E qui non posso non fare un inchino a quello che ritengo uno dei massimi autori non solo italiani ma europei: il leggendario Valerio Evangelisti. Senza avere letto la sua straordinaria saga di Eymerich, ben difficilmente sarei stato in grado di presentare l’Inquisizione in “Magdeburg”.

I veri personaggi storici, come li hai affrontati?

La base biografica sono le ricerche storiche, ma i risvolti caratteriali rimangono lavoro dell’immaginazione.

Non abbiamo modo di sapere se le figure storiche che appaiono in “Madgeburg” fossero effettivamente come le ho descritte.  Da qui scelte che potrebbero senz’altro essere controverse e discutibili.

-- Albrecht von Wallenstein: sostanzialmente un brutale warlord, signore della guerra, ossessionato dalla brama di recuperare un’autorita’ che gli e’ stata strappata;

-- Sua Santita’ Urbano VIII: il famoseo e famigerato “Papa Gabella”, raggelante, pragmatico gangster in tiara;

-- Johann von Tilly, feldmaresciallo delle forze imperiali – passato alla storia come “il Macellaio di Magdeburg”, il classico soldato stremato da troppe battaglie;

-- Gottfried von Pappenheim, secondo in comando delle forze imperiali, l’equivalente del XVII Secolo di un generale delle Special Forces di oggi.

-- Dietrich von Falkenberg, comandante militare di Magdeburg: un demente intriso di fanatismo religioso e di desiderio di morte.

Nel rappresentare queste figure, e’ entrata in gioco la mia personale visione del potere in senso lato: entita’ che considero sempre, invariabilmente genocidaria.

La questione del “genere” di Magdeburg è argomento dibattuto, presso una fetta dei tuoi lettori. Storico, sicuramente. Su questo sono sostanzialmente – aggiungiamo pure: ovviamente – “tutti” d’accordo. Per il resto, le definizioni si sprecano: storico non convenzionale, fantasy storico, thriller storico, commistione di generi, dark history… Niente di, o piuttosto “tutto” ciò? Sempre che soffermarsi su questo aspetto abbia una qualche importanza…

Cerco di tenermi lontano da confronti su “generi”, “contaminazioni”, “etichette narrative.”

Tra tutte le alternative che menzioni nella tua ottima domanda, direi che la trilogia di “Magdeburg” potrebbe essere definita come un “thriller bellico/storico”.

Fatta salva la sua ambientazione storica la trilogia di Magdeburg è anche uno spaccato di attualità. Di “eterna” attualità.

Una nozione non solo eterna ma anche eternamente inquietante. I paralleli tra quel mondo e il mondo di oggi mettono freddo alla schiena: la medesima ferocia militare, la medesima incapacita’ politica, la medesima cecita’ sociale.

Anche allora, come ore, esistevano egemonie a contrasto, guerre per bande, guerre “per banche”, rapacita’ clericale, nichilismo ante-litteram.

Lo stesso concetto di “diritto di saccheggio” da parte degli eserciti occupanti e’ una vera e propria cartina di tornasole di cio’ che vediamo ogni giorno su CNN: la guerra, qualsiasi guerra, non e’ altro che sterminio premeditato. A scopo di rapina.

Quello della Guerra dei Trent’Anni era un mondo sull’orlo dell’abisso… nel quale poi sprofondo’. Siamo proprio certi di volere fare un parallelo con il nostro mondo anche su questa tematica?

Hai definito il periodo della Guerra dei Trent’Anni come “un’era orribile, sanguinosa, eppure anche meno ipocrita della nostra.”
Riallacciandomi alla risposta precedente, l’assenza di ipocrisia e’ forse l’unica radicale differenza tra le due epoche.

Nel XVII Secolo non esistevano grottesche farse come guerre umanitarie, missioni di pacificazione, esportazione della demoKrazia (K d’obbligo).

Esisteva solo assassinio per l’assassinio, stupro per stupro, saccheggio per saccheggio.

Il giorno in cui i nostri politicanti (non politici, sottolineo: politicanti) – ormai tutti indistintamente e completamente livellati sotto il vessillo del privilegio piu’ turpe -- scenderanno  dal pulpito delle indignazioni fasulle sara’ un bel giorno per tutti quanti.

Svariate recensioni, commenti, discussioni, articoli e presentazioni attorno a Magdeburg. Tra tutte queste esperienze di interazione diretta e indiretta con addetti ai lavori, giornalisti ma soprattutto lettori, qual è stato il commento positivo che più ricordi con piacere, o più ti ha colpito? E quale quello negativo che più ti ha irritato?

Dopo due libri e millequattrocento pagine, devo dire – e mi ritengo un privilegiato in questo – di non avere avuto nessuna effettiva “stroncatura”.

Il commento piu’ positivo? “Non avevamo mai letto una storia di questa complessita’”

Il piu’ negativo? “Ma com’e’ sanguinario…”

Purtroppo, suppongo che qualcuno avrà avuto da ridire del modo in cui hai affrontato il tema religioso. Hai dovuto respingere qualche attacco più “energico”, oltre i prevedibili mugugni di taluni?

Non ancora. E’ possibile che con “Il Demone” qualche “puro credente” si risenta per il modo in cui tratto non tanto la fede quanto la religione. E l’uso politico-militare della religione medesima.

Nella Guerra dei Trent’Anni, tutti quanti ammazzavano nel nome di un qualche Dio dei cieli… o almeno cosi’ veniva raccontato davanti alle fosse comuni e ai roghi.

Oggi tutti quanti ammazzano nel nome del dio quattrino.

L’importanza di una buona grafica, di una bella copertina. Coerente con il testo. Per Magdeburg, Hyeronimus Bosch. E una scelta di colori di sfondo che pare essere un messaggio altrettanto congruente.

Lo e’. Bosch rimane uno dei piu’ grandi geni dell’arte figurativa dell’umanita’.

Nessuno meglio di lui ha saputo rappresentare la follia dell’uomo e l’apocalisse della terra. Esattamente cio’ di cui tratta la trilogia di Magdeburg

Niente è lasciato al caso, nei tuoi romanzi. Se non per scelta. Anche gli incipit sono correlati.
Dalle tenebre, emerge Wulgar, all’inizio dell’Eretico.
Dal vento. Nell’incipit della Furia.
Dalla polvere, nel Demone.

L’incipit dei tre libri di Magdeburg e’ il medesimo e’ al tempo stesso e’ diverso. Ogni incipit riflette una nuova fase nella narrazione:

le tenebre dell’ignoto nel primo libro, il vento del mutamento nel secondo, la polvere della guerra nel terzo.

L’attenzione alle armi storiche e al loro uso.

Chi conosce il mio lavoro precedente a Magdeburg sa che la tecnologia ha sempre rivestito un ruolo importante.

Magdeburg non fa eccezione, soprattutto nello sforzo di rappresentare un’epoca in cui la tecnologia era ben lontana dalla nostra ma al tempo stesso gettava le basi della nostra.