E’ ormai tempo di tirare le fila e trarre le conclusioni sulla passata stagione cinematografica che è stata ricca di successi annunciati, belle sorprese e anche cocenti delusioni.

Rob Blackwelder, giovane ma accreditato critico statunitense, ha stilato due personalissime liste dei film da lui più apprezzati o più detestati.

In ambedue le classifiche compaiono diversi film fantasy di cui ci siamo a lungo occupati sulle pagine di Fantasy Magazine. Per questo motivo vogliamo sottoporvi i suoi pareri, senza interventi da parte nostra, così che possiate confrontarli con i vostri.

Incominciamo dai “migliori”:

Hero: incredibile arazzo storico intrecciato alle arti marziali, questo capolavoro politicamente complesso, strutturalmente discontinuo e incredibilmente fastoso fa impallidire al confronto persino La Tigre e il Dragone. Il regista Zhang Yimou immerge ogni capitolo del film in una magia monocromatica – un colore per ogni versione del racconto su un assassino mandato a uccidere il re unificatore della Cina nel III secolo a.C. Abbondano duelli sovrannaturali e gli effetti e le coreografie lasciano senza fiato.

Che Hero sia da considerare uno dei migliori film sulle arti marziali mai realizzati suona ironico poiché Zhang Yimou ha poi diretto anche La Foresta dei Pugnali Volanti, un pomposo melodramma kung-fu che ho messo sulla lista dei “peggiori”.

Kill Bill Volume 2: tutto ciò che al movimentato, coloratissimo e superficialmente violento Kill Bill: Volume 1 mancava in profondità e carattere è ripagato dieci volte nell’incredibile, acutissima conclusione dell’epica saga sulla vendetta di Quentin Tarantino. Ancora punteggiato da duelli all’arma bianca spettacolari e pieni di stile, Volume 2 intesse abilmente un vivido retroscena al continuo vagabondare di Uma Thurman lungo un sentiero disseminato di cadaveri fino alla porta del suo ex-capo che ne aveva ordinato l’assassinio. Tarantino riesce a portare il film fino a una lacerante complessità emotiva.

Spider-man 2: Toby Maguire incarna la fiducia gioiosa e un po’ incosciente di Spider-man e la dolcezza timida e goffa di Peter Parker in maniera così perfetta che in due soli film Spider-man è diventato il super-eroe dal volto umano più avvincente della storia del cinema. Nonostante il film sia a tratti esilarante e il perfido Doc Ock (Alfred Molina) sia un cattivo di tutto rispetto, questo sequel trova il suo punto di forza nel contrasto interiore di Peter, tra ciò che è in qualche modo costretto a fare (combattere il crimine strizzato in una tuta di spandex) e il suo amore segreto per Mary Jane (la talentuosa e irresistibile Kirsten Dunst). Sam Raimi, come al solito, infrange più regole di quante non ne rispetti e il risultato è un approfondimento privo di retorica e pieno di immaginazione e di humor, qualcosa che nessun altro super-eroe ha mai avuto a disposizione.

Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban: Harry Potter è cresciuto e così anche il suo franchise cinematografico. Sotto l’ala protettrice del nuovo regista Alfonso Cuarón, noto sia per i suoi film per bambini che per l’acuta e affettuosa commedia sessuale sui turbamenti dell’età Y Tu Mama También, il giovane mago è stato promosso dal mondo dei film per l’infanzia con un vivificante approfondimento del personaggio, un acuto senso dell’umorismo e momenti di genuini brividi che brillano di luce propria attraverso il massiccio impiego visivo di ottimi effetti speciali. Più vecchio, più consapevole e più indipendente, Harry è cresciuto fino a diventare un vero eroe con il cuore di un leone, per quanto trepidante e a volte spaventato, e questo è sicuramente il miglior film della serie realizzato finora.

Shaun of the Dead: un film che aspira a diventare un cult, la sua parossistica presa in giro dei classici sugli zombi e delle commedie romantiche delizia il pubblico con ammiccamenti esilaranti a tutti i cliché che lo hanno ispirato. Un godibilissimo prodotto a basso costo, stipato di ironici omaggi, singole battute dette al momento giusto e doppi sensi magnificamente portati da un cast eccezionalmente dotato per la commedia.

E questi erano i migliori, adesso diamo un’occhiata a quei film che il giovane Blackwelder non è riuscito proprio a digerire:

Van Helsing: la tragica epitome di quello che si può fare di sbagliato con 150 milioni di dollari, questa inutile, ridicola caccia al vampiro ambientata del XIX secolo non è altro che una ammasso di effetti speciali, una sfilata di ridicoli gadget e attori di incredibile fissità che masticano un dialogo farcito di frasi fatte e stantie. Malgrado sia stato ispirato (se di ispirazione si può parlare) a un personaggio di Dracula, lo scrittore-regista Stephen Sommers non si è preoccupato del benché minimo approfondimento del personaggio, preferendo un approccio ottundente e privo di stile.

Resident Evil: Apocalypse: In un epoca di rinato interesse nei confronti degli zombi che ha visto film come 28 Giorni Dopo o il divertentissimo Shaun of the Dead, l’inconsistenza totale di questo zoppicante sequel non si può che definire patetica. La star Milla Jovovich è tragicamente priva di personalità ma sempre pronta a mitragliare e a combattere a colpi di kung-fu ballonzolanti divoratori di carne umana saltando con una moto attraverso finestre senza alcuna apparente ragione.

I, Robot: Nel tentativo di trasformare la dirompente sfida intellettuale e morale della serie di storie di Isaac Asimov in un blockbuster estivo, il regista Alex Proyas l’ha privata del sia pur minimo barlume di intelligenza o originalità. Il film offre solo un Will Smith in un esecrabile cliché del poliziotto-eroe del futuro, appena divorziato e ribelle (con tanto di tenente pronto a privarlo del distintivo) che ha una teoria, cui nessuno crede, secondo la quale i robot domestici sono parte di una gigantesca cospirazione per dominare il mondo. Ehi, non è che i robot avranno scritto anche il copione?

La Foresta dei Pugnali Volanti: sebbene sia stato diretto dallo stesso uomo che c’è dietro Hero, forse il miglior film del genere mai prodotto, questo è un melodramma romantico, presuntuoso, ridondante e di cui non si vede mai la fine, a dimostrazione che il regista ha chiaramente perso qualsiasi senso di moderazione o autodisciplina. Ogni momento è stato portato a un tale inutile punto di finezza visiva da rasentare l’assurdità. Ogni briciolo di emozione sembra mirato all’istrionismo strappalacrime. Ogni duello è lento, lento, l-e-n-t-o fino a portare, dopo una parvenza di coinvolgimento iniziale a una vuota e protratta parodia di se stesso. Questo film sembra l’equivalente, sottotitolato, di un film d’azione alla Jerry Bruckheimer.

Il Fantasma dell’Opera: un’appariscente, puerile melodramma con canzoni così tonanti e addirittura oltre il melenso. Il regista Joel Shumacher è stato responsabile, in passato, di uno dei film d’azione più noiosi, rumorosi e pieni di cliché della storia di Hollywood, parliamo di Batman e Robin del 1977, e l’incontro con Lloyd Webber per realizzare questo film sembra proprio un matrimonio benedetto dall’inferno.

King Arthur: una costosissima versione della leggenda di Camelot sponsorizzata come “la verità mai narrata prima”, in realtà una versione dei fatti in cui Arthur è mortalmente noioso, Lancillotto ha una barba da hippy e Ginevra è una focosa guerriera mezza nuda e post-femminista. Un blockbuster soporifero, pieno di sangue tanto per farlo vietare ai più piccoli, sporcizia e spade che cozzano.