintoismo giapponese.

Sul fronte più convenzionale del conflitto l'imperatore Tokimune si trova ad affrontare l'esercito mongolo, così numeroso e apparentemente invincibile. L'imperatore può contare sulla lealtà dei samurai e sul coraggio dei popolani in armi pronti a sacrificarsi, ma teme di non poter vincere una battaglia che lo contrappone a un nemico troppo forte e organizzato.

I Giapponesi hanno però l'aiuto dei quattro eroi che secondo una profezia riusciranno a fermare la terribile magia degli invasori mongoli. Toshi è uno di essi, lo accompagnerà un samurai (l'eroico Jiro in lutto per la morte della moglie), un personaggio di corte di nome Bletaro, e un misterioso ladruncolo di nome Kiku.

Tutti avranno la loro parte in una trama ricca di colpi di scena e tradimenti, sorprese e gesti di coraggio. Il loro avversario è Kutul, lo stregone mongolo che può evocare i non-morti, ma i nostri eroi scopriranno di avere altri nemici dove meno se lo aspettano. Ne seguirà una lotta disperata e appassionante, in cui sarà difficile avere la meglio.

Gli elementi dell'avventura e del mistero ci sono tutti, ma può una storia complessa prendere meno di cento pagine? Alberto Cola ci ha provato, ma forse non c'era abbastanza spazio per poter pretendere la perfezione. Il potere di Toshi, vedere gli spiriti e ottenere la loro forza, è esplorato più in dettaglio perché è un elemento centrale della trama. Altri particolari sono necessariamente descritti con rapidità, per esempio il lutto di Jiro per la moglie Michiko sembra un argomento importante all'inizio e poi è rapidamente tralasciato. L'accampamento dei Mongoli viene descritto rapidamente, ne abbiamo uno spettacolo impressionante ma soltanto lo stregone ottiene qualche attenzione particolareggiata. E diversi passaggi vengono risolti in poche frasi, come per esempio il colpo di scena finale.

Kami può sembrare un libro per ragazzi nella sua semplicità e scorrevolezza di stile, ma gli argomenti presentati in verità sono molti e spesso meriterebbero un maggiore spazio. Non ultimo tra essi lo spiritualismo giapponese, che compare qui con la dea Amaterasu, i Kami e il talento naturale di Toshi che con essi può entrare in contatto. Una buona sorpresa viene dai personaggi che sono dipinti con poche pennellate ma in maniera viva e credibile.

Se qua e là il romanzo sembra ristretto, compresso, è l'inevitabile adattamento al formato di romanzo breve di una storia che potrebbe essere ampliata e pienamente articolata, e avrebbe potuto svilupparsi su un numero anche doppio di pagine senza sfociare nella ripetizione e nella prolissità. Tuttavia ogni elemento fondamentale viene esposto con l'attenzione necessaria e sufficiente, la storia non perde parti essenziali pur dovendo stringersi in un breve spazio: questa è una testimonianza delle capacità dell'autore, che ci presenta comunque una storia godibile, in un'ambientazione reale ed esposta con competenza.