Non è facile leggere Il Burattinaio di Francesco Barbi. In primis perché il buon esito del romanzo di esordio, L'Acchiapparatti, carica inevitabilmente di aspettative. In secondo ordine perché di facile lettura non è. Dopo averci presentato personaggi e ambientazione nel primo romanzo, lo scrittore toscano non nasconde le sue ambizioni a una forma narrativa più compiuta e raffinata.

La vicenda riprende anche il percorso dei personaggi già noti Frida, Guia, Isotta, Gamara, Zaccaria, Orgo, aggiungendone altri come i terribili Guardiani dell'Equilibrio, lo sfortunato Steben, i fratelli Tino e Nodo.

C'è da precisare che Barbi riesce a rendere questo seguito assolutamente autonomo dal precedente.

Stiamo parlando di una cornice ben precisa, dentro la quale l'arco narrativo è compiuto, pur trovandosi all'interno di un mondo narrativo più ampio. Certo è gratificante conoscere gli eventi a cui si fa riferimento di volta in volta, ma della prima storia l'autore fornisce tutti gli elementi perché sia comprensibile il loro ruolo in questa seconda vicenda. Come nella vita, vivere delle nuove situazioni può fare riecheggiare il ricordo di situazioni pregresse, all'epoca compiute, consentendoci però di guardare all'oggi sulla base dell'esperienza di ieri.

Quello che emerge con chiarezza durante la lettura è che l'autore pone i suoi personaggi davanti a situazioni molto estreme, di vita e di morte, e il consiglio che posso darvi è di stare attenti a chi vi affezionate. Francesco Barbi  non si risparmia, con una buona dose di realismo, destini crudeli e sofferenze ai suoi personaggi.

Coinvolti loro malgrado in un disegno più grande di loro, i personaggi si agitano, combattono, amano, odiano, soffrono, gioiscono, cercando di applicare il loro libero arbitrio. Ma già il titolo ci fa comprendere che anche chi si ritiene il più libero, è imbrigliato in un percorso che risponde ai disegni di un misterioso personaggio.

Il romanzo vive nell'attesa di questa rivelazione annunciata.  Il carico di tensione si sedimenta sempre più, coinvolgendo il lettore che all'inizio però fatica a vedere un disegno in un marasma di situazioni che per buona parte del libro sembrano buttate più o meno a caso come pezzi di puzzle.

Ho detto sembrano, specifico con chiarezza. L'autore gioca con i suoi lettori come il Burattinaio con i personaggi.  Il romanzo è pieno di idee e situazioni, e va seguito veramente con attenzione e fino alla fine.

Durante il percorso di lettura non tutto appare chiaro, ma il finale farà andare a posto tutti i tasselli, mostrando un disegno complessivo maggiore della somma delle parti. Non è un'opera di puro intrattenimento quella davanti a cui ci troviamo, ma è il tentativo di raccontare una storia complessa usando ingredienti apparentemente semplici.

E qui torno ai personaggi, per nulla eroici, dei veri e propri disadattati, ma non per questo incapaci di racchiudere in se molta complessità.

Barbi ci immerge nei suoi personaggi, cambiando a seconda delle esigenze narrative il punto di vista. Questa apparente frammentazione, l'assenza di un narratore universale, spiazza il lettore, che magari dal titolo si aspettava un punto di vista "superiore".

Cari lettori non siate pigri. Barbi ricorda un principio molto semplice, "in natura non ci sono pasti gratis", per cui la gratificazione della lettura arriverà solo con costanza e attenzione nella lettura.

Questa sua caratteristica lo rende un libro che ritengo dividerà senza mezze misure il pubblico tra chi lo ama e chi lo detesterà. Plaudo in questo al coraggio di uno scrittore che non insegue facili mode per compiacere "il grande pubblico".