La mia diffidenza a riguardo è accentuata dal fatto che spesso tali etichette si manifestano tramite un'incarnazione anglofona e mi sembra, altrettanto spesso, covino il proposito artificioso di far apparire più 'cool' quel che già esiste in lingua italiana. Marketing, di nuovo: nulla di male, ma preferisco parlare da autore. Detto ciò, non posso che accordarmi alla tua visione di una "via mediterranea" intesa come slancio connaturato e non come sotto-genere vincolato. Anche perché, trattandosi di fantasy e fantastico in generale, io credo che pochi passi possano esistere di più sbagliati di quelli che incatenano a priori l'immaginazione. L'originalità, lo dico sempre, è un concetto sfaccettato e può dipendere da cento fattori diversi.

Se leggendo Lothar Basler chiunque percepisce (per il motivo che vuole, sia esso lo stile, l'ambientazione, le vicende, i personaggi) una caratterizzazione specifica, questo è indice d'ispirazione da parte di chi l'ha scritto. Può accadere o meno ma, io trovo, questo ha poco a che fare col mio passaporto. Si può amare un'ambientazione fatta di elfi e nani per motivi di cultura locale, ti chiedi? Non so. Ma, tanto per fare un esempio su mille, il mondo è pieno di latinisti appassionati (e competenti) che non hanno mai messo piede in terra di Cicerone. E di chi ama profondamente questa o quella cultura lontana senza essere mai stato, ancora un esempio, in primavera nel parco di Ueno ad ammirare la fioritura dei ciliegi. Io rivendico un amore viscerale per la mia città e la penisola che da millenni la contiene, Fabrizio, e tanto emerge in un modo o nell'altro in quanto produco. È il motivo per cui, da lettore prima ancora che da scrittore, guardo con molto interesse al percorso che tu definisci "narrativa fantastica di ambientazione mediterranea". Ma ne esitono altre, di strade. Ed esiste non solo il diritto, ma la piena possibilità di tanti autori italiani di batterle. La passione per la materia, estendendo quanto affermi anche tu, affiora a prescindere dai connotati della materia stessa e lo fa quale condizione necessaria a un buon risultato. Necessaria ma non sufficiente, questo è fuor d'ogni dubbio.

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FV: Parli di passione per la materia. Altro punto nodale, secondo me. Quanto influisce la passione su ciò che scriviamo, e quanto – invece – il desiderio di imitare? Il dubbio è sempre lì, a portata di mano. Che un autore scriva imitando scrittori anglosassoni (questione intervenuta spesso nelle discussioni tra appassionati di fantasy, soprattutto nei forum di internet) o che lo faccia per passione propria, credo comporti una differenza, e sono convinto che questa differenza la si percepisca nel momento in cui si legge un romanzo. Sotto questo aspetto, una via mediterranea dovrebbe essere al di fuori di ogni dubbio. Che cosa pensi al riguardo?

MD: Dal punto di vista dell'ambientazione, senz'altro. Eppure l'ispirazione (che nei casi meno… ispirati degenera nell'imitazione) può determinare anche personaggi e situazioni. E ancora, non c'è soltanto il cosa si racconta, ma anche il come. Per come la vedo io, lo stile è un ingrediente importante quanto gli elementi che racconta. Se qualcuno riconosce uno scritto come mio, io so di averne interpretato i contenuti in chiave personale. È esattamente ciò che intendevo prima riferendomi all'originalità come concetto sfaccettato. La via mediterranea può offrire molti sentieri non ancora esplorati, non in chiave fantasy almeno, attraverso i quali sarà meno rischioso ricalcare sterilmente il cammino altrui. Meno rischioso ma non certo impossibile, per quanto ho appena espresso. Il pericolo, in fondo, non è tanto nel desiderio autentico di imitare, quanto nel farlo inconsapevolmente. Un vicolo cieco per lo scrittore, di qualsiasi genere, che aspiri a realizzarsi in quanto tale, a prescindere dalle copie che riesce a vendere. Su questo punto conveniamo, mi pare di capire.

FV: Conveniamo appieno!