Tutte quelle porte chiuse nel corridoio vuoto avevano però anche un effetto snervante, era un po’ come trovarsi in un piccolo tunnel beige, interrotto soltanto dal telefono a gettone montato su una parete. Ricordavo di aver detto una volta a Bankston Waites che se mai quel telefono avesse squillato, mi sarei aspettata di sentire dall’altro capo del filo la voce di Rod Sterling dirmi che ero appena giunta “Ai Confini della Realtà”. Quasi sorrisi nel ricordare la cosa, mentre afferravo la maniglia della porta della sala riunioni.

In quel momento il telefono squillò.

Mi girai di scatto e mossi due passi esitanti verso l’apparecchio, con il cuore che mi martellava nel petto. L’edificio continuò a rimanere silenzioso.

Il telefono suonò ancora. Con esitazione, chiusi la mano intorno alla cornetta.

– Pronto? – dissi con un filo di voce, poi mi schiarii la gola e ci riprovai. – Pronto? – ripetei, con maggiore fermezza.

– Posso parlare con Julia Wallace, per favore? – sussurrò qualcuno.

– Cosa? – domandai, scossa, sentendo i capelli che mi si rizzavano sulla testa.

– Julia… – sussurrò la voce.

Poi chi aveva chiamato riattaccò.

Ero ancora ferma con la cornetta in mano quando la porta della toilette femminile si aprì e uscì Sally Allison.

Strillai.

– Dio onnipotente, Roe, non ho un aspetto così brutto, vero? – commentò Sally, stupita.

– No, no, è per via della telefonata… – Mi sentivo sul punto di piangere, e la cosa m’imbarazzava.

(…)