La scorsa stagione cinematografica è stata dominata da almeno un paio di veri e propri eventi scismatici che hanno diviso il fandom come non accadeva da anni. Ossia Star Trek: Into Darkness, secondo film di J.J. Abrams dedicato all'universo creato da Gene Roddenberry nel 1966 e Man of Steel, nuovo film su Superman, il personaggio ideato da Jerry Siegel e Joe Shuster nel 1932.

Dico scismatici perché l'impressione che ho avuto, visitando forum e comunità virtuali, è che non sia stato proprio possibile per nessun appassionato di Star Trek o Superman essere in una posizione intermedia rispetto al film. Nel caso di Star Trek l'articolo di Silvio Sosio (10 motivi per cui Into Darkness non è Star Trek) per esempio ha dato la stura a una lunga sequenza di commenti sul forum di fantascienza.com, che definire infuocati è forse dire poco.

Vediamo un momento di fare un passo indietro e prima di andare alla ricerca delle ragioni che stanno alla base dei due progetti, ragioniamo sul concetto stesso di reboot.

Il reboot o la reinvenzione

Le storie con personaggi archetipici hanno la grossa potenzialità di essere narrate in ogni epoca, in modo reinventato e attualizzato al contesto del momento. È un processo in corso da migliaia di anni. Negli ultimi tempi è opinione diffusa che i reboot o le reinvenzioni siano sinonimo di mancanza di idee originali.

Mi permetto di non essere affatto d'accordo. Intanto perché ritengo che in pochi siano gli scrittori a realizzare veramente qualcosa di nuovo. Ossia ad aggiungere veramente idee nuove a concetti già enunciati. Una buona parte di scrittori, anche molto validi e apprezzabili, riesce abilmente a mescolare elementi esistenti. Ma l'idea nuova è un salto evolutivo di cui non tutti sono capaci.

Mi spiego con un esempio. H.G. Wells ha ufficialmente ideato la Macchina del Tempo. Nessuno ha dubbi. Nessuno prima di lui aveva ideato un congegno che mandasse le persone indietro e avanti nel tempo. Il suo romanzo è del 1895. Nessuno prima di lui aveva concepito il viaggio nel tempo? Basta compiere qualche ricerca per scoprire che Un Americano alla Corte di Re Artù di Mark Twain parlava di viaggi nel tempo, verso il passato, ed è un romanzo del 1889. La storia non giustifica bene il salto indietro del protagonista, ma poco importa. In realtà era più una satira sulla società del tempo che un vero romanzo fantastico. Ma anche Wells in fondo realizzò una versione allegorica e iperbolica delle divisioni in classi sociali del suo tempo. Ha solo usato una struttura narrativa diversa. 

Potremmo ancora andare a ritroso fino ad arrivare al primo, ma questo semplice esempio è già parte di un ragionamento che ci fa notare un processo che accade molto spesso nelle narrazioni. Ossia su un concetto già usato, il viaggio nel tempo, uno scrittore capace inserisce una nuova idea, una macchina che consenta di farlo. Wells non ha copiato Twain per mancanza di idee, tutt'altro, ma ha preso un concetto che è parte dell'immaginario ed è stato capace di fargli fare un salto evolutivo.

Dopo di lui la Macchina del Tempo è stata usata in narrativa, al cinema, nei fumetti etc. etc. Buoni autori sono stati capaci di aggiungere altro. Autori mediocri non sono stati capaci di usarla bene. Autori che stanno nella via di mezzo, come quelli che ho descritto prima, l'hanno usata senza tanta fantasia ma realizzando storie non innovative ma godibili. I geni non nascono ogni anno. Questo è un fatto di cui rendersi conto.

Una rappresentazione della Medea di Euripide
Una rappresentazione della Medea di Euripide

La storia di tutte le narrazioni, da quelle orali al teatro, passando per le arti figurative, non ultime cinema e fumetti, ha sempre visto, accanto alla produzione di storie originali o che sembrano tali, la rinarrazione di storie già esistenti. Diverse visioni alle quali ogni narratore ha aggiunto, nel bene e nel male, qualcosa di suo.

Da parte mia posso dire che considero normale che personaggi che sono ormai parte dell'immaginario vengano ciclicamente riproposti in nuove versioni, in nuove riletture.

Non è un processo cominciato in questo secolo. I miti dell'antichità ci sono arrivati in mille versioni diverse, tramite racconti orali, tragedie e commedie trascritte. Quante volte è stata rappresentata, interpretata, reinventata la Medea di Euripide?

E quante versioni dell'Amleto sono state rappresentate da quando, si presume nel 1602, questa tragedia è stata scritta?

Per non parlare delle innumerevoli versioni di Zorro o dei Tre Moschettieri, giusto per citare un paio di esempi dalla cultura popolare?

Io mi chiedo, realmente, perché questa operazione, legittima a teatro o nel fumetto, diventa disdicevole o scandalosa con il cinema?

Forse perché, qualcuno direbbe, basterebbe ri-proiettare i film originali, riportarli in sala, cosa che con una rappresentazione teatrale non possiamo fare.