Puoi dirci “chi è” Elisa Puricelli Guerra? Dove sei nata, dove vivi, e cosa fai oltre a scrivere?

Sono nata e vivo a Milano.  Oltre a scrivere, lavoro come editor, traduco romanzi per ragazzi e leggo libri di tutti i generi. Sono una compulsiva di Amazon uk.

Come scrittrice come organizzi la tua giornata lavorativa? Ogni scrittore ha una sua ritualità nello scrivere, qual è la tua?

Di solito scrivo la mattina, cominciando appena sveglia. Lascio per il pomeriggio i lavori più ‘noiosi’.

Quando hai iniziato a leggere e cosa? E quando hai scoperto la narrativa fantastica? Ti ricordi i primi titoli letti?

La mia passione per la lettura è nata con i libri che mi leggeva mia madre la sera prima di addormentarmi. Poi andavo a riprenderli da sola: Peter Pan con le illustrazioni di Rackham, La famosa invasione degli orsi in Sicilia di Buzzati, tutta la Lindgren, Mary Poppins, I figli del capitano Grant e gli altri Verne, Alice nel paese delle meraviglie e Il mago di Oz, tutti e due con le illustrazioni che facevano sognare tanto quanto le storie. Il fantasy vero e proprio l’ho scoperto molto più tardi con Tolkien.

Quali sono i tuoi autori preferiti?

Per ragazzi tutti i classici inglesi e, tra i più recenti, Philip Pullman, la Rowling, Neil Gaiman, Diana Wynne Jones.

Che libro hai in questo momento sul comodino?

Aria di Sonya Hartnett che è anche una brava autrice per ragazzi.

Quando hai scoperto, e come, che avevi qualcosa da dire e che sentivi la necessità di scrivere? Quando hai iniziato e su quali argomenti?

Scrivevo già da bambina perché mi piacevano i libri e ogni lettura mi colpiva a tal punto che volevo scrivere qualcosa di simile. Era un bellissimo modo di evadere la realtà. Prima sono venute le fiabe, poi i romanzi di avventura, poi i racconti paurosi a puntate su una rivista che avevo fondato con mio cugino: purtroppo è durata solo tre numeri…

Elisa, quale è stato il percorso che hai affrontato prima di veder pubblicato un tuo romanzo?

Ci ho messo circa otto anni prima di trovare il coraggio di scrivere il primo libro, pubblicarlo, in confronto, è stato molto più veloce. L’ho proposto all’editore, poi ho dovuto fare delle modifiche piuttosto grosse, come tagliare un’intera parte e inventare nuovi episodi; alla fine il libro è stato pubblicato nel giro di un anno.

Come e quando nascono le idee per i tuoi romanzi e da quali esigenze sono mossi? Da dove “nascono” le tue storie? Da dove i tuoi personaggi?

L’idea che mi ronza nella testa è sempre una sola, anche se poi trova espressioni diverse. Il viaggio. Un po’ come nei vecchi romanzi di avventura. I miei protagonisti sono sempre alla ricerca di qualcosa. Partono senza sapere cosa troveranno.

Sei una scrittrice lenta o veloce? Meditativa o istintiva? Tecnica a macchia di leopardo o disciplinata, con ruolino di marcia? Imbrigli i personaggi o lasci che siano loro a decidere quale percorso deve seguire la vicenda?

Sono abbastanza veloce perché quando scrivo mi impongo di farlo tutti i giorni. Inoltre i primi due libri li ho scritti approfittando delle vacanze di agosto. Per la stesura, avevo solo un’idea molto vaga della trama, ma non sapevo come sarebbe andata a finire la storia. All’inizio è stato difficile, ma dopo la prima metà i libri si sono scritti da soli; anche i personaggi arrivavano e si definivano man mano. Credo che sia stato il risultato di averci pensato per anni. Era già tutto nella mia testa.

Come sono nati i tuoi primi due romanzi, Principesse a Manhattan e Un Principe Azzurro a Central Park?

L’idea mi è venuta leggendo un trafiletto di giornale sul lavoro dell’annusatore di città a Marsiglia: un esperto di tanfi e olezzi metropolitani in grado di disegnare una mappa olfattiva della città. Quello è diventato il mio orco investigatore. Poi è arrivato il personaggio di una ragazzina (con una fata madrina smemorata) alla perenne ricerca di se stessa.

Come hai vissuto la stesura dei due volumi? Che aspettative? Che dubbi? E a cosa stai lavorando attualmente?

I primi due libri sono stati un gran divertimento e la realizzazione di un sogno, anche perché scrivevo con leggerezza senza pensare veramente al risultato finale. Non avevo aspettative. Adesso sto lavorando a un’altra storia e faccio ancora un po’ fatica a staccarmi da Principesse e a trovare una voce diversa. Si tratta di un altro viaggio, ma questa volta al posto di Manhattan c’è Londra, anzi ci sono due ‘Londre’: una vera e una immaginaria.

Per concludere, e ringraziandoti di essere stata in nostra compagnia, vuoi dare qualche consiglio ai tanti scrittori esordienti che leggono FantasyMagazine?

Non sono ancora abbastanza esperta per dare consigli. L’unica regola che seguo io è scrivere esclusivamente qualcosa che mi piacerebbe leggere e divertirmi il più possibile.