Non è passato molto tempo dagli eventi narrati da Star Trek, il primo film di J.J. Abrams ispirato ai personaggi ideati da Gene Roddenberry. I componenti dell'apparentemente mal assortito equipaggio del primo film, che all'epoca si trovarono uniti quasi per caso, hanno ora avuto il tempo di prendersi rispettivamente le misure ma non ragionano ancora bene in termini di gruppo. Il rapporto tra Kirk e Spock si sarà sicuramente evoluto, ma quando li troviamo all'inizio di Star Trek Into Darkness, nel bel mezzo di una pericolosa missione in un pianeta remoto, prendono le loro decisioni in autonomia, arrivando quasi a compromettere l'esito della stessa. Si salvano tutti per miracolo, e non poteva essere altrimenti, ma Kirk commetterà uno degli atti più esecrati dall'intera Flotta Stellare:  violerà la Prima Direttiva, la legge per quale non si può interferire con l'evoluzione delle popolazioni dei pianeti incontrati durante le missioni.

Tornati sulla Terra, sarà proprio la conseguenza di questa azione a dividere ancora di più Kirk e Spock. Non c'è però tempo per riflettere, tra capo e collo sulla Federazione dei Pianeti Uniti sta per cadere un vero e proprio macigno. Un super agente, John Harrison, dotato di risorse e poteri sovrumani, di tutti i diritti di accesso ai sistemi e agli spazi aerei federali, ha deciso di rivoltarsi contro la Federazione e la Flotta, per motivi che sarà compito della sceneggiatura approfondire.

Ecco che quindi nuovamente sotto la spinta di una grave minaccia, un gruppo di solitari, mossi da aspettative e intenzioni del tutto autonome le une dalle altre, si troverà a essere unito.

L'avventura che vivranno, che li porterà avanti e indietro, dalla Terra fino a Qo'noS, pianeta madre dell'Impero Klingon, non sarà solo la risoluzione del mistero di Harrison, non solo la feroce lotta per la sopravvivenza, ma una esperienza interiore, che li porterà a maturare, a rivedere le proprie convinzioni, fino ad agire in modi inaspettati.

Al già consolidato gruppo di personaggi ossia James T. Kirk (Chris Pine), Spock (Zachary Quinto), Uhura (Zoe Saldana), Leonard McCoy (Karl Urban), Montgomery Scott (Simon Pegg), Hikaru Sulu (John Cho), Pavel Checov (Anton Yelchin), Christopher Pike (Bruce Greenwood) si aggiunge un trio di personaggi tutto da scoprire con Carol Marcus (Alice Eve) una ufficiale della Flotta molto ansiosa di prestare servizio sulla Enterprise, l'Ammiraglio Marcus (Peter Weller), capo della Flotta Stellare e naturalmente l'antagonista chiamato John Harrison (Benedict Cumberbatch).

Ci sono diversi piani sui quali il film si muove. 

Il piano dei confronti personali uno contro uno: Kirk-Spock, Kirk-Pike, Kirk-Marcus, Kirk-Harrison e forse il meglio riuscito e inaspettato ossia Kirk-Scotty.

Sono i momenti più eclatanti, non che sia mancato il confronto con gli altri personaggi, ma credo che questi siano stati i confronti più intensi e dai quali sono scaturiti i passaggi narrativi più importanti per James T. Kirk.

Se il battibeccare tra Uhura e Spock vi sembra fine a se stesso alla fine del film vi ricrederete, perché consente una esplorazione molto profonda soprattutto dell'animo e delle motivazioni di Spock.

Niente affatto di contorno è Carol Marcus che è decisiva in almeno due passaggi che non posso ovviamente anticipare.

La ribalta, sia pure una battuta, o un gesto, c'è comunque per tutti i personaggi anche se comunque nello spazio di due ore non tutti possono avere lo stesso peso. Forse stavolta McCoy è stato più in ombra di quanto ci si potesse aspettare, ma la logica della serialità potrà dargli spazi più avanti.

L'antagonista del film è un avversario vero. Con un attore come Cumberbatch metà del lavoro è fatto, ma la costruzione del personaggio c'è e la scoperta delle sue motivazioni e obiettivi non deluderà.

Il mio personaggio preferito però è Montgomery Scott, esaltato dalla bravura di Simon Pegg ma anche da un ruolo niente affatto prevedibile nella vicenda. Forse la sorpresa vera di un film in cui sono state confermate molte delle aspettative della vigilia, sia positive, per chi apprezza il lavoro di Abrams su Star Trek, che quelle negative dei difensori della purezza trekkiana, a cui pure non mancano pesanti strizzate d'occhio visto che le citazioni di scene e situazioni storiche sono tantissime.

Sventato, per fortuna, il pericolo di una svolta totalmente oscura e "nolaniana" del franchise. Perché se è vero che Harrison è un cattivo vero e spietato, se è vero che molti saranno i momenti drammatici e difficili del film, gli aspetti oscuri ben si mescolano con l'atteggiamento ironico e autoironico di James Kirk, trasferito poi nel rapportarsi dei personaggi del gruppo. Pertanto il tono generale del film è quello di un ben proporzionato miscuglio tra dramma, epicità e ironia con qualche momento da commedia.

Emblematica in tal senso è una delle prime battute del film, in cui si critica platealmente la contraddizione di una nave stellare immersa sott'acqua. Non manca l'autoironia. Evviva!

Un'altro piano importante è il consolidamento del gruppo. Il concetto di famiglia, esplicitato verso il finale, quando a uno dei nuovi personaggi Kirk darà il suo benvenuto in Famiglia.  Ora questa famiglia di viaggiatori delle stelle, dopo aver compreso il ruolo nell'universo sia dell'organizzazione di cui fa parte, sia di se stessa, è veramente pronta. Le vicende di questa nuova avventura, con le sue crisi e i conflitti, hanno rafforzato il legame del gruppo dandogli persino dato la forza di accettare nuovi membri, aprendo le porte al viaggio per eccellenza del mondo trekkiano, quello chiosato dalla celebre frase: Dove nessuno è mai giunto prima.

Sul fronte tecnico si tratta di una messa in scena proporzionata ai capitali spesi. L'Enterprise è una vezzosa protagonista della vicenda, sia con il suo inconfondibile scafo, sia con gli interni. I protagonisti popolano la plancia dei loro conflitti, corrono, saltano, sparano tra corridoi e tubi di Jeffries, e onore e gloria sono dati alla sala macchine e al nucleo del reattore. I voli atmosferici dell'astronave, tanto odiati dai puristi, si limitano ad ascensioni verticali guidate da reattori di spinte e cadute precipitose, non aspettatevi piroette contrarie alle leggi dell'aerodinamica.

Gli spazi esterni variano dal coloratissimo pianeta del sistema Nibiru, alle futuristiche ma non troppo, anzi forse un po' convenzionali, skyline di Londra e San Francisco, fino al tenebroso Qo'noS. Sono ampi e avvolgenti grazia alla scelta di girare in IMAX nativo. Ed è proprio in questo standard che considero la visione ottimale del film, meglio del normale 3D, la cui conversione, specialmente nei momenti più concitati è più che altro disturbante. L'IMAX ha una profondità e una capacità immersiva superiori. Altrimenti la visione 2D è comunque godibile perché il ritmo narrativo garantisce emozioni e tensioni senza sovraccarichi visivi. I 129 minuti del film scorrono senza pensieri.

Anche il comparto sonoro ha costruito una immersione totale nelle atmosfere trekkiane, con i caratteristici rumori della plancia, il sottofondo del reattore a curvatura, phaser, cicalii d'ordinanza e roboanti esplosioni. 

La colonna sonora invece stavolta presenta, come uniche novità, il tema dell'antagonista e il tema dei Klingon, per il resto conferma il buon lavoro compiuto da Michael Giacchino che in pratica vive di rendita sui temi già composti per il primo film.

In conclusione Star Trek Into Darkness mantiene la promessa di essere uno spettacolo emozionante e divertente, ironico e autoironico. Una conferma che Star Trek c'è e non se andrà via facilmente, anche se non sarà più Abrams a occuparsene.