Quando si parla di Dark Souls immediatamente si pensa a un videogioco impossibile, addirittura punitivo. Non è proprio così, nonostante la difficoltà sia elevata, Dark Souls è pensato proprio per offrire un alto grado di sfida ma allo stesso tempo molta gratificazione quando si riesce a padoneggiare. Non è certo un gioco per tutti, poiché richiede dedizione e pazienza. Tuttavia il suo vasto mondo e la sua trama dark fantasy hanno saputo catturare l'attenzione sia dei videogiocatori sia degli appassionati di fantastico. I personaggi sono profondi e stratificati, i dettagli vengono snocciolati un po' per volta attraverso i dialoghi e talvolta grazie alle descrizioni degli oggetti per una narrazione tutt'altro che lineare.
Abbiamo già avuto modo di approfondire l'immersività di Dark Souls seguendo un intervento a Cartoomics qualche anno fa:
Dark Souls: genere di nicchia o fenomeno di massa?
Un videogioco dalla personalità unica come Dark Souls può appassionare a tal punto da generare il neologismo soulslike, per identificare RPG d’azione dalla meccanica simile. Alcuni giocatori sono convinti che un’esperienza così coinvolgente possa addirittura cambiare loro la vita. GamerClick avvia un dibattito con il pubblico di Cartoomics 2018, insieme alla Twitch partner Ckibe.
LeggiCome permettere, quindi, di immergersi in questo affascinante mondo a coloro che non amano questo tipo di approccio videoludico o che per varie ragioni non hanno modo di riprodurre il gioco?
Il fumetto è un ottimo mezzo per trasferire l'atmosfera giusta, se affidato a un disegnatore capace di cogliere l'essenza rude e fantastica del gioco di FromSoftware, cosa che in Dark Souls – Redemption, pubblicato da J-Pop, succede, grazie al tratto grezzo e preciso di Shonen.
E per la storia?
Sentiamo cosa dice lo sceneggiatore Julien Blondel, ospite a Lucca Comics & Games, che abbiamo avuto il piacere di conoscere a un press cafè dedicato alla stampa. Queste sono alcune domande emerse dai giornalisti in sala.
In che modo ci si approccia a scrivere una storia tratta da un videogioco?
È difficile trasporre un gioco in un fumetto. L’obiettivo è stato quello di restituire la sensazione del modo in cui si gioca, trasformandola in un’esperienza di lettura, dove il lettore deve “girare le pagine” come se esplorasse un mondo. Non si tratta di una semplice trasposizione, ma di un tentativo di suscitare la stessa sensazione del gioco: niente indizi all’inizio, segreti da scoprire, una narrazione radicata nella lore originale.
Quali sono state le maggiori difficoltà?
La creazione del personaggio. Nei giochi i protagonisti sono generalmente figure maschili molto fisiche; nel fumetto, invece, è stato necessario aggiungere dialoghi, non molti, ma in linea con lo stile del videogioco. È stata scelta una protagonista femminile, una madre in cerca del proprio figlio.
Soddisfazione, risultati e atmosfere
È molto soddisfatto del risultato. Il lavoro con Shonen è stato straordinario: da solo non avrebbe potuto raggiungere un traguardo simile. Ha sempre trattato temi affini, anche post-apocalittici, e si è formato su letture classiche come Shakespeare, Sofocle e la tragedia greca. Crede che in universi tristi e oscuri sia più facile far emergere storie umane autentiche, commoventi e belle. Più il mondo è cupo, più i personaggi in difficoltà risaltano. Quando invece tutto va bene, è difficile creare un antagonista efficace.
Dark Souls è un mondo oscuro, ma ha anche una base di speranza. Come si fa a rendere una storia credibile?
La speranza è la luce che può attraversare ogni medium, la stessa che lega una madre a un figlio o si ritrova nei miti dell’antica Grecia. Si dice che esistano soltanto dieci tipi di storie universali — avventura, tradimento, famiglia, amore — che si adattano a ogni universo narrativo. Quando una storia solida si fonde con un mondo coerente, il risultato è efficace. Dark Souls non è un caso isolato: basti pensare a Game of Thrones o al Signore degli Anelli. Qui, però, il punto di partenza non è la trama ma il gameplay, che diventa narrazione.
Che rapporto hai avuto con il disegnatore? Ha contribuito anche lui con idee o scene?
Alla nostra domanda, Blondel ha risposto che il disegnatore Shonen è abituato a lavorare da solo, mentre lui preferisce lavorare in squadra, ama circondarsi di collaboratori con idee personali. Shonen si è concentrato sull’aspetto visivo più che sulla sceneggiatura, ma il confronto è stato stimolante: il disegnatore ha suggerito l’aggiunta di mostri e ambientazioni particolari, seguendo le proprie inclinazioni e arricchendo la direzione artistica del progetto.
Dark Souls è un gioco silenzioso, dove gli indizi sono disseminati ovunque. Hai colmato qualche vuoto per completare la sceneggiatura?
Senza fare spoiler,
ha iniziato ironicamente si può dire che la storia finisce male. Potevamo aspettarcelo da un Souls. La lore della serie è estremamente densa, il piacere del gioco nasce dall’esplorazione e dalla ricerca di informazioni.
In accordo con FromSoftware e Bandai Namco, non si è voluto riutilizzare gli stessi elementi: lo scopo era ricreare l’emozione del gioco attraverso nuovi personaggi e una storia inedita. Creare una buona storia è come cucinare: bisogna mescolare gli ingredienti giusti. Morte e rinascita, perdita dell’umanità, messaggi nascosti, il fuoco e persino i “muri invisibili” restano elementi centrali. Tutto contribuisce a mantenere intatto il sapore di Dark Souls.
Hai autori di riferimento o a cui ti sei ispirato, anche di epoche diverse?
La passione per la scrittura è nata giocando di ruolo. Come in Stranger Things, la madre gli chiedeva di smettere, ma D&D era un ottimo modo per inventare storie. Le influenze principali sono Stephen King, Michael Moorcock, Sofocle e Shakespeare. Da ragazzo era un nerd con gli occhiali, cresciuto tra tragedie e narrativa fantastica. Nel manga ha trovato ispirazione in Otomo: ammirava la capacità di raccontare moltissimo con solo due o tre vignette per pagina. Ci sono voluti trent’anni per imparare a narrare con tale sintesi, e per questo gli è grato.
Hai giocato ad altri titoli FromSoftware? Ci sono videogiochi che vorresti adattare in futuro?
Ha giocato molto al primo Dark Souls, anche se il suo lavoro gli lascia poco tempo per giocare. Si tiene aggiornato guardando video e gameplay. Se giocasse troppo, dice, scomparirebbe per settimane. Gli hanno proposto altri adattamenti in manga, ma non vuole più lavorare su titoli FromSoftware. Gli piacerebbe però adattare Ico di Fumito Ueda, una vera pièce teatrale in forma videoludica, o Metal Gear, ma con un tono più ironico.
Il fascino di FromSoftware sta nel lasciare che sia il giocatore a ricomporre la storia. È possibile mantenere questo spirito su carta?
Hanno scelto consapevolmente di non raccontare ciò che accade nei giochi, perché sarebbe impossibile farlo meglio. La struttura non lineare è difficilissima da rendere in un fumetto. Si era considerata un’impostazione da puzzle narrativo, come in La casa delle foglie, ma sarebbe stato troppo impegnativo per il lettore. Si è quindi optato per dare più informazioni nel primo volume, rendendolo accessibile, per poi lasciare che i seguenti siano più misteriosi e stimolino la curiosità del pubblico.
Dark Souls segue il classico viaggio dell’eroe. I personaggi e i boss del fumetto sono originali o frutto di direttive di FromSoftware e Bandai Namco?
Hanno ricevuto molta libertà creativa, cosa che ha dato grande impulso al progetto. Per l’aspetto visivo dei boss, Shonen parte dalle emozioni che la scena deve trasmettere e costruisce le creature in base alle esigenze narrative. Il lavoro si basa su ricerche dettagliate e reference visive, con un’ispirazione forte a Berserk di Kentaro Miura e ai materiali forniti da FromSoftware.
Con il tuo background nella letteratura greca, quale immagine mitologica ti colpisce di più e quanto ti ha influenzato?
Dark Souls è già fortemente ispirato alle mitologie antiche, come quella norrena, mesopotamica e assira, con i suoi messaggi codificati e simbolici. Nel terzo volume, ad esempio, comparirà un riferimento a Giano Bifronte, rappresentato qui con tre maschere anziché due. Vorrebbe inoltre inserire in futuro una figura come Antigone, figlia di Edipo: una giovane donna che si oppone per dare sepoltura al fratello. Pensa che i lettori più giovani potrebbero trovarla affascinante in chiave manga, un personaggio simile a Ira (la protagonista del manga, ndr) in Dark Souls.
Il fumetto è pensato per chi conosce già l’universo o anche per chi non ha mai giocato?
Per entrambi. Ci sono lettori esperti e persone che non hanno mai toccato un controller, ma che si lasciano conquistare dalla storia e dai disegni. Per questi ultimi, scherza, sarà probabilmente l’unico Dark Souls che riusciranno a “finire”, perché basta leggerlo.
Com’è stato reinterpretare un’opera dal sapore occidentale, ma ideata in oriente?
Negli ultimi anni si è creata una relazione profonda fra la Francia e il Giappone. Moebius e Miyazaki si sono influenzati a vicenda, soprattutto nel campo della fantascienza. Le due culture si rispettano e si contaminano costantemente, nei fumetti come nell’animazione. Anche Goldrake è stato riletto in chiave francese. La sua generazione è cresciuta a pane e cartoni giapponesi, come City Hunter, e oggi gli autori rendono omaggio ai miti della loro infanzia, talvolta deformandoli un po’. Ma gli autori originali apprezzano: le nuove interpretazioni fanno rivivere i loro personaggi, forse persino in modo più intenso.

















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