Parole chiave: universo parallello, steampunk, proiezione psichica ambientale.

Con queste premesse, potrebbe trattarsi di un titanico film hollywoodiano corredato da stuoli di esplosioni ed effetti speciali digitali, oppure si tratta dell'ultimo film di Michel Gondry basato sull'opera letteraria di Boris Vien.

Francese come solo un film francese può essere: surreale nei dialoghi, delicato nella fotografia e maniacale nella cura dei personaggi e privo di qualsiasi stereotipo di genere fantasy o sci-fi. Un film "fantastico" allo stato puro, in cui lo stato d'animo dei protagonisti si riflette sull'ambiente circostante facendo da vero e proprio filo conduttore di una pellicola confusa nella sua assoluta linearità partendo dal colore per arrivare al completo B/N artificiale spinto ben oltre le scale di grigio.

Richiamando alla mente, nelle tematiche ed in alcune sequenze, i grandi capolavori Fahrenheit 451, Tempi Moderni, e 1984, il film si muove in una retrofuturistica Parigi sul finire degli anni sessanta, che alcune sequenze e citazioni ci permettono di collocare chiaramente a ridosso della primavera parigina del '68.

In questa città di un passato ipoteticamente futuro si muovono Colin (Romain Duris) e Chloe (Audrey Tatou) dipanando, davanti i nostri occhi, la loro storia d'amore dal finale tragico tipicamente francese. Banale quanto visionaria, la trama principale viene arricchita attraverso i comprimari che dipingono con poche pennellate una società distopica e violenta descritta con intermezzi granguignolesci ben equilibrati nella rete narrativa che si contrae rispecchiando, come l'ambiente, l'intera gamma emozionale degli attori attraverso i mutamenti della scenografia e degli oggetti, molto spesso, dotati di una vita propria.

La sorpresa più grande restano gli effetti speciali. Per chi se li ricorda, ognuno dei piccoli effetti della pellicola, porta ad un grande classico della fantascienza anni 20 verso cui il carattere visionario del film possiede un grande debito.

Purtroppo ci sono delle note dolenti, alcune delle quali congiurano contro il film stesso passandolo a "prodotto di serie B" per un comparto di regia che andrebbe messo alla ghigliottina per i grossolani errori nei piazzamenti di camera (tanta fatica per reinventare ogni automobile presente nel film... e poi inquadri una Ducati parcheggiata per strada?Intollerabile la prima volta, alla terza iniziamo a credere appartenesse all'aiuto regista).

Anche la recitazione, non brilla, soprattutto negli scialbi protagonisti che vengono spesso messi in ombra dall'istrionico Omar Sy (Quasi amici).

Non è un film indimenticabile, ma pone domande importanti sulle pellicole di genere, sui contenuti e sulla qualità relativa delle stesse in cui si spende in effetti speciali senza creare dei personaggi reali o credibili.