Gremito di fan l’incontro di domenica 30 ottobre con Marco Pontecorvo in occasione del Lucca Comics And Games. Seduto (comodamente? Difficile esserne sicuri!) su un “trono di spade” realizzato con cura del gruppo cosplay Game of Thrones, il direttore della fotografia ci ha svelato aneddoti e retroscena della famosa serie tv ispirata al bestseller di George R.R. Martin

Ecco le notizie più interessanti: 

Emanuele Vietina: “Le riprese della seconda stagione sono già cominciate. Martin, che inizialmente aveva dato disponibilità per essere presente a Lucca quest’anno, è impegnato nella collaborazione con ideatori e staff. Questo e alcune scadenze letterarie lo hanno costretto purtroppo a rinunciare all’evento, ma considerando quello che è in procinto di scrivere abbiamo preferito non insistere troppo! (ride, n.d.a.)”.

Allora, Marco, com’è nata la serie televisiva?

Marco Pontecorvo: “Mentre la preparazione della serie Rome mi ha visto impegnato in una lunga serie di test iniziali attraverso i quali affinare pian piano il tutto, in Game of Thrones è stata sufficiente una settimana di test. Questo periodo di tempo è stato senz’altro determinante per comprendere le differenze rispetto a Rome e utilizzare di conseguenza dei particolari effetti digitali (prototipi). I singoli episodi sono stati assegnati a quattro diversi registi, mentre io, come direttore della fotografia, avevo il compito di portare avanti il progetto dall’inizio alla fine insieme agli ideatori David Benioff e D.B. Weiss e ad altri professionisti. Il ruolo del direttore della fotografia è essenziale, se così posso dire, per definire il tiro da attribuire al telefilm”.

Come si impostano scenografia ed effetti speciali per quanto riguarda i disegni preparatori? 

In Game of Thrones abbiamo uno story artist molto valido. Il suo compito è quello di soffermarsi sulle emozioni che prendono vita all’interno delle sequenze (ad esempio le scene di azione). Va detto anche che negli anni si stanno sviluppando nuove tecniche per il movimento delle macchine, anche se ci sono ancora difficoltà con lo zoom. Occorre pertanto un grosso lavoro di visualizzazione, in quanto molte delle ambientazioni vengono aggiunte dopo digitalmente (basti pensare a buona parte di Grande Inverno).

A Belfast, nell’Irlanda del nord, abbiamo avuto a che fare anche con difficoltà climatiche quali vento e pioggia perenni, che non ci permettevano di ottenere le tonalità di colori desiderate, così è stato necessario ricorrere a delle luci sopraelevate rispetto all’inquadratura.

Per “definire il tiro” da attribuire al telefilm è stato necessario un confronto costante con l’autore della saga?

Come penso sia comprensibile, Martin non poteva essere sempre presente ai meeting con produttori –artistici e non – e sceneggiatori, quindi veniva contattato ogni qualvolta si rivelasse indispensabile per telefono.

Hai ricevuto parole chiave o richieste precise per svolgere il tuo lavoro?

No, mi è stata data molta libertà, tranne per il vincolo concordato in precedenza di non voler rendere la serie troppo vicina a uno stile rigorosamente medievale. Un esempio: quand’era possibile facevamo a meno di utilizzare sulla scena troppe candele per l’illuminazione (Pontecorvo mostra un’immagine piuttosto buia con Eddard Stark il cui eventuale utilizzo delle candele avrebbe rovinato l’atmosfera, n.d.a.).

Qualche cenno sulla tua carriera. Che ci dici dell’importanza dei professionisti italiani all’interno delle produzioni straniere? 

Io ho cominciato con Pasqualino De Santis (Premio Oscar per la fotografia nel 1969 con il film Romeo e Giulietta di Franco Zeffirelli), ma esistono tanti altri colleghi che possono vantare un buon nome all’estero. Dietro alle quinte dei grandi film stranieri si nascondono spesso tanti nomi italiani. 

Qual è stato il rapporto tra direttore della fotografia e scenografo all’interno di Game of Thrones? 

Di sicuro c’è stata una forte collaborazione per la scelta dei colori, scena per scena. All’estero – ed è sorprendente per chi come me all’inizio non vi era abituato – tutto si studia prima a tavolino, a differenza del cinema italiano dove si tende più a improvvisare. Un esempio è la scelta della posizione di porte e finestre, anche per una questione di prospettiva stessa. Posso accennarvi alla sala del trono di Approdo del Re, che non è stata realizzata con un soffitto altissimo come si può immaginare. Abbiamo preferito sfruttare un’inquadratura bassa. Altra collaborazione importante è quella tra direttore della fotografia e chi si occupa di visual effects. Spesso non vanno d’accordo con l’effetto fumo/nebbia per via della sua densità eccessiva, quindi preferiscono inserirlo al pc in un secondo momento.

Com’è nata la collaborazione con HBO?

È nata a piccoli gradini, come ogni cosa. Io ho cominciato con delle co-produzioni europee ambientate in Inghilterra e poi con la seconda unità del film Gangs of  New York

Ti sei trovato in sintonia con gli attori della serie?

Sono stati tutti molto cordiali e disponibili. Peter Dinklage (Tyrion Lannister), in particolare, è simpaticissimo.

Ci sono degli obiettivi particolari che vi siete posti nel girare Game Of Thrones?

Be’, passando da un primo piano all’altro, uno degli intenti principali come direttore della fotografia era di attribuire una connotazione specifica alle ambientazioni attraverso il contrasto di colori per dare immediatamente un’idea di dove si trovassero i personaggi ai lettori e ai telespettatori della saga. Era fondamentale trovare riferimenti pittorici adeguati a trasmettere le dovute atmosfere. 

Aneddoti particolari? Per esempio la scena più difficile da voi girata durante la lavorazione. 

Creare le statue dei due cavalli a Vaes Dothrak. Si è trattato di un lavoro corposo, perché in realtà disponevano solo dei piedistalli! Oltre a questo, forse, anche la ripresa di alcune scene a Belfast: non era sempre facile creare le atmosfere desiderate. 

Un’ultima curiosità. Tu e lo staff della serie tv avete fatto un lavoro grandioso, ampiamente riuscito. Hai per caso letto tutti i libri della saga per farlo? 

Sarò sincero: non ho mai letto per intero i libri delle Cronache del ghiaccio e del fuoco. Ho letto l’intera sceneggiatura della prima stagione, quella sì. In certe occasioni lo staff leggeva ad alta voce un estratto della saga di Martin per dare l’idea della scena o dell’ambientazione, ma si è sempre trattato di parti piuttosto corte.