Otto Anderson è un uomo abituato a fare le cose a modo suo. Ha passato tutta la vita a fare la ronda la mattina, nella strada privata dove abita per controllare che tutto sia in ordine. Se la spazzatura non è differenziata in modo corretto ci pensa lui a farlo, se delle macchine transitano senza permesso rimprovera i conducenti ma, soprattutto, disprezza le nuove costruzioni che stanno soffocando il suo quartiere. Ma Otto non è un uomo che fa le cose per la comunità quanto per colmare con l’ordine e il rigore, l’immenso vuoto che ha lasciato la recente morte della moglie. Dopo essere andato in pensione e aver disdetto tutte le bollette telefoniche lottando fino alla restituzione dell’ultimo penny, decide che è arrivato il momento di lasciare questo mondo e ricongiungersi con la sua amata. Però, proprio quando si è deciso a fare l’estremo gesto, nel vialetto di fronte a casa compare una chiassosa famiglia in procinto di trasferirsi. Otto suo malgrado viene travolto nella vita dell’esuberante Marisol, incinta e già madre di due bambine e dell’imbranato marito, riscoprendo grazie a loro anche gli altri vicini di casa da tempo ignorati.

Non così vicino di Marc Forster è il remake del film svedese A Man Called Ove, tratto a sua volta dal romanzo omonimo del 2012 di Fredrik Backman. È facile capire fin dai primi minuti quale sia lo scopo di una pellicola come questa: mixare commedia e dramma e portare lo spettatore a provare empatia per i personaggi, impresa in cui riesce perfettamente. Forster, grazie anche a una storia di partenza in cui c’è già tutto, riesce a mantenere il perfetto equilibrio, switchando in continuazione dal sorriso alla lacrima, riuscendo a non perdere mai la coerenza narrativa. Fondamentale in tal senso il contributo di Tom Hanks, l’uomo qualunque la cui senilità da vedovo amareggiato riesce a non scivolare nel patetico, pur in una storia che rischia spesso di esserlo. Vicini bizzarri, chihuahua chiassosi, gatti da adottare, colossi che vogliono espropriare le case di anziani ammalati, famiglie da mulino bianco, questo è il mondo di Non così vicino.

Quale sia poi la morale del film com’è giusto che sia si sposa con i tempi attuali: nessuno può farcela da solo e la comunità è una risorsa. La sceneggiatura è costellata di salti temporali dove viene raccontata la bellissima storia d’amore tra Otto e la moglie Sonya, e il presente in cui il vedovo riesce a ritrovare lo scopo di vivere nel contributo che può dare a chi gli sta accanto e ha ignorato fino a quel momento. Nonostante la vicinanza di temi Non così vicino non è Gran Torino e non ambisce in alcun modo a esserlo. Il film di Forster è privo di ambiguità, chiede allo spettatore una partecipazione di pancia più che di testa, senza sorprendenti svolte narrative. Un film “promessa” che chiede di versare qualche lacrima, ma a chi piace il genere uscirà dalla sala con il sorriso.