Il Vostro Fedelissimo non ha nemmeno avuto tempo di riprendersi dal suo primo Stranimondi che è stato catapultato tra gli spalti del Teatro Tripcovich di Trieste per assistere alla sedicesima edizione del Trieste Science Plus Fiction Festival, il festival del film di fantascienza e del fantastico organizzato dalla Cappella Underground, che si è tenuto nel capoluogo giuliano dall’1 al 6 novembre 2016. Film di genere fantascientifico, horror e fantastico, conferenze, incontri e mostre audiovisive è stata l'offerta, che come ogni anno si è rivelata essere superiori alle forze del Vostro Fedelissimo. Non sono riuscito ad andare a vedere tante cose, e ho dovuto compiere delle scelte dolorosissime. Il mio quindi sarà, come sempre, un resoconto parziale e soggettivo.

Come scritto da Umberto Eco ne Il Nome della Rosa, mi avvedevo che non di rado i libri parlano dei libri, ovvero è come se si parlassero tra loro. Per i film visti durante il festival vale la stessa cosa. È possibile costruire un discorso sensato facendo dialogare i film con tematiche simili, anche se ovviamente dipende questo discorso dipende dall’osservatore.

Il Passato

Trieste ha ospitato un Festival Internazionale del Cinema di Fantascienza dal 1963 al 1982, con ospiti di tutto riguardo quali Arthur C. Clarke, Umberto Eco, Roger Corman e Brian Aldiss. La storia del genere fantastico è quindi tenuta in grande considerazione da noi triestini e in questa edizione in particolare ci sono state numerose occasioni per commemorare la storia della fantascienza.

La rassegna Sci-Fi Classix ha proposto dei classici quali Zombi di Romero, Ikarie XB-1 di Jindrich Polák, Per Aspera Ad Astra di Ričard Viktorov e Solaris di Tarkovskij, mentre la sezione Fant'Italia ha proposto dei classici italiani quali Il Figlio Di Dracula e Baba Yaga di Corrado Farina, La Casa Dalle Finestre Che Ridono di Pupi Avati, Terrore Nello Spazio di Mario Bava e Il Gatto A Nove Code di Dario Argento, presente alla manifestazione.

Rutger Hauer
Rutger Hauer

Il Premio Urania alla Carriera è andato a Rutger Hauer, che in Blade Runner ha interpretato l'androide Roy Betty, e ha recitato il celebre monologo, che il Vostro Fedelissimo ripropone qui, senza nascondere la lacrima di commozione che gli scende ogni volta che lo legge: Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi: navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire.

Per il solo aver concepito una frase del genere Mr. Hauer merita il Premio. La frase infatti (ripetiamo per chi non lo sapesse) non era presente nel libro di Philip K. Dick, e non era nemmeno presente nella sceneggiatura originale: il buon Rutger riscrisse il monologo e lo recitò a sorpresa.

Oltre che per il suo ruolo in Blade Runner (anche se a dir il vero basterebbe quello), Rutger Hauer ha recitato in quasi un'ottantina di film, tra i quali ricordiamo Soldier Of Orange, Hobo With A Shotgun, La leggende dal santo bevitore, Ladyhawke, Fatherland e Batman Begins.

For The Love of Spock
For The Love of Spock

Nel corso di questa edizione sono stati festeggiati due anniversari importanti per gli appassionati di fantascienza. Per i 50 anni di Star Trek è stato proiettato in anteprima italiana il documentario For The Love of Spock, diretto dal figlio di Leonard Nimoy, Adam, presente assieme all'attrice Terry Farrell, che ha interpretato Jadzia Dax in Star Trek: Deep Space Nine. Il documentario ripercorre la vita di Leonard Nimoy, parlando della sua vita lavorativa e di quella personale, nei rapporti con la famiglia e i fan. Adam Nimoy aveva iniziato a lavorare al documentario assieme al padre, prima che questi venisse meno nel febbraio 2015. È un racconto dolcissimo dal quale traspare tutto l'amore del figlio per il padre; è interessante per come la vita "pubblica" e lavorativa di una celebrità si intrecci con quella personale e privata di padre di famiglia. Se saremo fortunati verrà forse distribuito in Italia in DVD o in streaming, e speriamo che cioè avvenga perché il Vostro Fedelissimo ne consiglia la visione, e non solo agli appassionati di Star Trek.

<i>La mostra su Nathan Never.</i>
La mostra su Nathan Never.

L'altro anniversario festeggiato è stato quello per i 25 anni di Nathan Never, fumetto italiano di fantascienza edito dalla Sergio Bonelli Editore. La mostra presentava tavole originali della serie ed è stata coronata con una conferenza alla quale erano presenti Bepi Vigna, uno dei creatori della serie (assieme a Michele Medda e Antonio Serra), Glauco Guardigli, curatore della testata, e i disegnatori Mario Alberti, Romeo Toffanetti e Sergio Giardo.

La conferenza su Nathan Never. Da sinistra a destra:  Sergio Giardo, Bepi Vigna,  Glauco Guardigli, Romeo Toffanetti,  Mario Alberti e il moderatore Luca Luisa
La conferenza su Nathan Never. Da sinistra a destra:  Sergio Giardo, Bepi Vigna,  Glauco Guardigli, Romeo Toffanetti,  Mario Alberti e il moderatore Luca Luisa

Il Vostro Fedelissimo è sempre stato un grande appassionato di Nathan Never, partecipa attivamente al suo forum di discussione online e sta scrivendo la cronologia dell'universo narrativo dell'Agente Speciale Alfa. Ammetto quindi essere un tantino di parte. Forse ci metto troppa passione, visto che a un certo punto il curatore ha chiesto a gran voce durante la conferenza: "C'è Lorenzo in sala?".

Il discorso portato avanti dagli ospiti è stato interessante. Nathan Never è ambientato nel futuro, e nei primi anni di vita l'immaginario visivo proposto era quello facente riferimento al cyberpunk degli anni '80, Blade Runner sopra tutti, ovviamente. Ma negli ultimi 25 anni la tecnologia che usiamo ogni giorno è cambiata, cambiando nel tempo la visione stessa del futuro. Nei primi albi (ambientati 178 anni nel futuro) vediamo schermi a tubi catodici e cabine telefoniche, cose già adesso obsolete. Bepi Vigna spiega questo tirando in ballo Il Continuum di Gernsback, il racconto di William Gibson dove il protagonista finisce in un universo parallelo rappresentante quello che negli anni '40 e ‘50 si sarebbe aspettato essere il futuro.

Allo stesso modo, l'universo di Nathan Never è un futuro alternativo, evolutosi a partire dagli anni '80 e mai realmente successo, un “fantasma semiotico” a usare il termine di Gibson, dove i fantasmi semiotici sono simboli di una realtà alternativa, oggetti e macchine fantastiche provenienti da un possibile futuro mai realizzatosi (grazie wikipedia).

Pulp Magazine Story
Pulp Magazine Story

Un'altra rassegna, Pulp Magazine Story, si ricollegava con la storia della fantascienza proponendo in mostra le prime riviste pulp, in presti dalla collezione di Riccardo Valla (1942-2013). È stato un tuffo nel passato vedere astronaute in bikini, razzi spaziali alla Flash Gordon e robot dalle forme assurde, un immaginario che ha ispirato il Continuum di Gernsback.

Embers
Embers
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Il passato e la sua importanza si vedeva in alcuni film visti durante la rassegna. In Embers abbiamo la rappresentazione di un'umanità che deve sopravvivere di giorno in giorno attraverso continue amnesie. Sono storie di amori che si lasciano e si trovano, di disadattati e di relazioni famigliari. La trama potrebbe sembrare noiosa a prima vista, ma le storie vengono narrate con una tale tocco e leggerezza che catturano, lasciando allo spettatore il desiderio di vedere come continuerebbero.

Sum of Histories
Sum of Histories

Sum of Histories racconta la storia di due scienziati che inventano un modo per mandare email nel passato. La fantascienza qui viene usata per raccontare una storia d'amore, o meglio tante possibili storie d'amore.

La Rage Du Demon è un finto documentario su una misteriosa pellicola, attribuita a George Méliès, capace di portare alla pazzia e alla violenza chiunque la guardi. I presupposti avrebbero potuto essere quelli per un buon horror con radici storiche o addirittura steampunk, ma alla fine lascia un po' freddini e rimane un filmetto carino per ricordare il contributo di Méliès al cinema.

E tanto per restare in tema, l’ombra di George Méliès compare anche nella pellicola di Luigi Cozzi Blood on Méliès’s Moon: l’inventore Louis Le Prince, dopo aver brevettato una macchina per filmare le immagini in movimento e proiettarle su uno schermo, scompare in circostanze misteriose: il film parla di questa scomparsa e non mancano maghi e porte su altri mondi.

Retrogaming

Il Vostro Fedelissimo mentre gioca a Doom 2.
Il Vostro Fedelissimo mentre gioca a Doom 2.

E un bel tuffo nel passato, questa volta nella storia dei videgiochi, ce lo ha fatto fare la mostra Play It Again: (R)evolution. Il Vostro Fedelissimo è un grande appassionato di videogiochi, e ha passato molto tempo a giocare a vecchi classici quali Metal Slug, Duck Hunter, Teenage Mutant Ninja Turtles (quello arcade), Soul Calibur 2, Bomberman, Super Mario Kart e E.T. (proprio lui, il videogioco maledetto) e anche qualche titolo più recente come Halo 3 e Journey. Poi c'era la Sacra Trinità ovvero Doom, Duke Nukem 3D e Quake, e il Vostro Fedelissimo si è quasi commosso a rigiocarli. Quasi. C'erano troppi mostri da uccidere.

Virtual Revolution
Virtual Revolution
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Mi piace collegare la mostra sui videogiochi con due film proiettati nell'ambito del festival. Il primo è Virtual Revolution, film cyberpunk del francese Guy-Roger Duvert, che si immagina un 2047 dove tre quarti della popolazione del mondo passa la propria vita collegata in realtà virtuale a giocare a MMORPG. Il protagonista Nash deve trovare e eliminare una cellula di terroristi che uccidono sul serio i giocatori. È interessante perché non prende una posizione pro o contro i videogiochi, ma cerca di rappresentare il fenomeno sotto diversi punti di vista (sociale, personale, etc…).

L'altro film a tema ludico è Ludo, degli indiani Nikon e Q. Una coppia di vampiri usa un antico gioco indiano (da cui ho scoperto è derivato il nostro Non T'Arrabbiare) per scegliere le proprie vittime e restare immortali. È un film horror per niente facile che si trascina di scena splatter in scena splatter, e proprio quando sempre tutto finito, ricomincia con la narrazione dell'origine dei due vampiri in tempi antichi. 

Retrogaming e il discorso sul passato mi fanno pensare che molto spesso non è la carrozzeria che conta, non l'estetica esterna, ma il motore interno (narrativo o di gioco) che riesce a fare la differenza.

Horror

Non sono mancati ottimi film horror. I due che hanno spaventato di più il Vostro Fedelissimo sono stati I Am Not A Serial Killer di Billy O'Brien e Under The Shadow di Babak Anvari.

 I Am Not A Serial Killer
 I Am Not A Serial Killer

Il primo, tratto da un romanzo di Dan Wells, è una strana storia dove il protagonista è un adolescente sociopatico sull'orlo di diventare un serial killer e seguito attentamente dallo psicanalista, che si scontra contro un mostro che uccide le sue vittime per poter continuare a restare in vita a fianco della donna che ama. È un film giocato sui contrasti giovinezza/vecchiaia, amore/freddezza, sanità/pazzia dove la parte da leone la fa senza dubbio il vecchio mostro interpretato da Christopher Lloyd (il Doc di Ritorno al Futuro), ma dove anche l'ambientazione, un Minnesota trasandato e innevato, gioca un ruolo determinante nel successo della pellicola.

Under the Shadow è ambientato in Iran durante la guerra contro l'Iraq degli anni '80. Una donna resta sola in casa con la figlia e qualcos'altro, un jinn malvagio. Ci sono i classici e immancabili momenti che hanno fatto saltare sulla sedia tutta la sala (e causato un infarto al Vostro Fedelissimo) ma molto si gioca anche sulla psicologia della protagonista, in un crescendo che somma problemi famigliari, la minaccia dei bombardamenti, frustrazioni personali e creature soprannaturali male intenzionate.

Alienween
Alienween

Il Vostro Fedelissimo si è affezionato ad Alienween, dell'italiano Federico Sfascia. Il produttore ha incarico il regista di fare un film che rispetti tre semplici parametri: alieni, Halloween e gente che muore sciogliendosi. Con soli 6000 euro e incredibili problemi di produzione, Federico Sfascia se ne è venuto fuori con una pellicola delirante, un horror fisico di mutazioni e liquefazioni contaminato da humor nero, ma nella quale comunque trovano spazio i sentimenti e i personaggi, con i loro segreti e i loro rimorsi.

Zombi

Mettiamo gli zombi in una categoria a parte perché, a dispetto di chi pensa che siano solo una moda passeggera, i numerosi film di zombi visti quest'anno lasciano supporre che i non-morti siano qui per restare.

Train to Busan
Train to Busan

Tra i film di zombi segnaliamo Attack of the Lederhosen-zombies di Dominik Harti, Almost Dead di Giorgio Bruno, e ben due film di YEON Sang-ho, instancabile coreano che gira tre o quattro film all'anno: Train to Busan e Seoul Station, quest'ultimo di animazione.

Escono dalle fottute pareti

Non sono mancati film più "fraccassoni". Perché sì, il passato, il futuro etc… ma sparare ai cattivi ogni tanto ci vuole.

Iniziamo con Morgan, di Luke Scott, figlio del regista Ridley Scott. Nel film la protagonista Lee Weathers viene mandata in un laboratorio segreto a investigare su un incidente. Oggetto delle ricerche segrete è un organismo umano artificiale, Morgan, tanto misteriosa quanto letale.

In Kill Command di Steve Gomez (il mago degli effetti speciali dietro "Io e i miei parassiti") un gruppo di marines è preso di mira da dei robot da guerra, e così quello che si pensava essere una semplice esercitazione diventa un massacro.

Terraformars
Terraformars

Terraformars, di Takashi Miike, è un filmone giapponese, tratto da una serie manga, dove soldati potenziati con DNA di insetti combattono contro blatte umanoidi su Marte. E se questa descrizione non vi ha fatto venire voglia di vederlo, allora avete veramente dei gusti difficili.

Daemonium
Daemonium

Ricordo qui anche Daemonium: Soldado Del Inframundo, di Pablo Parés, un film argentino che nasce da una serie web prodotta in maniera indipendente, che a sua volta è tratta da un cortometraggio. Parla di un mondo nel quale si fronteggiano cyborg, supereroi e demoni dell'inferno, con un'estetica tra lo steampunk e Mad Max.

Premiazioni

Tanti bei film, ma alla fine si deve decidere un vincitore. Anche più d'uno, visto che in questa edizione sono stati assegnati ben otto premi.

Il Premio Asteroide, assegnato al Miglior Lungometraggio di Fantascienza in Concorso, è andato a Embers di Claire Carré.

È un film che porta la fantascienza e il fantastico in una nuova direzione. Che pone, pur non volendo fornire risposte ad ogni costo, domande su chi siamo come individui, famiglia, amici e amanti. Su come un solo istante possa bastare a farci comprendere il nostro essere umani. Questo film è un’allegoria senza tempo sul comportamento umano, sull’intensità delle emozioni e sull’incognita del futuro.

Questa la motivazione, condivisibile, della Giuria, formata dal giornalista e critico cinematografico Mauro Gervasini, dalla programmatrice del London FrighFest Shelagh Rowan-Legg e da Pedro Souto, Direttore di MOTELX – Lisbon International Horror Film Festival.

Il Méliès d'Argento al Miglior Lungometraggio Fantastico Europeo è andato a Sum Of Histories di Lukas Bossuyt. La giuria, composta dalla sceneggiatrice Isabella Aguilar, dal regista Fabrizio Roy Bava e dal documentarista e autore televisivo Carlo Modesti Pauer, ha motivato così questa assegnazione:

per aver realizzato, secondo la migliore tradizione del genere, un avvincente intreccio tra le vite dei protagonisti e il tema fantascientifico dell’alterazione della linea temporale, introducendo un’intrigante rilettura delle ultime scoperte nell’ambito della fisica quantistica.

Il Méliès d'Argento per il Miglior Lungometraggio Fantastico Europeo è andato al bulgaro Getting Fat In A Healthy Way di Kevork Aslanyan. Questo premio è stato assegnato dal pubblico, e il Vostro Fedelissimo vi garantisce di non aver avuto dubbi a votarlo. Parla di una catastrofe a causa della quale la gravità è minore di quella attuale. Il protagonista, mingherlino, deve rimanere chiuso in casa per evitare di volare via come già successo a sua madre. Ma quando si innamora di una corpulenta ragazza, decide di ingrassare per raggiungerla. Tenerissimo.

La redazione di Nocturno, la nota rivista di critica cinematografica, ha assegnato il Premio Nocturno Nuove Visioni a I Am Not A Serial Killer di Billy O'Brien, per l’insolita combinazione di humour nero, horror e romanzo di formazione, e per la capacità di far convivere i Mostri della porta accanto con i nostri Mostri interiori.

Il Premio della Critica Web, assegnato in questa edizione per la prima volta in collaborazione con le testate BadTaste, Cineblog, CineClandestino, CineLapsus, Long Take, Quinlan e Sentieri Selvaggi, è andato a Under the Shadow di Babal Anvari, già candidata agli Oscar 2017 come Miglior Film Straniero per la Gran Bretagna.

Moonwalkers
Moonwalkers

Il Premio del Pubblico è andato a Moonwalkers di Antoine Bardau-Jacquet, spassoso e demenziale film che parla della realizzazione da parte di un agente della CIA delle riprese di un falso allunaggio, negli anni ‘60.

Infine il Premio Cinelab, assegnato in collaborazione con il DAMS – Discipline delle arti della musica e dello spettacolo, Corso di studi interateneo Università degli Studi di Udine e Università di Trieste, è andato al cortometraggio della sezione Spazio Italia Djinn Tonic di Domenico Guidetti, in quanto dimostra le potenzialità delle produzioni italiane, ed è capace di esporre, tramite un concetto semplice, la più profonda mutabilità delle pulsioni umane Nota di Merito al lungometraggio Monolith, firmato da Ivan Silvestrini, per la grande capacità di dimostrare l’alto livello che può raggiungere una produzione italiana.

Nessuno si arrabbierà se anche il Vostro Fedelissimo assegna, nel suo piccolo, al lungo- e corto- metraggi preferiti un premio ideale. Ho escluso quelli già premiati, perché, appunto, hanno già vinto qualcosa.

E la scelta va quindi su Train To Busan, perché non solo è un buon film di zombie, questa volta ambientato su un treno in corsa, ma riesce a essere anche una storia sentimentale di amore paterno e responsabilità verso il prossimo.

Tra i corti invece segnalo Inner Land di Vivian Papageorgiou e White Collar di Natalia Lampropoulou. Il primo parla di una maestra assunta in una strana scuola elementare. Il secondo ci mostra un futuro distopico dove la selezione del personale per le assunzioni viene fatta tramite roulette russa. Entrambi sono molto negativi ma anche fanno riflettere sul mondo del lavoro. Non è un caso che siano entrambi greci, vero?

La Cappella Underground è nata a Trieste nel 1968 come galleria d’arte nata in una cappella sconsacrata (da cui il nome). Nel corso degli anni si è orientata alle arti audiovisive e ha collaborato negli anni ‘70 con l’allora Festival del Film di Fantascienza. Nel 2000 ha deciso di riprendere la tradizione di un festival del cinema fantastico a Trieste organizzando il Trieste Science+Fiction. Il Vostro Fedelissimo lo segue regolarmente e assiduamente dal 2005, e non è mai rimasto deluso dall’offerta di pellicole ed eventi.

In attesa dell’edizione del prossimo anno, il Vostro Fedelissimo vuole ringraziare l’organizzazione del Festival e i volontari della Cappella Underground che con il loro lavoro permettono ogni anno di fare il punto del cinema fantastico mondiale, regalando sogni e storie impensabili.