Impossibile resistere al fascino delle navi spaziali. Che sia per il loro design o per le storie ricamate intorno a loro, molti di noi hanno sognato almeno una volta di volare a bordo di queste macchine straordinarie. Ne hanno parlato a Lucca Comics & Games gli autori del libro Astronavi. Le storie dei vascelli spaziali nella narrativa e nel cinema di fantascienza pubblicato da Odoya, Michele Tetro e Roberto Azzara, insieme all’illustratore Franco Brambilla e moderati dal preparatissimo giornalista e divulgatore Emilio Cozzi.

Michele Tetro ha esordito con il rapporto tra fantascienza e spazio, ricordando che il genere Science fiction ha iniziato a prendere realmente forma intorno al 1920 anche se ricorreva già da tempo, periodo in cui il tema di viaggiare nello spazio era molto in auge. Prima di trasformarsi in Space opera negli anni Trenta e Quaranta si ipotizzava il viaggio verso lo spazio attraverso metodi piuttosto bizzarri, come su carri trainati da cavalli alati, anatre legate ad aquiloni e ampolle vaporose legate alla cintura che permettevano di volare. Oppure si viaggiava su Marte e Venere con un’astronave costruita in cantina, si incontravano popoli dalla pelle giallastra e la cultura medievaleggiante e si combattevano con pistole a raggi e spade.

La fantascienza di Jules Verne era, invece, con tutti i suoi limiti, tendente al tecnologico. Si veda il sottomarino Nautilus di 20.000 leghe sotto i mari o il proiettile di Dalla Terra alla Luna. H. G. Wells invece puntava molto di più sull’aspetto avventuroso.

Il viaggio nello spazio come esperienza esistenziale

Ora che abbiamo una percezione diversa e molti hanno già fatto l’esperienza di superare l’atmosfera terrestre, nonché raggiungere realmente la Luna, sappiamo che andare nello spazio non solo non è semplice come tanta narrativa di fantascienza ha raccontato, ma addirittura cambia le persone psicologicamente e filosoficamente. Abbandonare il proprio pianeta comporta un cambiamento esistenziale. È stato Lovecraft a riflettere sul mistero dello spazio. Lo spazio è ostile, immenso, che fa paura. Grazie a lui è cambiata la fantascienza, non solo a livello tecnologico, ma anche spirituale.

Il 16 luglio 1969 il quotidiano Il giorno titolava: Addio, Fantascienza quando partì la missione Apollo 11, la prima a portare gli astronauti sulla Luna. Sembrava che la conquista del nostro satellite avrebbe comportato la fine del genere. Invece, come Arthur C. Clarke aveva già ipotizzato all'epoca, dopo aver raggiunto questo traguardo reale la fantascienza è così malleabile da esplorare nuovi orizzonti.

Addio Fantascienza! ∂  Fantascienza.com

Addio Fantascienza! ∂ Fantascienza.com

Articolo di Carmine Treanni
Fantascienza.com

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Inoltre, ha ricordato Cozzi, il fondatore di Atari Nolan Bushnell disse che la fantascienza prima o poi si realizza, magari dopo tanti anni, ma ciò che viene immaginato diventerà concreto.

Sul termine Astronavi

Come ben argomentato nel capitolo introduttivo del libro, Azzara ha affermato che non ci sono ancora le “astronavi” in senso stretto, perché questo termine andrebbe usato per mezzi che ci permettono di abbandonare il nostro pianeta e che ci fornisca sussistenza per viaggiare a lungo nello spazio e raggiungere un altro pianeta. Per la precisione quello che abbiamo a disposizione ora sono veicoli spaziali. Ecco perché la fantascienza ci affascina: ci fa volare lontano, ci si può scatenare con la fantasia, purché si resti coerenti e credibili.

Cosa rappresenta l'astronave?

L'astronave è un piccolo ambiente che ricrea la Terra con ossigeno e gravità che permette di sopravvivere in uno spazio peggio che inospitale. Michele Tetro con uno slancio di romanticismo l'ha definita come Una goccia vitale in un immenso oceano che fa di tutto per ucciderti, anche se in maniera del tutto indifferente. È la tua anima riflessa, anche se d'acciaio.

Secondo Roberto Azzara è un mezzo per sognare, per raggiungere altri mondi, è il concetto di viaggio e avventura. L'aspetto tecnologico e pratico di sopravvivenza in un ambiente ostile è arrivato più avanti. A lui piace l'aspetto più romantico e semplice raccontato da Verne e Wells.

Illustrazioni tratte dall'edizione del 1872 di Dalla Terra alla Luna di Jules Verne. (Opera di pubblico dominio)
Illustrazioni tratte dall'edizione del 1872 di Dalla Terra alla Luna di Jules Verne. (Opera di pubblico dominio)

Dall’immaginazione alla visualizzazione, l’approccio di Franco Brambilla

Franco Brambilla ha precisato che la propria arte ed esperienza arriva dopo l’idea dello scrittore, perché deve mettere in forma quello che lui ha immaginato. Ci sono autori già appassionati di astronautica e gli fornisce addirittura schemi tecnici. L'illustratore però deve riuscire a far scattare la curiosità nel lettore attraverso i propri disegni. Dare loro vita, oltre alla credibilità tecnica. Occorre fare un compromesso tra la complessità e la fantasia, per ottenere un risultato che sia funzionale al mondo narrato. Ci sono alcune domande alle quali rispondere: in quale epoca è ambientata la storia? Chi sono i viaggiatori? Quale cultura c’è alla base?

Prima che disegnatore Brambilla è un appassionato lettore del genere e ha ammesso di non sopportare quando la copertina non raffigura ciò che poi è presente nel libro, così lui cerca sempre di documentarsi al meglio, talvolta interpellando direttamente l'autore.

La copertina per l'edizione Urania de Il viaggio di Tuf di George R.R. Martin disegnata da Franco Brambilla. (Su concessione dell'autore))
La copertina per l'edizione Urania de Il viaggio di Tuf di George R.R. Martin disegnata da Franco Brambilla. (Su concessione dell'autore))

Negli anni Settanta e Ottanta c'è stato il boom della definizione artistica di ambientazioni e astronavi grazie al cinema, con Alien, Blade Runner, Star Wars, Star Trek che è arrivato sul grande schermo dopo anni di assenza in TV. Adesso molta fantascienza passa dalle serie e anche lì si trovano molte belle astronavi, senza togliere all'interesse sempre attuale nella letteratura, come lo dimostrano le settanta candeline spente ques'anno da Urania.

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Quindi ha assistito all'evoluzione e alla continua ricerca di realismo visivo per queste navi. Ora che il pubblico si è abituato all'alta definizione occorre mantenere sempre un livello alto, nonostante quelle di una volta abbiano ancora un grande fascino. A proposito di questo, Franco ha raccontato che è sempre stato affascinato dalle astronavi di Guerre Stellari, perché i modelli erano composti da pezzi di modellini di aerei, camion e navi combinati per ottenere il design che conosciamo oggi. Anche lui si diverte a mescolare così gli elementi lavorando con il 3D.

La sfida nel disegnare un'astronave è quella di riuscire a renderla interessante. Il suo lavoro compare sulla prima cosa che il lettore vedrà, ovvero la copertina, perciò deve riuscire a colpirlo positivamente, trovando il miglior punto di vista e le luci più adatte per trasmettere la giusta emozione e suscitare abbastanza curiosità. Se lo scrittore non gli rilascia abbastanza informazioni, allora cerca di rendere la scene più realistica possibile e vissuta, coinvolgendo emotivamente anche il lettore. Spesso infatti inserisce almeno un personaggio che osserva la scena insieme a chi guarda, per renderlo partecipe.

La solitudine e l’immensità dello spazio mostrati al cinema

Nel romanzo di 2001 Odissea nello spazio c'è una scena che non è presente nel film, ovvero la sensazione dell'astronauta superstite, solo, in un'astronave enorme e vuota, di conoscerla in ogni sua parte, anche attraverso i rumori e i ronzii, in un rapporto quasi simbiotico. Le distanze spaziali, nonostante vengano quantificate numericamente in milioni di chilometri o anni luce, sono al di sopra della nostra immaginazione, così ci vuole il giusto escamotage per far percepire realmente l'angoscia della solitudine.

Un fotogramma tratto da 2001: Odissea nello spazio (1968).
Un fotogramma tratto da 2001: Odissea nello spazio (1968).

Quando ci si rende conto dell'immensità del vuoto che ci circonda, allora emerge l'orrore. Non quello dei romanzi del terrore, ha precisato Tetro, ma l'horror vacui, la paura del vuoto. L'astronave diventa quindi una protezione, l'unica fonte di sussistenza, un po' come una madre.

Quando la sicurezza viene meno e l'ambiente che dovrebbe proteggerti si trasforma in un luogo da incubo non si può ignorare Alien del 1979, dove l'astronave che dovrebbe offrire sostegno agli astronauti si rivela in realtà una prigione intricata. Il set stesso, infatti, venne realizzato a grandezza naturale con tutte le aree collegate fra loro, così da far sentire anche agli attori la sensazione di claustrofobia perché nemmeno loro riuscivano a uscirne e si sentivano realmente intrappolati.

La più piccola astronave possibile

Ma qual è la più piccola astronave? La tuta spaziale. Offre un supporto vitale minimo ma indispensabile per la sopravvivenza nello spazio. Quando si sono mostrate nelle missioni spaziali reali hanno cominciato a renderle più credibili anche nella fantascienza. Pur sfociando nella fantasia, il loro aspetto deve rimanere sempre adeguato all’utilizzo: serve per una passeggiata spaziale? Oppure per fare manutenzione extra veicolare? Per ogni bisogno sarà più o meno complessa.

Astronavi preferite

Per Michele Tetro è l’Aquila di Spazio 1999, perché è funzionale, adatta per moltissimi scopi e credibile nonché identificativa della serie. Se il sogno dell’esplorazione spaziale non si fosse interrotto dopo il programma Apollo per tornare solo recentemente, probabilmente avremmo davvero dei veicoli come l’Aquila che permette viaggi più lontani rispetto all’orbita terrestre. Lo Shuttle era ciò che si avvicinava di più, ma serviva principalmente come collegamento con la Stazione Spaziale Internazionale. Ora avremmo bisogno proprio di basi lunari come passo intermedio per andare ancora oltre.

Per Franco Brambilla la decisione è difficile, ma di certo lo affascina il Tardis di Doctor Who. Un’astronave/macchina del tempo dall’aspetto di una cabina telefonica blu della polizia, ma all’interno immensa.

Roberto Azzara invece è convinto e punta sulla Discovery di 2001 Odissea nello spazio per la sua eleganza e funzionalità. È rimasto particolarmente colpito dal sistema di gravità artificiale.

Un’ora di incontro è letteralmente volata via grazie alla passione e all’entusiasmo di tutti i partecipanti, che hanno snocciolato aneddoti tecnici e sensazioni proprie, facendo riflettere il pubblico tanto sulla bellezza di queste macchine che tanto stuzzicano la nostra fantasia quanto all’aspetto più intimo e misterioso del rapporto tra uomo e spazio, in distanze di spazio e tempo che probabilmente non siamo ancora riusciti nemmeno a immaginare realmente.