Andre Davis è un detective dal grilletto facile. Rimasto orfano di padre ancora bambino, fa il poliziotto per seguire le orme del genitore che vede come il suo eroe per integrità e senso del dovere. Per questo Davis non si fa troppi problemi a fare fuori i cattivi, perché sente, senza alcun rimorso, di seguire la strada dei giusti. Quando una squadra di poliziotti viene fatta fuori da due rapinatori di cocaina, tutti fanno affidamento su Davis per vendicare i propri compagni. Affiancato dal detective della narcotici Frankie Burns, l’uomo però inizia a sentire puzza di bruciato. Deciso a bloccare i due mal viventi prima che lascino Manhattan, Davis chiude tutti i collegamenti dell’isola e si lancia all’inseguimento dei rapinatori in una corsa mozzafiato contro il tempo.

Chadwick Boseman veste perfettamente i panni del poliziotto tutto d’un pezzo forse meglio di quelli di Black Panther, in una pellicola che ricorda un po’ il blaxploitation (tantissimi gli attori afroamericani) e il classico crime. Dietro la macchina da presa l’irlandese Brian Kirk, a suo attivo parecchie serie tv, ma a saltare all’occhio sono soprattutto i produttori, quei fratelli Russo che hanno diretto gli ultimi due capitoli degli Avengers, Infinity War e Endgame. Ne esce un film decisamente più interessante del prodotto medio, nonostante dove la storia vada a parare lo si capisce dopo pochi minuti. Chi è alla ricerca dell’originalità non la troverà in City of Crime che ripercorre praticamente tutti gli archetipi del poliziesco urbano, dall’inseguimento in metropolitana, alla descrizione della sottile linea morale che divide i poliziotti buoni da quelli corrotti.

A funzionare sono invece gli attori, primo tra tutti il già citato Chadwick Boseman, ma anche la sua spalla Sienna Miller nei panni della dimessa detective della narcotici e Stephan James, uno dei due rapinatori. E funziona anche il ritmo, soprattutto nella prima parte, con l’incalzante ricerca della polizia sempre alle calcagna dei malviventi. Anche la sceneggiatura non è male, con dialoghi ridotti all’osso e, alla fin fine, funzionali per quello che vuole dire il film che si arena un po’ sulla sequenza finale, lunga e non necessaria.