Cimentarsi in un nuovo genere letterario è stato certamente una sfida per David Anthony Durham. Nato nel 1969 a New York da genitori di ascendenze caraibiche e sin da giovane cimentatosi con la scrittura di racconti storici, l’autore è infatti noto al pubblico internazionale per romanzi ambientati durante il conflitto fra Roma e Cartagine (III secolo a.C.) e nel periodo prebellico e postbellico della guerra di secessione americana (1800).

Una sfida, quella intrapresa con I Ribelli del Mondo Oscuro, che certamente ha concesso a Durham, stavolta libero da vincoli storiografici, un’autonomia maggiore nel processo creativo ma anche una sfida impegnativa, considerando che la letteratura fantastica può negli ultimi anni annoverare autori di grande spessore innovativo.

A mio avviso Durham ha superato in maniera dignitosa questa prova, anche se alcuni elementi di questo suo romanzo d’esordio nel genere tradiscono delle ingenuità e delle incertezze. Nonostante ciò, questo libro presenta potenzialità e spunti di rilievo.

Il Mondo Conosciuto è dominato da diverse generazioni dalla dinastia reale degli Akaran il cui capostipite, re Edifus, sottomise le diverse nazioni del continente centrale sotto la propria corona. 

Tra i popoli alleatisi con il sovrano quello dei Mein fu successivamente esiliato da Tinhadin, successore di Edifus, nelle gelide terre del nord, il Mondo Oscuro, nutrendo vendetta nei confronti degli Akaran il cui tributo di sangue veniva richiesto dagli stessi Tunishnevre, gli antenati divinizzati del popolo confinato.

Hanish Mein, divenuto capotribù dei Mein, inizia a mettere in atto i propri propositi di vendetta inviando un assassino a colpire il cuore stesso del regno: il re Leodan Akaran che risiede sull’isola di Acacia, vedovo, con i suoi quattro figli Aliver, Dariel, Mena e Corinn.

Leodan, sovrano illuminato e padre premuroso, come tutti i suoi predecessori preserva, condividendolo con l’ambiguo consigliere Thaddeus Clegg, il segreto del regno di Acacia: le radici del potere degli Akaran affondano infatti nella Quota, il tributo di schiavi bambini che ogni nazione è obbligato a versare al misterioso popolo delle Altre Terre, i Lothan Aklun, in cambio della fornitura della Nebbia, la droga dalla quale quasi ogni abitante del Mondo Conosciuto è dipendente. Il tramite di questo antico quanto ignominioso trattato è rappresentato dalla Lega, una confederazione mercantile il cui unico scopo è quello di preservare i propri interessi e privilegi commerciali in tutto il Mondo Conosciuto.

Nel suo animo Leodan nutre la speranza di sovvertire la situazione del regno di Acacia ma, morto lui per mano del sicario Mein, il regno stesso cade in preda al caos: mentre il sovrano sul letto di morte dà le sue istruzioni a Thaddeus perché i suoi figli, ultimi degli Akaran, possano essere messi in salvo, l’esercito Mein appoggiato dal disumano popolo dei Numrek inizia l’invasione.

I Ribelli del Mondo Oscuro è un romanzo fantasy che si colloca nel filone più recente del genere. Assenza di una netta distinzione tra bene e male, personaggi ambigui e tormentati, conflitti politico-militari e intrighi di corte. A ciò si aggiunge l’immancabile quest di uno o più protagonisti, il loro processo di maturazione interiore ed esteriore, la presa di coscienza di se stessi e del proprio destino.

Durham deve molto a George R. R. Martin. Nell’impianto narrativo, soprattutto della prima parte del libro, nella scelta di narrare gli eventi seguendo alternativamente i personaggi principali, nei tratti fondamentali della psicologia dei giovani Akaran. La differenza con il suo predecessore, però, risulta nel fatto che Durham non narra attraverso i suoi protagonisti, preferendo usare per lo più la propria voce fuori campo e dunque non dando al lettore una dimensione totalizzante delle sensazioni, dei pensieri, dunque dei cambiamenti interiori dei singoli protagonisti.

Che questo sia un limite o una scelta non è dato sapere ma resta il fatto che Durham sembra trovarsi più a suo agio con la narrazione da posizione privilegiata di autore onnisciente che non con i dialoghi, le azioni, la visuale propriamente interna dei suoi personaggi. Lo stile resta comunque abbastanza piacevole e molto scorrevole.

Indubbiamente, l’idea della Quota e le implicazioni che presenta nella trama nel romanzo ha profondità e potenzialità notevoli, soprattutto se si considera che attualizza problematiche del nostro mondo. La critica di oltreoceano ha insistito sulle origini nere di Durham come spinta creativa allo sviluppo di questo aspetto del romanzo. Fatto sta che esso risulta in effetti uno dei tratti più originali dell’impianto del libro.

Manca, in una trama dal respiro così ampio che coinvolge nazioni ed eserciti, il gusto della descrizione delle battaglie: in questo Durham è abbastanza sbrigativo ricorrendo anche, in un’occasione, ad una sorta di deus ex machina che successivamente diviene un elemento della vicenda. Così nei pochi duelli e scontri individuali, in cui la voce narrante giunge in fretta alla conclusione oppure si sposta semplicemente dall’azione.

Culture e luoghi del Mondo Conosciuto sono ben delineati anche se le descrizioni non brillano di una luce particolare. Le culture create da Durham sono piuttosto convincenti nei loro tratti caratteristici, anche se non particolarmente complesse ed originali: i Talayani assomigliano molto agli Aiel di Robert Jordan così come i Lothan Aklun ricordano i Seanchan, quella dei Mein è una fiera e spietata popolazione nordica con tradizioni tribali e militari, il regno universale degli Akaran ha elementi dell’Impero Romano, i Numrek sono un popolo bestiale e barbarico con caratteristiche, sui quali a mio avviso Durham ha eccessivamente calcato la mano, ridicolmente grottesche.

Restano personaggi memorabili che potenzialmente potrebbero essere esplorati molto più a fondo: il consigliere Thaddeus Clegg, il generale Leeka Alain, il governatore Rialus Neptos e Hanish Mein, per citarne solo alcuni. Un discorso a parte meritano i protagonisti del romanzo: i figli di Leodan soffrono all’inizio di una somiglianza piuttosto marcata con i giovani Stark della saga di Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R. R. Martin ma vanno incontro a cambiamenti interessanti verso la fine del romanzo (anche se, nel salto temporale e situazionale che li riguarda, Durham crea uno stacco troppo netto percui certe trasformazioni interiori risultano rese con superficialità). 

Come, ancora una volta, nel ciclo di Martin, la magia è da secoli scomparsa dal mondo creato da Durham. Padroneggiata dai Santoth, le Voci di Dio, essa fa capolino verso la fine del romanzo creando altre aspettative nei confronti del prossimo libro di questo ciclo. Di magia si parla in alcuni brani relativi al passato storico del Mondo Conosciuto (dai quali si evince il background di autore di narrativa storica di Durham) ma la sensazione è sempre quella che essa debba manifestarsi nel presente della vicenda narrata.

I Ribelli del Mondo Oscuro è un libro piacevole, un buon esordio di genere che può certamente costituire una base di partenza per una voce interessante nel panorama della narrativa Fantasy, posto che alcune ingenuità vengano rimosse e gli aspetti più stimolanti e originali approfonditi e sviluppati con coerenza e abilità.