La grandezza di Il Grande Dio Pan di Arthur Machen è testimoniata dall'ancora attuale resistenza verso opere che mostrino il nostro mondo attraverso lo specchio deformante dell'interpretazione letteraria.

Perché questo è il romanzo breve di Machen: il racconto di un evento scatenante che apre le porte a mondi contigui al nostro, compenetrati. Mutatis mutandis per linguaggio, inquietudini e spunti di riflessione, siamo davanti a un'opera che potrebbe aver detto tutto su come descrivere gli orrori del mondo moderno.

Se H.P. Lovecraft, autore dell'introduzione contenuta nel volume, e Stephen King non nascondono la loro diretta ispirazione al modus operandi di Machen, non posso nascondervi che nella lettura ho provato gli stessi inquietanti brividi che mi hanno suscitato gli orrori di J.G. Ballard e Clive Barker.

Non sono analogie stilistiche, ciascuno scrittore è figlio del suo tempo, ma più che altro inerenti allo stesso grado di sensibilità verso gli orrori nascosti dietro le quinte della realtà.

La visione laterale di Machen si allarga, fino a diventare frontale, avvolgendo il lettore fino all'ultima pagina.

Va da sé che la lettura di un autore così lontano, anche se ancora vicino a noi, vada contestualizzata. In questo vengono in aiuto la già citata introduzione di Lovecraft, le note e gli appunti sulle fonti redatti dal traduttore e curatore del volume Alessandro Zabini, il saggio Il risveglio della selva di Susan Johnston Graf, l'antologia di citazioni e le postille finali. Se fosse l'edizione home video di un film classico della storia del cinema li definiremmo "i contenuti speciali". Tutto materiale che rende questa edizione non solo una importante lettura, ma anche una preziosa fonte di consultazione e ispirazione se è il caso.

Machen, fino troppo avanti per la sua epoca, realizzando la sua opera definitiva, come per tutte le opere seminali ha anche tracciato una via per una chiave interpretativa di ogni presente, mostrandoci dove guardare, lasciando alla nostra sensibilità la scelta del come.