Il regno di Terre d’Ange è nato dal passaggio di angeli sulla terra. Umani e immortali si sono uniti dando vita a un popolo in cui tracce dell’origine ultraterrena sono ancora visibili.

Qui nasce Phèdre, il cui destino è segnato da un dettaglio fisico: una piccola macchia scarlatta nell’occhio sinistro, marchio di Kushiel, impietoso angelo della giustizia. I prescelti di Kushiel, gli anguisette, sentono il dolore fisico come piacere, caratteristica vantaggiosa in una società dai costumi sociali liberi come Terre d’Ange, fondata su un unico precetto: ama a tuo piacimento.

Prima anguisette da generazioni, il dono e la maledizione di Phèdre la rendono uno strumento utile in una terra scossa da intrighi politici e giochi di corte. Educata dal misterioso Anafiel Delaunay, infatti, la ragazza imparerà ad usare le proprie abilità di cortigiana per ottenere informazioni diventando una spia abile ed efficiente. Ma quando il tradimento cambia la sua vita la ragazza dovrà imparare a vedere sotto le apparenze e a fare affidamento sulla propria, difficile, natura di anguisette.

Confidando sulle proprie risorse e protetta da un giovane monaco guerriero, Joscelin Verreuil, Phèdre si muoverà tra intrighi e battaglie per difendere la propria terra, incontrando divinità, regine e barbari in un percorso che la porterà lontano.

Nel panorama un po’ inflazionato del genere Fantasy ogni tanto capita qualche romanzo di rara qualità, in grado di ribaltare i clichè del genere con soluzioni che brillano per efficacia, ironia e freschezza.

Il Dardo e la Rosa è questo, una creazione sorprendente la cui l’autrice ha saputo tratteggiare una società complessa con un approccio più simile ad un romanzo storico che ad un racconto fantastico: l’attenzione di Jacqueline Carey alla coerenza narrativa è assoluta e il mondo di Terre d’Ange prende vita balzando dalla pagina in un universo di personaggi e costumi affascinanti, una società fondata su regole interne ferree e, per questo, credibile. La storia è ben strutturata e tutti i personaggi sono ben delineati creando un intreccio di personalità su cui trionfa la protagonista, Phèdre: l’idea di avere come protagonista una cortigiana masochista mossa da fervore politico e religioso è tanto improbabile quanto efficace, e sorprendentemente ben gestita. La ragazza ha vita e personalità, la sua caratterizzazione regge dall’inizio alla fine senza una sbavatura.

Un altro dei punti di forza del romanzo è la capacità di manipolare i clichè più scontati del genere in soluzioni originali: ad esempio, quando a Phèdre viene affiancato un giovane monaco, il lettore sa benissimo che è questione di pagine prima che la castità del giovane diventi un ricordo ma l’autrice riesce a gestire una situazione scontata in modo tutt’altro che banale.

Vista la natura di Phèdre l’elemento erotico ha molto spazio ed è trattato in modo piuttosto esplicito. Alcune scene sono volutamente dipinte a tinte forti ma va aggiunto che non c’è nulla di gratuitamente pornografico, la maggior parte delle situazioni sono legate allo sviluppo della trama e del personaggio di Phèdre. Si tenga conto che costumi sessuali piuttosto liberi sono una caratteristica importante della società in cui si muovono i protagonisti, oltre ad essere un fattore intrigante.

Regnanti e divinità, corti di sapore rinascimentale, lotte civili e scontri con i barbari si mescolano in un affresco di respiro epico. Un plauso alla buona traduzione italiana di Elisa Villa che rende adeguatamente la scrittura sontuosa dell’autrice.

Una volta iniziato Il Dardo e la Rosa il lettore si trova immerso in un mondo conturbante e sorprendente da cui non desidera uscire.