Terry Brooks, parlando della nascita della Spada di Shannara, ha spiegato: “non volevo scrivere vicende ambientate nel mondo reale. Il mondo reale non era abbastanza vasto o abbastanza bizzarro perché vi potessi lavorare. Mi occorreva un posto così enorme e così diverso che nessun’altra persona potesse descriverlo all’infuori di me. Poteva esistere solo nella mia mente e nelle parole che avrei usato per descriverlo. Doveva riguardare posti conosciuti, ma anche luoghi che nessuno conosceva. Doveva parlare di noi, ma anche di genti diverse. Ogni cosa che descrivevo doveva ricordare ai lettori ciò che conoscevano, ma anche spingerli a dargli una seconda occhiata, indipendentemente dal fatto che credessero vere le mie parole oppure no” (14).

La possibilità di far sentire al lettore che lo scrittore sta parlando di lui e del suo popolo pur parlando di personaggi immaginari è anche uno dei motivi che ha indirizzato verso la narrativa fantastica Guy Gavriel Kay. “Il genere consente l’universalizzazione della storia. Toglie gli episodi al di fuori di uno specifico tempo e luogo e apre la possibilità per lo scrittore – e per il lettore – di considerare i temi, gli elementi di una storia, come applicabili a una più ampia gamma di tempi e luoghi. Distacca il racconto da un ristretto contesto, permette di spogliarsi o al limite di erodere pregiudizi e assunzioni. E, paradossalmente, poiché la storia è presentata come un fantasy può essere vista come maggiormente applicabile alla vita del lettore e al suo mondo, non meno. Non può essere vista solo come qualcosa che è accaduto, diciamo, settecento anni fa in Spagna” (15), ha spiegato l’autore canadese in una delle sue conferenze più famose.

Non solo, mentre in un romanzo storico il lettore che conosce bene la storia sa già quale sarà l’esito di una determinata battaglia e il destino dei personaggi realmente esistiti, in un fantasy lo scrittore ha maggiore libertà d’azione. “Io voglio trattenere il lettore a leggere fino alle due del mattino e oltre” ha aggiunto recentemente Kay (16). “Perciò considerate questo: se io baso un libro su un passato leggermente alterato il lettore che sa cosa sia accaduto in quel tempo e in quel luogo non sa con certezza cosa accadrà nella mia storia. Nella Rinascita di Shen Tai io ho comunicato con lo slittamento in un immaginario Kitai dalla Cina reale che mi riservavo il diritto di cambiare, o comprimere gli eventi”.

Un discorso analogo è stato fatto da George R.R. Martin, il quale ha spiegato che, per quanto lui ami la narrativa storica, il suo problema è che sa sempre cosa deve accadere. Chi legge della Guerra delle Due Rose sa, per esempio, che il principino non uscirà mai dalla torre. La fantasy, al contrario, non ha queste limitazioni, perciò il lettore è spinto nella lettura del libro dalla voglia di scoprire quello che accadrà (17). Ma perché un mondo inventato sia convincente è necessario che sia costruito su solide basi.

Se l’ambientazione è di tipo medievale lo scrittore non può limitarsi a inserire cavalieri, damigelle e castelli, ma deve preoccuparsi anche della struttura sociale, delle iniquità e delle violenze proprie del periodo (18), senza dimenticarsi i dettagli più concreti.

Martin è stato più volte accusato di descrivere scene di sesso o di violenza inutili, così come di aver dedicato troppo spazio a banchetti e descrizioni di abiti o di imprese araldiche, ma secondo lui il piacere della lettura non è legato solo all’avanzamento della trama. Se la trama fosse l’unica cosa importante basterebbe leggere un riassunto del romanzo, al posto del romanzo stesso. Per George invece la lettura è un’esperienza immersiva nella quale bisogna assaporare il sapore del cibo o vivere il terrore della battaglia, e per ottenere quest’effetto sono necessari molti dettagli (19).

Non solo, Martin ha affermato che “la miglior fantasy è scritta nel linguaggio dei sogni. È viva come sono vivi i sogni, più reale della realtà” e, facendo un confronto fra fantasy e realtà, ha aggiunto che “la realtà è la fila di centri commerciali di Burbank, le ciminiere di Cleveland, un garage a Newark. Fantasy sono le torri di Minas Tirith, le antiche pietre di Gormenghast, le sale di Camelot. La fantasy vola sulle ali di Icaro, la realtà sulla Southwest Airlines”, perciò “noi leggiamo fantasy per trovare nuovamente i colori”, per “assaggiare forti spezie, e sentire il canto delle sirene” (20).

Così la sua Barriera è enormemente più alta del Vallo di Adriano da cui è stata ispirata (21), ma la funzione di ultimo baluardo della civiltà contro un eventuale attacco da parte di creature terrificanti è la stessa, ed è descritta con una cura tale da farla sentire terribilmente reale. Così come reali sono le altre caratteristiche del suo mondo, con distanze percorribili e misurabili, luoghi abitabili e persone vive animate da sentimenti forti e a volte contrastanti.

Effemme 5 – Copertina di Franco Brambilla
Effemme 5 – Copertina di Franco Brambilla

Tanti anni fa Lester del Rey affermava che “la fantasy è la forma di letteratura più difficile da scrivere perché deve essere la più realistica” (22).

Ancor prima di lui Tolkien aveva spiegato che la sua storia era “basata su una geografia, una cronologia e un linguaggio molto elaborati e dettagliati” (23), tanto che per rispondere alle curiosità della gente che voleva avere nuove informazioni sulla Terra di Mezzo sarebbe stato necessario un libro di notevoli dimensioni.

Questo è ciò che hanno fatto e stanno continuando a fare gli autori del fantastico: creano mondi immaginari veri come quelli reali, finché il lettore si trova al loro interno. Che siano terre dove gli inverni possono durare anni interi o commistioni fra antiche tradizioni letterarie e immaginazione, la geografia, la cultura e la società sono perfettamente caratterizzati e coerenti, al punto da consentire al lettore di compiere un vero e proprio viaggio con la fantasia in località create unicamente dalla mente dell’uomo.

Effemme 5, che certo non ha la stessa pretesa di completezza del professore di Oxford, propone una carrellata su alcuni dei mondi possibili, nella speranza d’incuriosire nuovi viaggiatori. Perché se ogni lettura è un viaggio, la lettura in un mondo immaginario non può che riservare continue e affascinanti sorprese.

Note

1) Diana WYNNE JONES, The Tough Guide to Fantasyland, Firebird, 2006, mia traduzione dall’introduzione “How to use this books” che precede le pagine numerate: “Find the MAP. It will be there. No Tour of Fantasyland is complete without one”.

2) J.R.R. TOLKIEN, The Letters of J.R.R. Tolkien, George Allen & Unwin, 1981, trad.it. La realtà in trasparenza, Bompiani, Milano, 2002, pag. 201.

3) Tolkien, op.cit., pag. 201.

4) Tolkien, op.cit., pag. 165.

5) Tolkien, op.cit., pag. 165.

6) Tolkien, op.cit., pag. 248.

7) Tolkien, op.cit., pag. 218.

8) La vicenda è narrata in J.R.R. TOLKIEN, The Lord of the Rings, George Allen & Unwin, London, 1966, trad.it. Il Signore degli Anelli, Rusconi, Milano, 1988, pag. 930-950.

9) J.R.R. TOLKIEN, The Monsters and the Critics and Other Essays, 1983, trad.it. Il medioevo e il fantastico, Bompiani, Milano, 2004, pag. 197. Il brano appartiene al testo di una conferenza del 1939 pubblicata per la prima volta nel 1947 con il titolo Sulle fiabe.

10) David EDDINGS, The Rivan Codex, 1988, trad.it Il Codice Rivano, Sperling & Kupfer, Milano, 2002, pag. 11.

11) Eddings, op.cit., pagg. 11-12.

12) Eddings, op.cit., pagg. 14-15.

13) Eddings, op.cit., pagg. 18-19.

14) Terry BROOKS, Sometimes the Magic Works, Ballantine Books, 2002, trad.it. A volte la magia funziona, Mondadori, Milano, 2003, pag. 24.

15) Guy Gavriel KAY, Home and Away, testo di una conferenza tenutasi a Toronto ora disponibile sul sito autorizzato dello scrittore: http://www.brightweavings.com/ggkswords/globe.htm.

Traduzione mia da “the genre allows the universalizing of a story. It takes incidents out of a very specific time and place and opens up possibilities for the writer – and the reader – to consider the themes, the elements of a story, as applying to a wide range of times and places. It detaches the tale from a narrow context, permits a stripping away, or at least an eroding of prejudices and assumptions. And, paradoxically, because the story is done as a fantasy it might actually be seen to apply more to a reader's own life and world, not less. It cannot be read as being only about something that happened, say, seven hundred years ago in Spain.”

L’ultima riga si riferisce al romanzo The Lions of Al-Rassan, pubblicato da Kay nel 1995, che richiama molto da vicino il periodo della cacciata dei Mori dalla Spagna.

16) Guy Gavriel KAY, Under Heaven Autor’s Letter, lettera pubblicata nel 2010 sulle copie promozionali di Under Heaven ora disponibile sul sito autorizzato dello scrittore: http://www.brightweavings.com/ggkswords/underheavenauthorsletter.htm.

Traduzione mia da “I want to keep readers turning pages until two in the morning or better (or worse!). So consider this: if I base a book on a slightly altered past the reader who knows what happened in that time and place does not know with any certainty what will happen in my story. In Under Heaven I've served notice with the shift to an imagined Kitai from real China that I reserve the right to change, or telescope events.”

17) Il concetto è stato espresso da Martin in parecchie interviste. Segnalo quella condotta il 18 aprile 2011 da James Poniewozik per il Time Entertainment (http://entertainment.time.com/2011/04/18/grrm-interview-part-2-fantasy-and-history/). In essa Martin ha affermato: “I said what I want to do is combine some of the realism of historical fiction with some of the appeal of fantasy, the magic and the wonder that the best fantasy has.

As much as I love historical fiction, my problem with historical fiction is that you always know what’s going to happen. You know, if you’re reading about the War of the Roses, say, you know that the little princes are not going to come out of that tower. Fantasy, of course, doesn’t have that constraint. You can still have that driving force, which I think is one of the things that people read books for, what’s gonna happen next? I love this character, but god, is he gonna live, is he gonna die? I wanted that kind of suspense.”

Il riferimento alla Guerra delle Due Rose è dovuto al fatto che quel periodo di guerre e intrighi politici è una delle fonti d’ispirazione per la prima parte delle Cronache del ghiaccio e del fuoco.

18) Intervista condotta il 17 dicembre 2011 da David Larsen per il New Zeland Listener (http://www.listener.co.nz/culture/books/george-rr-martin-interview/). Parlando di molte opere fantasy successive a Tolkien, Martin ha affermato che “many of those books used to be set in the Disneyland Middle Ages. You had the trappings, you had knights and princesses and castles and all of this stuff, but without any real feeling for the class structure, the inequities of such a society, the violence of such a society. I wanted something that had the wonder and strangeness of the best fantasy, but with the solid grounding of the best historical fiction”.

19) Intervista condotta l’11 luglio 2011 da Rachel Brown per The Atlantic (http://www.theatlantic.com/entertainment/archive/2011/07/george-rr-martin-on-sex-fantasy-and-a-dance-with-dragons/241738/): “I have gotten letters over the years from readers who don't like the sex, they say it's "gratuitous." I think that word gets thrown around and what it seems to mean is "I didn't like it." This person didn't want to read it, so it's gratuitous to that person. And if I'm guilty of having gratuitous sex, then I'm also guilty of having gratuitous violence, and gratuitous feasting, and gratuitous description of clothes, and gratuitous heraldry, because very little of this is necessary to advance the plot. But my philosophy is that plot advancement is not what the experience of reading fiction is about. If all we care about is advancing the plot, why read novels? We can just read Cliffs Notes.

A novel for me is an immersive experience where I feel as if I have lived it and that I've tasted the food and experienced the sex and experienced the terror of battle. So I want all of the detail, all of the sensory things—whether it's a good experience, or a bad experience, I want to put the reader through it. To that mind, detail is necessary, showing not telling is necessary, and nothing is gratuitous.”

Le Cliffs Notes citate da Martin sono una collana di guide per studenti che riassumono e commentano le principali opere letterarie.

20) Il brano, scritto da Martin, è stato pubblicato su Patti PERRET, The Faces of Fantasy, Tor, New York, 1996, pag. 106.

Traduzione mia da “THE BEST FANTASY is written in the language of dreams. It is alive as dreams are alive, more real than real […]. Reality is the strip malls of Burbank, the smokestacks of Cleveland, a parking garage in Newark. Fantasy is the Towers of Minas Tirith, the ancient stones of Gormenghast, the halls of Camelot. Fantasy flies on the wings of Icarus, reality on Southwest Airlines. […]

We read fantasy to find the colors again, I think. To taste strong spices, and hear the songs the sirens sang.”

21) Intervista a George R.R. Martin condotta il 1 aprile 2012 da Josh Roberts per Smarter Travel (http://www.smartertravel.com/blogs/today-in-travel/game-of-thrones-exclusive-george-martin-talks-season-the-winds-of-winter-and-real-world-influences-for-song-of-ice-and-fire.html?id=10593041).

22) La frase, scritta da Terry Brooks, è stata pubblicata su Perret, op. cit., pag. 212. Traduzione mia da “fantasy was the most difficult form of literature to write because it had to be the most realistic”.

23) Tolkien, La realtà in trasparenza, op.cit., pag. 238.