Il mondo del cinema è pieno di mestieranti a corto di idee che preferiscono sfruttare quelle degli altri, e del resto gli archivi sono pieni di pellicole inclassificabili che meriterebbero di precipitare negli abissi del Monte Fato. Agli Academy Awards, l'Oscar per la sceneggiatura non originale ha la stessa dignità di quello per la sceneggiatura originale. Questo perché trarre un ottimo film da un libro è un'operazione difficilissima. Implica assumersi responsabilità, esporsi al confronto, rimodellare una storia nata per un altro scopo e mettersi di fronte al giudizio di chi era abituato a vederla nella forma originaria. In altre parole, significa affrontare l'acqua quando è un gorgo che risucchia ogni cosa e rendersi artefici del processo magico della trasmigrazione. Significa vestire i panni dello stregone e domare quest'acqua, fino a plasmarla nella nuova forma.

Nella storia del cinema di stregoni potenti ce ne sono stati e ce ne sono. Questi Gandalf del grande schermo rispondono ai nomi di Stanley Kubrick, Alfred Hitchcock, Francis Ford Coppola, tanto per citarne solo alcuni. La pozione magica, come ogni mistero che si rispetti, contiene ingredienti segreti e il processo di sintesi non è affatto quello che ci si aspetterebbe, né lo è l'effetto finale: i film più riusciti sono quelli che maggiormente si discostano dai romanzi da cui sono tratti. David Cronenberg, a proposito della Zona morta, ottimo film horror tratto dall'omonimo romanzo di Stephen King, sostiene: "Quando hai la necessità di fare un film di un'ora e mezza, due ore, da un romanzo di cinquecento pagine, allora ti accorgi di essere costretto a trasformare completamente il libro, per riuscire a ottenere un buon risultato. L'ho detto molte volte, penso davvero che devi tradire il romanzo per essere fedele a esso: questo perché i due media sono completamente differenti. Io penso che non sia possibile trarre un film da alcun romanzo. L'unica via è reinventarli, farne una cosa del tutto nuova." Si noti attentamente quello che dice Cronenberg: tradire il romanzo, e non tradire la storia. Si tratta di rompere il contenitore vecchio e adattare il contenuto a quello nuovo, nonostante il rischio di esporsi a qualche risentimento. Stanley Kubrick era probabilmente il migliore tra gli stregoni: i suoi film sono quasi tutti capolavori e sono quasi tutti tratti, spesso molto liberamente, da romanzi più o meno famosi. Shining, per fare un esempio, ha scatenato polemiche e rancori da parte dello stesso Stephen King, convinto che il suo romanzo fosse stato oltraggiato. James Ellroy ha addirittura definito "un gran bastardo" Quentin Tarantino, a proposito di Kill Bill. Philip K. Dick, invece, si era detto entusiasta della sceneggiatura di Blade runner, ma aveva ammesso che il film di Ridley Scott non aveva molto a che fare con il suo Do androids dreams of electric ships?.

La trasposizione cela molte più insidie di quanto si creda. Restare totalmente fedeli al romanzo significherebbe ascoltare la classica voce fuori campo dall'inizio alla fine del film, guardando uno schermo nero. Significherebbe non fare un film. Nemmeno una voce fuori campo che accompagna le immagini sarebbe una rappresentazione abbastanza fedele, giacché quelle immagini si discosterebbero da quelle che ogni lettore si costruirebbe nella propria mente. No, ha senza dubbio ragione Cronenberg, non è possibile trarre un film da alcun romanzo. Non potrebbe essere altrimenti, vista la natura così diversa dei due canali di comunicazione: un libro è qualcosa che il cervello affronta attivamente; un film è qualcosa che il cervello affronta passivamente. È la storia del coniglio nella gabbia, di cui proprio Stephen King parla nel suo On writing. Scrivere: "c'è un coniglio in una gabbia" in un romanzo, significa scatenare la fantasia di ogni lettore. Ci sarà chi vede un piccolo coniglio bianco in una gabbia di plastica da passeggio; chi vedrà un coniglio a macchie nere in una gabbia enorme dietro una fitta rete metallica; ci sarà pure qualcuno che vedrà Bugs Bunny finalmente intrappolato da Duffy Duck.