Quando ho letto il primo volume della saga di Finisterra, dal titolo Le sorgenti del Dumrak, ricordo di essere rimasta colpita soprattutto dalla sua originalità. Questa caratteristica, a mio parere un po' sottovalutata dagli editori italiani oggi, non è mancata nemmeno nel secondo capitolo della trilogia, scritta dal laboratorio di scrittura XOmegaP. I cinque autori del libro, Massimiliano Prandini, Gabriele Sorrentino, Marcello Ventilati, Simone Covili e Sara Bosi, si sono impegnati per realizzare un secondo romanzo di pari pregio rispetto al primo, anzi superiore.

Ero rimasta a bocca aperta leggendo l'ultima pagina de Le sorgenti del Dumrak. L'Impero delle Tre Spade e il Regno di Vuòs, da sempre rivali, si erano alleati in seguito alla distruzione di alcuni villaggi, da parte di una popolazione proveniente dall'Oltrecatena. Gli eredi dei due regni avevano quindi raggiunto insieme un'isola, situata alla foce del fiume Dumrak, e lì avevano chiesto aiuto agli spiriti degli Eroi defunti. Sotto la guida di uno di essi, Haber Kaan, avevano infine trovato e attivato l'antico manufatto chiamato Ruota della Rinascita, nella speranza di sconfiggere i nemici. Ma proprio quando la missione sembrava conclusa, ecco svelata la verità: gli Eroi hanno ingannato tutti quanti e il potere del manufatto li ha riportati in vita. Ora possono lasciare l'isola in cui erano stati esiliati e conquistare il Trono di Porpora, guidati dal terribile Zwi il Primo. Al loro fianco ci sono gli Oblati, decisi a distruggere le false divinità e ripristinare il loro antico culto nella Penisola.

Ancora una volta la trama risulta ricca di colpi di scena. Nessuna alleanza è sicura, la storia è disseminata di intrighi e giochi di poteri. I personaggi sono ritratti con un grande spessore psicologico, nei loro pregi e nei loro difetti, nella loro spavalderia e nell'incertezza. Tutti quanti provano sentimenti positivi e negativi, che li portano ad azioni estreme, molto spesso imprevedibili.

Per esempio c'è il duca Joze Prekkajnel, che ha tradito l'impero aiutando la sacerdotessa Talìa ad assassinare l'erede al trono Cherphin Teophan. Entrambi sembrano pentiti di aver compiuto questo gesto, eppure non è certo il loro ultimo tradimento. C'è poi Haber Kaan, l'Eroe che ha ingannato tutti quanti per attivare la Ruota, ma che ora non condivide il modus operandi dei suoi compagni. Questa capacità di creare personaggi a tutto tondo è piuttosto rara, troppo spesso i personaggi dei romanzi risultano piatti e stereotipati.

La trama del Risveglio degli obliati è gestita bene, non si avverte il fatto che a dirigerla sono cinque autori diversi. La stessa Finisterra è una terra descritta con realismo, nelle sue numerose città, nella sua geografia dettagliata e affascinante.

L'unica pecca risulta di nuovo il linguaggio narrativo. Lo stile oscilla, proprio come nel primo libro, tra uno stile moderno e uno troppo classicheggiante. Non c'è stata neanche questa volta una decisione netta. Alcune frasi risultano inutilmente ridondanti e a questo si aggiungono errori e refusi, dovuti a una correzione delle bozze non proprio ottimale.

Ma in un ambiente letterario sempre più ossessionato dalla forma e, a volte, poco interessato alla consistenza, gli autori di Finisterra meritano senz'altro un applauso per aver concentrato le loro forze su una trama ottima, appassionante e avvincente. Sicuramente è necessaria una maggiore maturazione stilistica, il lettore deve poter godere al meglio della storia tramite una stesura più agile e uno stile più curato ed efficace. Speriamo che questo limite venga superato nell'ultimo volume della trilogia.