Non ricordo più in quale libro ho letto, ormai tanto tempo fa, che Il signore degli anelli di J.R.R. Tolkien secondo alcune statistiche dovrebbe essere il libro più letto al mondo dopo la Bibbia. Non mi interessa conoscere la fondatezza di tale rilevazione, l’accostamento dal punto di vista qualitativo mi appare molto più rilevante e stimolante. Esiste un legame (e di che tipo) tra i primi due libri letti al mondo? Penso che questo legame ci sia e anche molto stretto. Innanzitutto perché il romanzo di Tolkien è un frutto della letteratura occidentale, un frutto che ha ormai il sapore del “classico”, e la letteratura occidentale è a sua volta, secondo la lezione del critico canadese Northrop Frye, un frutto della Bibbia, il Grande Codice, la “matrice” delle grandi opere narrative degli ultimi due millenni. Da questo punto di vista il presente saggio di Greta Bertani è un esperimento che segue altri libri simili (penso ad esempio ai saggi di Pietro Boitani) e potrebbe precedere un’infinità di tentativi analoghi: cercare tracce delle Sacre Scritture nelle scritture degli uomini è una sfida nascosta in ogni grande libro che attende il critico accorto e aperto a cogliere gli stimoli (un libro che non stimola è un controsenso). Greta Bertani è un critico accorto; cioè uno che non fa come quelle persone di cui parla il suddetto Frye quando scrive che “La normale reazione degli uomini di fronte ad una grande costruzione culturale come la Bibbia è fare quello che i Filistei fecero a Sansone: ridurla all’impotenza e quindi rinchiuderla in un mulino a macinare i nostri risentimenti e pregiudizi. Ma i suoi capelli come quelli di Sansone, potrebbero forse anche lì cominciare a ricrescere”. La Bertani insomma dà alla Bibbia ciò che le compete, dimostrando una notevole conoscenza del testo sacro (e questo è uno degli aspetti più interessanti del saggio), lasciandole lo spazio per esprimere tutte le inesauribili potenzialità, limitandole soltanto al focus del suo lavoro: l’opera narrativa di Tolkien. La Bibbia e le opere principali dello scrittore inglese (Il Silmarillion e Il signore degli anelli) dialogano tra loro lungo tutto il percorso dell’indagine della Bertani illuminandosi a vicenda e finendo per offrire al lettore un testo non solo saggistico o filologico, ma anche spirituale.

L’accostamento tra le opere di Tolkien e la Bibbia non è una novità, talmente evidente è l’influenza che Antico e Nuovo Testamento hanno esercitato sulla vita e la scrittura del narratore-filologo, ma un saggio dedicato interamente a questo tema risulta, almeno in Italia, un primo esperimento che va salutato con gioia.

Ognuno ha il suo “apritore di occhi” dirà Bilbo al termine del Concilio di Elrond e confesso che anch’io ho avuto qualche “sorpresa” durante la lettura di questo saggio. Ad esempio non avevo mai riflettuto su una cosa peraltro evidente che la Bertani afferma rispetto al viaggio di Frodo, e cioè che senza Gollum né Frodo né Sam “avrebbero mai potuto raggiungere Monte Fato”. Questo piccolo (e ovvio) dettaglio mi ha fatto riflettere nuovamente, con occhi più aperti, sul cuore del romanzo che è quello strano trio di hobbit (Frodo, Sam e Gollum) visti da Tolkien nella loro “discesa agli inferi” di Mordor. Oppure l’accostamento tra la figura di Boromir con quella di San Pietro, sorprendente ma anche molto stimolante e, soprattutto, pieno di speranza.

Il presente saggio non dovrebbe riaprire (in Italia il condizionale è sempre d’obbligo) la strana discussione, che da anni si trascina nel nostro paese, intorno alla “lettura cattolica” dell’opera narrativa di Tolkien: la Bertani come non intende ridurre in cattività la Bibbia, così non vuole rinchiudere la ricchezza dei romanzi tolkieniani nella prigione dorata dell’allegoria, ma solo esprimere tutte le risonanze che la lettura di quei romanzi provocano in una lettrice che, proprio come Tolkien, si è nutrita sin dalla giovinezza attingendo e gustando le bellezze del testo biblico.

La “compagnia” dei commentatori italiani di Tolkien che hanno messo in risalto la dimensione religiosa di questa “opera fondamentalmente cattolica” (secondo la definizione dello stesso autore) registra ora una new entry, che si fa subito apprezzare per la tenacia tutta hobbit con cui ha tenuto la barra al centro durante la sua difficile navigazione, e il “centro” è la grande passione che nutre per i due libri più letti al mondo.