Lemuel Gulliver (Jack Black) vive a Manhattan e smista la posta redazionale di una rivista. Da anni è segretamente innamorato della caporedattrice della sezione viaggi, Darcy Silverman (Amanda Peet), ma non trova il coraggio di dichiararsi. Per una serie di casualità, senza averne la minima intenzione, Gulliver si propone per scrivere un articolo che intende svelare il segreto del triangolo delle Barmuda, che lo costringerà a trascorrere tre settimane da solo in mare aperto. Una strana tempesta - ben valorizzata dal 3D - lo porterà fuori rotta, facendogli scoprire il minuscolo paese di Lilliput, tra i cui abitanti in miniatura Gulliver si costruisce una vita nuova e - stranamente - su misura per lui.

Per intavolare una discussione su I fantastici viaggi di Gulliver è necessario fare una premessa: poco dei Viaggi di Gulliver di Jonathan Swift è rimasto nella pellicola di Rob Letterman. Se, infatti, nel testo originario, l'avventura a Lilliput non era che una parte delle peripezie affrontate dal protagonista della vicenda, qui il paese diviene sfondo della maggior parte dell'azione scenica. Tranne qualche sequenza in una terra in cui tutti sono enormi - che poco ha a che vedere con la speculare sezione del romanzo  - sono state tagliate le avventure di Gulliver a Brobdingnag, terra di giganti, a Laputa, isola volante nel cielo, e i cavalli parlanti chiamati Houyhnhnms.

Oltre ai tagli per quel che riguarda la trama pura e semplice, viene a mancare nella pellicola di Letterman anche l'intento originario di Swift, quello di una sottile critica ai principali attori della politica internazionale del suo tempo. Una sparuta eco della tematica sociopolitica si può rintracciare nel brano che chiude la soundtrack del film, cantato da Jack Black, un inno alla pace e all'inutilità della guerra che, per quanto in linea con la produzione discografica dell'attore/cantante dei Tenacious D, non riesce ad amalgamarsi con il contesto generale della pellicola, e sembra inserito lì appositamente per riempire il vuoto lasciato dal significato implicito dell'opera originaria.

Una simile scelta, può prestarsi a una duplice interpretazione: da una parte la pellicola potrebbe aver subito una banalizzazione dettata da pure motivazioni economiche. I fantastici viaggi di Gulliver è un film di avventura con un pizzico di demenzialità (assicurata da Black), diretto a un pubblico di massa e con un target non necessariamente adulto. D'altra parte si può vedere nel personaggio di Lemuel Gulliver un uomo dei nostri tempi, che invece di criticare la politica estera statunitense in Medio Oriente o riflettere sulla crisi economica preferisce rifugiarsi in un mondo fittizio in cui è possibile, nell'arco di una sola vita, sognare di discendere da Darth Vader, comporre l'assolo di chitarra di Sweet Child of Mine, naufragare sul Titanic e rinascere come avatar.

Allo stesso tempo, I fantastici viaggi di Gulliver è, soprattutto, un film con Jack Black. Più che attore o cantante, Black è un caratterista nato, che è riuscito, complici pellicole azzeccate come School of Rock e Tenacious D and the Pick of Destiny a brandizzare se stesso. Non stupisce vederlo giocare a Guitar Hero, che lo faccia sul posto di lavoro o a Lilliput - arrivando persino a costringere i lillipuziani a mascherarsi da Kiss mentre lui gioca.

Più che recitare, Jack Black ripropone lo stesso ruolo che già in passato si era rivelato vincente, un ruolo che gli calza a pennello o che forse riflette senza sbavature la sua vera personalità, offrendo come risultato un'ottima naturalezza. Nel cast anche una brava Emily Blunt, che, qui come in The Wolfman, si dimostra a suo agio a ricoprire parti in costume, dando vita a damigelle svenevoli che non disdegnano un pizzico di forza bruta nei momenti di pericolo.

I fantastici viaggi di Gulliver è una commedia d'avventura con Jack Black: se si accetta questo presupposto, si può apprezzare il film ridendo delle battute dell'attore/cantante/caratterista. Se non si è disposti ad approcciarsi a un film diverso dal romanzo da cui trae spunto, il forte rischio è quello di rimanere delusi.