Un fantasy italiano che è passato forse un po' sotto tono, L'Acchiapparatti di Tilos di Francesco Barbi è uscito con una casa editrice minore, Campanila, nel 2007. Un libro che si muove tra il picaresco e il grottesco, in una terra fantastica chiamata Terre di Confine, con luoghi dai nomi nostrani: ricorda un po' quell'Italia medievale disordinata e anarchica che ha fatto da sfondo alle avventure cinematografiche di Brancaleone.

I protagonisti sono decisamente low fantasy: uno zoppo con la gobba, Ghescik, specialista del cavarsela con mille espedienti, e il matto Zaccaria che vive assieme a un certo numero di gatti in una dimora malconcia e cadente: Zaccaria ha un debole per i testi antichi e di magia, e quando li legge si trasfigura, ma nella vita normale è un povero derelitto dall'eloquio sgangherato, che si è dovuto inventare il mestiere di acchiapparatti per sopravvivere.

L'amore per i libri di magia è comunque caratteristica anche di Ghescik, e lo zoppo si mette nei guai proprio per procurarsi un prezioso testo. Le conseguenza di questo atto andranno molto al di là del previsto.

Ghescik influirà sul destino del Mietitore, un misterioso mostro da tempo imprigionato nelle segrete della prigione nel villaggio di Giloc, dove avvengono le più spettacolari esecuzioni di tutte le Terre di Confine: infatti è il Mietitore a massacrare i condannati a morte, in maniera spettacolare. Lotte a senso unico, divertimenti crudeli per la collettività che assiste curiosa.

Le peregrinazioni di Ghescik, che cerca il modo di mettere a posto i guai che ha combinato tirandosi dietro Zaccaria e, per un certo tempo, una prosperosa prostituta amica di quest'ultimo, si incrociano con le prodezze di Gamara, un cacciatore di taglie sfregiato, abile ma tenebroso e macabro, che porterà rovina sui malviventi in fuga (altri protagonisti della storia), e incrocerà lo stesso Mietitore in una terribile notte di massacro.

La natura e il destino di questo essere magico, e come gli uomini influiscono su esso, sono i principali temi della storia. La magia, sebbene tutt'altro che onnipresente e rutilante, è un elemento fondamentale, anche se quasi del tutto bandita dalle Terre di Confine.

Lo stile di Francesco Barbi è piacevole, con una padronanza generalmente salda della lingua, l'atmosfera originale, picaresca ma vagamente inquietante. Ben curati i dialoghi, con qualche espressione colloquiale e un lieve sentore di vernacolo toscano per dare più sapore alle parole. Il finale poteva essere più sviluppato.

Un fantasy italiano per adulti ben congegnato, intelligente e interessante anche se al di là delle ambientazioni e del tipo di personaggi che vanno per la maggiore. Scelte coraggiose quelle di Barbi, ma portate avanti con abilità e capacità tutt'altro che comuni in un esordiente.