Lo dico per chi non lo ricordasse: Astolfo è il prode che nell’immenso Orlando Furioso di Ariosto monta in groppa all’ippogrifo per andare sulla luna a recuperare il senno perduto del medesimo Orlando, che come si sa ha cominciato a dare i numeri a causa delle pene d’amore inflittegli dalla bella e volubile (diciamo così) Angelica. Quello che pochi sanno è che il valoroso Astolfo da quella volta ci ha preso gusto, e tra una nobile contesa e l’altra il bianco satellite che tanti artisti ispirò è da secoli il suo “buen retiro”. Ha avuto la cortesia di invitarmi, e naturalmente non me lo sono fatto ripetere. E’ strano, ma la luna è esattamente come me la immaginavo, in un certo senso come l’avevo vista; non tanto guardandola con il cannocchiale o a occhio nudo passeggiando alla sera, ma ammirandola, per esempio, nei paesaggi spaziali di certe tele di Foppiani, soprattutto dell’ultimo periodo. Sotto questa volta di un blu intenso ma non minaccioso, traforata di mille fori d’argento, guardo la terra lassù nel cielo, sentendomi parte indegna di quel “surrealismo padano” che da Ariosto a Fellini, da Foppiani a Zavattini  (per citarne solo alcuni) ha sempre indirizzato verso la luna i suoi felici slanci creativi. Ma giunge il momento di troncar queste giravolte d’intelletto, perché vedo arrivare da lontano l’ippogrifo, e in sella a esso un nobile cavaliere, e in mano al cavaliere un ampollina con dentro un essenza sottile, molteplice, ora liquida ora gassosa, di colore indefinibile.  

Sai, nobile Astolfo, che le ampolline che qui si raccolgono, stando al sommo Ariosto, e che contengono i senni smarriti dagli uomini sulla terra, poiché recano un etichetta con su il nome dell’ex proprietario, mi hanno sempre ricordato la scena di Frankenstein Junior in cui lo scienziato e Igor vanno in quel laboratorio pieno di cervelli conservati in teche di cristallo, ognuna con il suo bravo cartellino?
Va da sé che ho visto quel film per la prima volta da bambino, prima di leggere L’Orlando Furioso, ma non sarà che anche Mel Brooks ha letto l’Ariosto?

E’ possibile: non mi risulta uomo di cattive letture, anche se da un po’ di tempo a questa parte giurerei di aver visto buona parte del suo intelletto svolazzare da queste parti…  

E’ triste, ma può essere vero, visti i film che fa o a cui partecipa da qualche anno in qua…da quanto tempo hai visto recapitarti il suo senno dalla terra?

Ripeto, non ne sono certissimo, ma, se è lui, è qua da una decina d’anni…  

Ecco, dal tempo di Robin Hood; e i primi sintomi si erano già manifestati con Balle Spaziali…poi il diluvio; credi che il suo smarrimento sia dovuto all’età?

Non credo, non in modo considerevole; prova ne è che il suo ex collega Woody Allen, che collaborava con lui al “Sid Caesar Show” negli anni ’60, pur non essendo più da tempo in forma smagliante, tuttavia ha resistito molto meglio al passare degli anni, ed è solo di poco più giovane. No, credo che nel suo caso sia stato determinante qualche insuccesso; qualche arrabbiatura di fronte all’incapacità di rinnovare il suo estro.  

Insomma, l’insuccesso gli ha dato alla testa, come ebbe a dire un critico cinematografico (razza con la quale, peraltro, concordo poche volte); però è strano: di solito follia e creatività vanno d’accordo, no?

Certo, quando la creatività è frutto della follia stessa; non necessariamente quando ne è causa, né quando è la disperazione per la sopravvenuta incapacità, a fare il folle. Per esempio: si può decidere di mettersi a dipingere prima o dopo di diventare matti, ma farlo sia prima che dopo è più difficile, perché in quel caso è l’arte stessa la causa della follia, con conseguente crisi di rigetto.  

Un po’ come Nietzsche, che dopo essere ammattito smette di scrivere…
Nietzsche
Nietzsche

Più o meno…però non è esatto che Nietzsche abbia smesso di scrivere; diciamo che a follia conclamata la sua scrittura diviene ancora più rarefatta, concretandosi in apodittici apparentemente sibillini e smaccatamente incomprensibili, magari firmati con nomignoli discutibili, come, per esempio, “il crocifisso”…  

Detto tra noi, quello che ho letto di suo mi ha sempre dato una vaga sensazione di follia, ma Massimo Fini dice di no; dice che la sua filosofia non è l’opera di un folle, e la prova di ciò è che nel momento in cui diviene matto smette di fare filosofia.

Mah…come dire che la filosofia ha una sua autocoscienza, e si rifiuta di essere proferita da un folle; o come dire che lui stesso aveva  una sua censura che in fase di follia gli impediva di filosofare: mi sembra una spiegazione un po’ malferma; mi sembrerebbe suggestiva l’ipotesi contraria, e cioè che la sua pazzia fosse proprio conseguenza del suo pensiero, come a comprovare una coerenza assoluta tra teoria e prassi.  

Altri maligni sostengono più prosaicamente che la causa fosse sifilide o cocaina o tutt’e due…ma lasciamo Nietzsche ai suoi esegeti; tanto, mi sembra che qui di intelletti smarriti ce ne siano ben altri, no?

Sì, però qui spopola una forma di pazzia che, non so perché, mi ricorda molto da vicino la sua. E’ quella che di solito chiamo “degli infuocati mentali”.  

“Il fuoco nella mente”…intendi i rivoluzionari?

Intendo i fanatici in genere, sotto la cui categoria possono trovarsi tanto i rivoluzionari come i reazionari estremi, che sono tali in base a uno status quo di per sé mutevole, e perciò molto spesso queste due categorie sono interscambiabili come gli aghi di una bussola: in una dittatura rossa, i reazionari saranno rossi e i rivoluzionari neri, e viceversa in una dittatura “nera”.  

Però non tutti i conservatori sono reazionari, così come non tutti i ribelli sono rivoluzionari, nel senso di “terroristi”, come mi sembra intendi tu…

Certo, e questo per il semplice fatto che pur militando su fronti contrapposti hanno in comune il fatto di non appartenere alla suddetta categoria “trasversale” degli infuocati mentali.  

Cos’è che caratterizza il fanatico (visto che è un termine che a volte mi sento affibbiare, mi sembra indebitamente)?

Non l’avere una certezza sul piano razionale, ma il volere imporre che altri ne prendano atto costi quel che costi, anche con la forza; e per “forza” intendo proprio quella fisica, cioè la violenza. Ti faccio un esempio: se io sono assolutamente convinto che uno più uno fa due, non sono un fanatico; però se mi impongo di far eseguire le addizioni in colonna a una scimmia, magari a sganassoni, ecco che divengo un fanatico! Insomma: il fanatismo è nella prassi, non nelle idee.