Quando Christopher Lee è salito sul palco del Festival Del Film di Locarno è stato impossibile non restarne colpiti: abbiamo visto un uomo anziano, fragile, che dimostra tutti i suoi 91 anni. Non appena ha iniziato a parlare, però, quest'impressione di fragilità è sparita e ci siamo trovati di fronte a una persona ironica, divertente, che ha raccontato della propria vita e dei propri film con grandissima generosità e passione. Impossibile non notare anche una certa nostalgia, evidente in frasi come: “è stato divertente” o “ci siamo divertiti moltissimo”, ripetute spesso in ogni possibile variazione.

Tanti gli aneddoti, dall'imitazione della voce di Gatto Silvestro al ricordo delle persone che hanno avuto un ruolo importante nella sua carriera e nella sua vita, su tutti Billy Wilder a Peter Cushing a Peter Jackson. Fu proprio Wilder a volere Lee a tutti i costi in La Vita Privata di Sherlock Holmes (1970) nel ruolo di Mycroft Holmes: non solo fu una versione del personaggio diversa da qualunque altra vista all'epoca (e che ha fatto scuola, visto che è stata l'ispirazione per il Mycroft televisivo di Sherlock interpretato da Mark Gatiss), ma soprattutto fu un ruolo radicalmente diverso da quelli che Lee stesso aveva interpretato fino a quel momento. "Devi sempre sorprendere il pubblico", era il mantra che il regista ripeteva a Lee, e l'attore non lo ha dimenticato.

A chi gli ha chiesto se avrebbe voluto interpretare ruoli diversi da quelli per cui è più noto, magari qualche commedia, l'attore inglese ha risposto con un netto sì: "La commedia è la cosa più difficile da portare su schermo e, se mi permettete, è la cosa che a me riesce meglio" aggiungendo "provate a dirlo ai produttori di Hollywood, però!" Pochi rimpianti, ma quello di aver partecipato solo a 7-8 commedie nell'arco di quasi 300 film è sicuramente il più bruciante.

Nell'ora di incontro Lee ha anche raccontato con schiettezza e affetto di alcuni colleghi e amici non più tra noi. Di Oliver Reed ha detto: "Avevo l’abitudine di dargli un passaggio, quando eravamo giovani. (Avevo una macchina di seconda mano, l’avevo comprata quando avevo 34 anni, dopo aver iniziato a lavorare attorno ai 24-25 anni: prima andavo in giro in treno, a piedi, in bici, come tutti...) Quando non beveva Oliver era un uomo dolcissimo, un gentiluomo con cui potevi parlare di tutto. Poi, diventava un mostro." Commosso il ricordo dell'amico Peter Cushing, di cui ha ricordato, con parole pacate e gli occhi lucidi, il calore, la qualità di attore e il legame che li univa, sia professionalmente che umanamente. 

E poi ancora una carrellata nella sua produzione cinematografica più recente: l'affinità con Peter Jackson, l'esperienza di lavorare a un film tratto da Il Signore degli Anelli, libro amatissimo, e di cui non aveva osato sperare sarebbe mai stato realizzato un film ("Ho letto il libro per la prima volta nel 1955. Gli effetti speciali necessari per raccontare la storia semplicemente non c'erano. Abbiamo dovuto aspettare molto tempo"). Lee ha raccontato anche che il primo provino fu per il ruolo di Gandalf, sogno accarezzato a lungo, aggiungendo però di aver sempre saputo di essere troppo vecchio per quella parte.

Storie da una carriera in grado di spaziare da Star Wars a Dracula passando per film come The Wicker Man e 007. L'incontro è finito troppo presto ma è stato una festa, aperto e chiuso da applausi sfrenati. Con tanto di sorpresa finale ("bisogna sorprendere il pubblico") quando Lee ha raccontato della propria passione per l'opera e cantato un breve brano del Don Carlo di Verdi.

Definire Sir Lee un maestro dell'improvvisazione, un professionista consumato e un attore di talento è riduttivo: chi era in sala giovedì 8 a Locarno si è reso conto di aver incontrato dal vivo un colosso della storia del cinema.