Chi è Anna Giraldo? Ci parleresti un po’ di te?

Sono nata nel 1972 in un paese della provincia di Mantova, dove abito tuttora. La mia formazione scolastica e la mia professione hanno molto poco a che fare con la scrittura: sono laureata in Economia e Commercio e mi occupo di consulenza informatica.

Amo viaggiare, vivere luoghi e situazioni diversi. Sono attratta dalle città, in special modo nordeuropee e dal mare d’inverno. Mi piace degustare vini e cioccolato e, in generale, mangiare bene, passione che condivido con la mia migliore amica (e prima lettrice), Barbara.

Leggere e andare al cinema sono due cose che ho sempre fatto in modo disordinato e che mi fanno venire una gran voglia di scrivere. Invece la mia tv è spenta dal 2008, chissà se funziona ancora?

Frequento il Gruppo di Lettura del mio paese e, saltuariamente, anche altri due sempre in provincia. Con alcune amiche faccio letture in pubblico ad alta voce e da qualche mese sto curando un’antologia digitale di autori e appassionati di scrittura mantovani che vedrà la luce in estate.

Ho cominciato a scrivere “da grande”, quindi il mio curriculum letterario è molto scarno. Ho partecipato ai primi concorsi letterari all’inizio del 2010. Ho ottenuto buoni risultati: la pubblicazione di qualche mio racconto e il piazzamento in alcuni concorsi. I miei fiori all’occhiello sono: Il cerchio, pubblicato sul secondo numero della rivista digitale Altrisogni; Mr. J Walker Jr., terzo classificato al concorso Una penna per Poe e Dea gattara, quinto al concorso nazionale Le quattro porte e quarto al concorso per la seconda antologia di Braviautori.

La scrittura è una passione che hai sempre coltivato o una “scoperta” recente? Cosa ti ha spinto a scrivere un romanzo?

Non avevo più nulla da leggere… È la risposta provocatoria che uso dare a chi mi fa questo tipo di domanda. Non si allontana molto dal vero.

Io ero una lettrice seriale, scoprivo un autore appassionante e lo leggevo fino all’ultima riga, poi cadevo per mesi in una sorta di abulia pensando che non avrei trovato mai più nulla di buono da leggere. Mi sbagliavo alla grande, lo so.

Ero in uno di questi intermezzi disperati quando decisi di cominciare a scrivere, era il maggio del 2008, ero grandicella… Prima d’allora avevo sempre relegato tutte le mie trame e i miei personaggi in un angolo dei miei pensieri più intimi, pensando che nella mia vita non ci fosse posto, o talento, per l’espressione artistica. Non mi vergogno di dire che sono partita senza scalette e senza avere un’idea ben precisa di come caratterizzare i miei personaggi. Credevo che avrei scritto qualche pagina e poi avrei abbandonato l’impresa.

In realtà ho scritto qualcosa come 400 cartelle editoriali e non appena l’intreccio ha cominciato a prendere forma, mi sono ritrovata a studiare storia e geografia, le mappe di Londra, le origini e la religione dei celti e la mitologia precolombiana e perché no, anche un po’ di etologia e di storia della letteratura. Sul mio fedele taccuino nero, ho costruito le mie scalette temporali e tratteggiato i caratteri e gli umori dei personaggi, come chiunque, del resto, si metta sul serio a scrivere un romanzo. E quelle prime pagine, le ho riscritte.

Hai un tuo metodo di scrittura? Preferisci partire da un’ambientazione, da un personaggio, da una situazione…

Parto dall’incipit. Se non ho la prima battuta del racconto o del capitolo, posso avere tutto il resto, ma non riesco a cominciare. In realtà devo avere un’idea o una serie di idee prima: devo riuscire a “visualizzare” i personaggi e le ambientazioni e sapere come si svolgeranno gli eventi. Non conosco quasi mai il finale. Capita spesso che i miei personaggi prendano decisioni autonome e chiudano la storia a modo loro. Questa cosa mi affascina, ma fino a poco tempo fa pensavo che fosse dovuta all’inesperienza. Poi ho scoperto che capita anche a David Almond… questo mi ha rincuorata un sacco!

Il romanzo 436, in uscita a marzo, rappresenta il tuo battesimo letterario. Da esordiente, ti andrebbe di raccontarci come sei approdata alla Casini Editore?

Oltre a essere esordiente come scrittrice, fino a poco tempo fa ero una lettrice da espositore centrale alla Libreria Mondadori del centro commerciale.

Già alla fine del 2008, avevo questo manoscritto, in cui credevo tanto, e non avevo alcuna idea di come fare per pubblicarlo.

Ricordo di aver pensato solo alla Feltrinelli (lo so, è ridicolo!) e di essere rimasta delusa leggendo sul loro sito che non accettano manoscritti. Questo per dire quanto fossi ignorante in materia.

Ma sono testarda.

In prima battuta mi sono rivolta a una giornalista letteraria, moderatrice di alcuni Gruppi di Lettura nella mia provincia. Grazie ai suoi consigli sintetici e veloci ma efficaci, ho revisionato il romanzo per quasi tutto il 2009 (stavo anche scrivendo un altro macigno nel frattempo, quindi sono andata un po’ a rilento) e, da novembre ho cominciato a saggiare il terreno con le case editrici mantovane. Un disastro! In seguito ho fatto qualche invio poco mirato e ho ricevuto subito due proposte di pubblicazione con richiesta di contributi molto onerosi. Ancora una volta la mia mentore è venuta in mio soccorso minacciandomi di morte se avessi accettato quei contratti.