I vampiri sono tornati a essere cattivi.

E' una piacevole sorpresa questo remake del film del 1985 di Tom Holland, L'ammazzavampiri.

Il nuovo film, diretto da Craig Gillespie apprezzato per il film Lars e una ragazza tutta sua e per la serie TV United States of Tara,  ricalca quanto basta personaggi e vicende dell'originale, distaccandosene quando necessario ed è sicuramente molto diverso per atmosfere, riuscendo a brillare di luce propria. Questa volta Holland ha scritto il soggetto, sceneggiato da Marti Noxon (Buffy).

La storia del film è abbastanza semplice, Charley Brewster è un ragazzo che frequenta l’ultimo anno di liceo con più di un "problema". Da un lato il rapporto in crescita con la bella Amy (li avessero tutti questi problemi a scuola!), per il quale ha voltato le spalle all'amico Ed e alla "nerditudine". 

Charley vive solo con la madre. Il padre è scappato dalle sue responsabilità anni prima.

Purtroppo a questi problemi tutto sommato gestibili di vita quotidiana si aggiunge un elemento sovrannaturale. 

Nella casa accanto a quella dei Brewster va a vivere Jerry Dandrige, mentre vari abitanti del sobborgo di Las Vegas in cui è ambientata la vicenda spariscono misteriosamente. Messo in allarme dall'amico Ed, al quale però non crede, Charley dovrà prima o poi fare i conti con la "realtà": Jerry è un vampiro e ha un piano. 

Charley cercherà a questo punto l’aiuto del popolare illusionista di Las Vegas Peter Vincent, una specie di versione occulta di David Copperfield, titolare dello show Fright Night.

Come deve andare a finire va da sé.  L'elemento perturbante della normale vita del vicinato andrà affrontato ed eliminato e il giovane dovrà risolvere nel contempo gli altri conflitti.

Ci si arriva in circa due ore di spettacolo che in alcuni momenti riesce a creare tensione e suspense, con una buona realizzazione tecnica degli effetti speciali e un 3D che riesce a essere funzionale allo scopo di metterci a tu per tu con "il mostro", come in un luna park.

Di rigore il popcorn e la vostra bibita preferita.

Ma se il film riesce nello scopo di intrattenere, non è solo per la professionale messa in scena. I reparti effetti speciali e trucco hanno lavorato molto bene. Professionale il lavoro del musicista Ramin Djawadi, conosciuto al cinema per Iron Man, in TV per Prison Break e Game of Thrones.

Chi conosce Buffy ricorderà quanto fulminanti fossero i dialoghi. Tenete presente che la sceneggiatrice Marti Noxon ha lavorato sia lì che in Angel.  Ci sono parecchi momenti che ricordano quel genere di dinamiche molto veloci tra i personaggi. E' la cifra stilistica dell'urban fantasy moderno l'incisività del dialogo, unita alla graffiante ironia. 

Dimenticare che tra il 1985 e oggi  ci sono state cose come i già citati serial e Supernatural, sarebbe stata una grave omissione. 

Visivamente il film è però parecchio convenzionale. Da un punto di vista cinematografico non ci sono guizzi di visionarietà.

Quelle che danno valore aggiunto al rifacimento sono le ottime scelte di casting, forse persino sovradimensionato per un film che è intrattenimento allo stato puro. 

Anton Yelchin  (Star Trek) è più che una giovane promessa ormai, bensì una certezza. Colin Farrell riprende il ruolo di Chris Sarandon con un pizzico di tamarraggine, che è la posa di un personaggio che è riuscito a sopravvivere per oltre 400 anni essendo tutto e il contrario di tutto. David Tennant, che i fan di Doctor Who conosceranno come il decimo Dottore ha meno spazio di quanto meriterebbe lui e di quanto meriteremmo noi spettatori. La versatilità di Toni Collette, che ricopre il ruolo della madre di Charley, è ben nota, L'attrice riesce qui a ripetere l'alchimia già ottenuta con Gillespie in United States of Tara.

Christopher Mintz- Plasse (era Red Mist in Kick-Ass) si conferma interprete di ruoli da outsider. Ha il fisico e la faccia del ruolo, ma è bravo e da tenere sott'occhio anche lui. 

Funzionale al ruolo di fidanzatina non troppo svenevole ma neanche così forte da non cedere alla malia del vampiro è la bionda Imogen Poots (28 settimane dopo).

In un "gustoso" (è il caso di dirlo) cameo appare l'originale Jerry Dandrige, ossia Chris Sarandon.

Come dicevo il film compie scelte molto diverse dal modello originale. Se l'originale era sostanzialmente di derivazione gotica, ora siamo nel vero dominio dell'urban fantasy. Sono cambiati nel frattempo gli stilemi con i quali il pubblico identifica il sovrannaturale. D'altra parte questo film si rivolge a un pubblico che quando uscì il primo film non era ancora nato. Se il Peter Vincent del compianto Roddy McDowall (il Cornelius del ll Pianeta delle Scimmie del 1968, quello vero) era una sorta di parodia omaggio al Van Helsing cormaniano, qui nel mirino c'è il Van Helsing fracassone divo da action movie oltre che gli illusionisti da varietà. Nella nuova caratterizzazione il personaggio ha una diversa storia alle spalle, ma è messo in secondo piano rispetto al protagonista, perché l'obiettivo è raggiungere in modo più diretto il pubblico, con i personaggi con i quali si può identificare.

Il nuovo Peter Vincent è un quarantenne che all'inizio appare molto meno maturo dei ventenni con cui ha che fare.

I motivi degli atteggiamenti del personaggio sono oggetto della esplorazione della storia per cui in questa sede non li anticipo.

Anche il vampiro Jerry è stato modernizzato. Non ha più la spalla umana echeggiante il bramstokeriano Renfield, e non ha fascino dandy, bensì più "animalesco".  Sembra essere animato dalla sola volontà di nutrirsi, accompagnato a un felino gusto della caccia e della tortura della preda. In realtà non è tutto così semplice, e il "piano" del personaggio si delineerà durante la vicenda.

Forte e attivo nel film il personaggio della madre, finché serve ovviamente. Perché in ogni caso sarà Charley a risolvere i conflitti. Ci si deve affrancare dai genitori, anche quando vogliono aiutarci. Arriva il momento in cui tocca ai figli fare la loro parte. L'arco narrativo del personaggio è più che compiuto.

I personaggi di Charley, Amy ed Ed sono  i più conformi al modello originale, nel senso che se i personaggi avevano il modo di affrontare la vita dell'epoca, tale modo è stato correttamente attualizzato.

Sono tipici ragazzi di quest'epoca come lo erano i loro predecessori. Sono più pronti a prendersi le responsabilità e ad affrontare situazioni che il mondo adulto preferisce ignorare e guardano con un po'  di compatimento questi quarantenni che non vogliono crescere.

La miscela di tutti gli elementi funziona, visto che lo scopo è quello di realizzare un prodotto commerciale. La perizia tecnica e un valido cast riescono quindi a essere di supporto a un'opera che, pur rimanendo nel campo dell'intrattenimento, riesce a non essere totalmente disimpegnata.