Come hai scoperto l’interesse per il genere fantasy?

Il fantasy, così come molti altri generi letterari, ha quelle caratteristiche che generano curiosità nei giovani lettori; almeno io, da bambino ero affascinato da tutto quello che appariva “diverso”, che nascondeva misteri o che dalle copertine prometteva viaggi imperdibili con la fantasia. Poi sono cresciuto praticamente a pane e fumetti “esotici”, a sei anni già leggevo i supereroi della Marvel ed ero molto preso dalle storie come quelle del Doctor Strange, un mago più che un supereroe come altri. E poi leggevo una bellissima enciclopedia illustrata con molti articoli sulla mitologia dei popoli, soprattutto nordica e greca, che prima ancora dei romanzi di Salgari e Verne mi hanno fatto compagnia a lungo.

Da dove nasce l’idea del tuo racconto? C’è qualche episodio in particolare che ti ha influenzato?

Quando mi proposero di creare una nuova saga per la Delos Digital all’inizio non sapevo cosa scrivere. L’idea è venuta improvvisa, come mi capita spesso: ho guardato la Piramide Cestia mentre passavo là davanti in autobus e riflettevo sul cimitero antistante, conosciuto anche come cimitero degli artisti. E in un attimo ho “visto” alcune scene di una possibile storia ambientata in quei luoghi.

È cambiato il genere fantasy?

Se ti riferisci al fantasy di Tolkien, oppure a quello dei vari Burroughs, Howard o anche Sprague de Camp, in apparenza si potrebbe affermare che è cambiato. In realtà credo che ogni genere nel tempo abbia subito delle influenze “esterne”, con evoluzioni e creazioni di nuovi generi o sottogeneri. Premesso che il fantasy tradizionale continuerà a esistere e farà compagnia ai lettori di ogni età, ritengo che alla fine ciò che conta sono le storie che vengono raccontate e magari il modo in cui le si racconta.

Quale messaggio volevi trasmettere al pubblico con il tuo racconto?

Quando scrivo una storia, la prima cosa che mi interessa è prima di tutto la storia e non l’eventuale messaggio. Troppo spesso mi capita di leggere libri in cui appare evidente che l’autore aveva come obbiettivo primario il messaggio, con il risultato che la storia diventa l’aspetto secondario. Detto questo, io credo che ogni storia che meriti di essere raccontata, abbia di suo uno o più messaggi, altrimenti non ha senso raccontare quella storia. Per esempio, c’è un racconto sulla shoah che mi ha dato belle soddisfazioni, ma quando lo scrissi non pensavo al messaggio, era ovvio quale fosse, vista la storia. Allo stesso modo, quando ho scritto gli episodi per The Tube – exposed mi sono preoccupato di raccontare la storia che avevo in mente consapevole che il protagonista era già di suo un “messaggio” molto potente. Quindi, quando scrivo una storia non mi preoccupo del messaggio perché so già che apparirà evidente nel corso della narrazione, senza bisogno di dargli troppa enfasi, altrimenti si rischia di rovinare la storia. Perciò preferisco che il messaggio, anzi i messaggi, contenuti nella saga Figli della notte, li scopra il lettore, se avrà la bontà di concedere una chance alle avventure di Ionut e dei suoi amici.

Ci descrivi l’esperienza dell’editing?

Come ho già detto altrove mi trovo benissimo a lavorare con altri autori. Ma quando scrivo una storia tutta mia sono abituato da sempre a lavorarci da solo; non ho lettori né autori con i quali confrontarmi. Qualche volta chiedo un parere più che altro sulla storia in sé, per capire se può andar bene per una determinata occasione. In merito a questo primo episodio, su indicazione di Andrea, ho scambiato la lettura con l’amico Umberto Maggesi. Essendo entrambi dei lettori molto esperti abbiamo impiegato poco a scambiarci impressioni e simili. Anzi mi hai fatto ricordare che devo mandargli le mie considerazioni sul secondo episodio… meglio che mi sbrigo prima che pubblichi l’intervista…

Puoi descriverci l’esperienza di collaborazione con il curatore della collana fantasy della Delos?

E che ti devo dire? Conosco Andrea da molti anni, quando nessuno dei due era mai andato oltre una partecipazione o una vittoria a un concorso letterario sul web. In questi anni abbiamo fatto “merende” insieme, abbiamo scritto racconti insieme, siamo andati a premi letterari (e a cose meno piacevoli, ciao, Giò) insieme; guarda, se i miei capi nel mio lavoro fossero tutti come lui, al mattino altro che leoni e gazzelle… Scherzi a parte, so che le scelte di Andrea sugli autori da inserire in questo progetto sono state motivate esclusivamente dalla stima e dalla fiducia che lui ripone in ciascun prescelto, perciò io sono stato molto contento di averne fatto parte e speriamo che qualcuno dei lettori, a volte così prevenuti nei confronti degli autori italiani, provi almeno a fare un tentativo per vedere che succede: il progetto avviato da Franco Forte merita molto, secondo me, e dopo aver letto le storie di altri autori scelti, ho dedotto che la qualità è davvero alta e che le opere siano degne di essere considerate al pari di qualsiasi altro autore famoso.

Puoi anticiparci qualcosa del tuo racconto, senza troppi spoiler?

Il tempo dei sette, il primo episodio della saga Figli della notte, è ambientato come l’intera serie nella città di Roma, in un futuro distopico che vede la città eterna isolata dal resto del pianeta, decimato da un’epidemia globale. I discendenti dei sopravvissuti sono suddivisi in due fazioni. La prima fazione è formata dall’esercito dei Sauri, costituito da mutanti la cui mutazione è stata generata dagli effetti collaterali dell’antidoto utilizzato decenni prima per fermare l’epidemia; costoro tengono in schiavitù gli esseri umani e li sfruttano per i lavori nei campi e negli allevamenti, oppure per gli esperimenti genetici. La seconda fazione, molto inferiore in termini numerici, è costituita da alcune decine di bambini e giovani adulti che si nascondono in una zona compresa tra la Piramide Cestia e i palazzi circostanti l’antica stazione ferroviaria Ostiense. Il capo spirituale, unico anziano del gruppo, è un monaco orientale che si chiama Shou Tai Shi. È lui che ha creato nel tempo il gruppo dei ribelli, raccogliendo bambini tra i sopravvissuti e istruendoli nel combattimento e negli studi. Alcuni di questi bambini, conosciuti come “i sette”, sono dotati di poteri grazie ai quali, tra le altre cose, i ribelli riescono a nascondersi dai rastrellamenti dei soldati. I ribelli si muovono di notte alla ricerca di altri bambini in fuga e in questo episodio vedremo per l’appunto una missione nelle catacombe romane volta a salvare i fuggiaschi dagli artigli dei Sauri…

Progetti per il futuro?

Sto scrivendo il terzo episodio della saga, non ha ancora un titolo, mentre il secondo, che uscirà in aprile, si intitola Stelle cadenti, e colgo l’occasione per segnalare a coloro che hanno avuto modo di apprezzare in passato i miei componimenti in versi, come la filastrocca presente in Lacrime di drago, o i versi vincitori del premio OrroriNversi 2011 e 2012, di non perdere questo episodio, se ne vedranno delle belle… giuro…