Nella splendida cornice del Festivaletteratura di Mantova, c' è stato spazio anche per gli amanti del fantastico. E' intervenuto Neil Gaiman, autore tra i più amati del genere, intervistato informalmente dall'esperto di fumetti Matteo Stefanelli.

Gaiman ha all'attivo svariati libri, graphic novel e a breve anche film. Proprio in questi giorni sta uscendo in libreria Il cimitero senza lapidi e altre storie nere" per Mondadori, e tra poche settimane potremo vedere al cinema Stardust, adattamento da un suo romanzo. Ecco com'è andata la serata:

"I confini del nostro paese, signore? Ebbene, signore, a nord confiniamo con l' aurora boreale, a est con il sole nascente, a sud con la processione degli equinozi e a ovest con il Giorno del Giudizio"

Questa frase d'apertura in American Gods si adatta bene anche alla tua Arte, che ormai non ha confini: dal fumetto alla letteratura, e ora anche ai film. Cosa ne pensi dell' adattamento di Stardust? Ti piace?

Sì... (pausa). Ma non dovresti mai farmi domande a cui io possa rispondere solo "sì" o "no", sennò poi devi farmene subito un'altra! (risate).

Come autore il mio desiderio è che la gente mi fermi per strada e mi dica: "Il film di Stardust? Ah sì... Bella regia. La Pfeiffer mette paura, certo. De Niro, poi, è divertentissimo. Nel complesso è stupendo... ma il libro è meglio!"

Spero succeda così, è quello che sperano tutti quelli che scrivono libri. I libri sono film che tu giri nella tua testa: scritturi il tuo cast personale, ti immagini i tuoi costumi, visualizzi tutto come vuoi tu. Il libro sarà sempre meglio del film.

Quest'anno avrò 3 film che portano il mio nome: Stardust in ottobre, poi Beowulf a novembre e infine Coraline. Quest' ultimo è interamente girato in stop-motion, e stanno impiegando mesi per registrare fotogramma per fotogramma. Comunque tengo a sottolineare che il Beowulf vero è quello scritto 1.500 anni fa, così come lo Stardust vero è quello del libro.

Ho l'impressione che un autore sembri diventare più reale se viene tratto un film dal suo lavoro. Per la gente esisti solo se ti conoscono tramite la pellicola. Se non hanno tratto un film dalle tue opere non ti considerano. Invece con un film all'attivo tratto da un tuo romanzo la gente potrà non conoscerti, ma sa chi sei, e ti chiederà se magari hai scritto altre cose che conoscono. Io rispondo loro: "non lo so, come diavolo faccio a saperlo?" (risate). Penso che sei vero nel momento in cui scrivi, non quando c'è un film che porta il tuo nome. E io sono reale anche se non mi conoscono.

Sei un artista abituato a collaborare con altre persone e a vedere il tuo lavoro interpretato da altri. Nei comics hai sempre dovuto mediare la tua storia con vari disegnatori... Come ti sei trovato con la trasposizione di Stardust in film?

Una sequenza di Stardust
Una sequenza di Stardust
Non sapevo chi sarebbe stato il regista e quindi non volevo scrivere la sceneggiatura prima di sapere chi avrebbe diretto il film. E' ovvio che lo Stardust di Tim Burton sarà diverso dallo Stardust di Tarantino, che sarà diverso dallo Stardust di Spielberg, e così via. Avevo venduto i diritti per fare Stardust alla Miramax, nel 1999, ma lo sviluppo è stato infernale, e hanno letteralmente sprecato tutto il tempo della loro opzione. Così sono stato felice di riappropriarmi dei diritti, e di non lasciarmeli più sfuggire per parecchi anni. Nel frattempo avevo lavorato con Matthew Vaughn per uno short su John Bolton, apprezzando molto lui e il suo lavoro.

Quando Matthew ha letto Stardust, su sprone della moglie, gli è piaciuto. Così siamo usciti a pranzo io, lui e Terry Gilliam. Voleva convincere Terry a fare un film su Stardust, ma Terry rifiutò, avendo appena finito di girare The Brothers Grimm, dicendoci in sintesi "Mai più fiabe, grazie!". Poi è successo che Matthew è diventato regista, quasi per caso. E un ottimo regista, tra l'altro. Una mattina mi ha chiamato dicendomi: "Ho appena rifiutato X-Men 3. Cosa ne diresti se facessi Stardust?". E io ho detto di sì.

I tempi del cinema sono diversi da quelli del libro, e lo sò bene. Ho registrato l' audiobook di Stardust in quattro giorni, solo la storia dura 10 ore e mezzo, nelle quali il protagonista non nasce se non dopo i primi 45 minuti. Ci sono dei ritmi da rispettare, e lo capisco. Ma credo che abbiano fatto un ottimo lavoro.

Cosa ne pensi della recente tendenza di Hollywood dello scavare nel filone del fantasy e dei fumetti per i loro film?

Hollywood è una macchina, e come tale prende spunto da qualsiasi cosa.

Alan Moore
Alan Moore
Prima lo faceva col teatro: se c'era una commedia che funzionava, subito ne facevano un film. Ora è più facile, la storia il più delle volte è già scritta, e sanno già che avrà successo. Inoltre la tecnologia di oggi permette di fare cose dapprima impensate. Lo Spiderman di 10 anni fa era definibile con una sola parola: imbarazzante. Ora però lo si vede lanciare ragnatele muovendosi da un grattacielo all'altro, e la gente rimane a bocca aperta. Sono le tecnologie moderne, gli effetti speciali, a permettere a Hollywood di saccheggiare a man bassa dai fumetti e dalla fantasy. Stavo parlando col mio amico Alan Moore, e lui mi diceva, scherzando, che stanno facendo film su tutto, tra poco faranno film anche sui personaggi delle scatole dei cereali. Credevo fosse una battuta, e l'ho raccontata a un dirigente di Hollywood. Lui mi ha detto, stupito: "Come fai a saperlo? In realtà ci stiamo già lavorando da un pezzo". Alan Moore è un profeta.

So che Stardust ha avuto un passato editoriale molto particolare: difatti è stato pubblicato a spezzoni. Vuoi parlarcene?

All' inizio Stardust non era nemmeno considerato un libro. Aveva 175 tavole a colori realizzate da Charles Vess, in effetti. Dopo vari tentativi per farlo pubblicare, in cui il problema era appunto la parte illustrata, mi rivolsi alla DC Comics, per la quale trattare di illustrazioni non era un problema... a patto di far uscire il titolo sotto forma di periodico, perché era l'unico modo in cui potevano averne un rientro economico. Così è stato fatto. Per le prime scadenze sono rimasto fedele ai limiti di pagina, ma nell'ultima uscita ho sforato di parecchio.

Pensavo fosse un problema... e in genere lo è... loro invece si sono limitati ad aumentare il prezzo di copertina!

Poi un giorno feci vedere alla mia editor lo Stardust della DC. Lei lo lesse senza guardare le figure, e decise che era valido, chiedendomi se potevano pubblicarlo.

Io le risposi che non lo sapevo. Esaminai il contratto e scoprii che la DC aveva i diritti delle tavole illustrate, e io del testo. Quindi pubblicammo semplicemente Stardust senza la parte illustrata.

A volte la gente mi dice che Stardust è bello, ma è come se mancasse qualcosa.

Se è vero che un'immagine vale come mille parole, allora facendo i conti mancano 175.000 parole! (risate)

Nelle tue opere parli di grandi temi: i sogni, il cambiamento, la morte. Cosa ti ha spinto a usare il fantasy come mezzo per esprimere queste idee?

Il fantasy è nato come genere dal Signore degli Anelli, tant'è che Il libro di Tolkien è uscito come un normale libro di narrativa, recensito regolarmente sui quotidiani. Allora non c'erano autori fantasy e autori non fantasy, c'erano solo autori. E di questi qualcuno scriveva di fiabe e magia, altri no. Ho tentato di scrivere Stardust come se il fantasy non fosse ancora nato, come se scrivessi negli anni '20, e come se stessi scrivendo una fiaba. Addirittura ho comprato una stilografica e ho scritto alcune parti a mano!

Non c'è differenza tra la storia e il potere della narrativa e la storia e il potere della fantasy e del fantastico. La magia e l' incanto sono usati per esprimere il reale e l' interiore. L'uomo ha sempre cercato di trasporre in metafore mitologiche i grandi temi della vita e il mondo che lo circonda, è così da sempre e per tutte le culture.

Solo che oggi si dà un nome a questo: prima era solo letteratura. E secondo il mio punto di vista, che non tutti condivideranno, non c'è differenza tra letteratura e fantastico.

Il fantastico è un genere che è stato depennato dalla letteratura solo di recente, per paura di insozzarla. In American Gods ho voluto trasporre la mia esperienza di vita in America, ho voluto parlare degli emigranti che abbandonano le proprie origini geografiche, che si portano dietro il loro patrimonio culturale solo per perderlo poco tempo dopo essere arrivati nel nuovo mondo. In Europa non è così, un italiano nel Regno Unito rimane un italiano... ma in America sembra che tutti abbiano fretta di essere considerati americani. Hanno smarrito le proprie radici, il loro modo di pensare, pur restando formalmente del proprio paese d'origine.

Come la loro cultura si smarrisce, così anche gli dei di American Gods. Il loro è un viaggio non solo geografico, ma anche temporale. Non avrei potuto esprimere questo concetto senza usare gli strumenti del fantasy, se non dilungandomi inutilmente e perdendo molti concetti e metafore per strada, e non volevo che accadesse. In un romanzo preferisco mettere più di quanto serva per farlo funzionare, anziché meno!

L'opera che più di ogni altra ha contribuito a farti conoscere in Italia è Sandman, che parla di sogni, di divinità. Come collochi il tuo lavoro, così ponderoso e così "mitico "nella mappa della letteratura moderna?

Non credo che l' età delle grandi storie epiche sia finita, basta guardare i fumetti.

Sandman
Sandman
Supponendo che i supereroi Marvel e Dc vivano sulla stessa terra, in 40 anni le due case editrici hanno scritto assieme la più grande saga dell'era moderna. Non mi chiedo dove vada collocata la mia storia, io la racconto e basta... mi chiedo solo come farla progredire. Per quello ci sono i critici e gli accademici. Tu pensi di essere diverso e innovativo, di scrivere un po' di questo e un po' di quello, poi loro ti dicono che stai seguendo la stessa linea, che rientra tutto nel tuo stile. Se lo dicono loro... Io amo sperimentare sempre cose nuove, è uno degli stimoli maggiori che ho quando scrivo.

Com'è stato lavorare con Terry Pratchett?

Divertentissimo. In quel periodo ero un vero nottambulo, e mi svegliavo sempre tardissimo, verso l'una di pomeriggio. Guardavo la segreteria telefonica che lampeggiava, schiacciavo il pulsante e la voce di Terry mi assaliva: "Sveglia, sveglia, pigrone! Ho scritto qualcosa stamattina presto!" E mi leggeva diversi pezzi che aveva prodotto quella mattina di buon'ora. Al che io leggevo a lui quello che avevo scritto io, sempre quella stessa mattina, ma molte ore prima di lui! Ci leggevamo i nostri scritti a vicenda, ridendo come pazzi, e io mi sentivo allora come un apprendista di fronte a un maestro. Lui mi diceva: "Se cambi questo particolare il tutto sarà più divertente del 2%. Effettivamente cambiandolo il libro era più divertente esattamente del 2%. (risate)

Cosa sogna un fabbricatore di sogni?

Quello che sognano tutti, credo... come entrare in un albergo vuoto con vampiri sdraiati nelle vasche da bagno in ogni stanza. Sai che si sveglieranno al calare delle tenebre, e guarda caso le tenebre stanno calando. Qualche tempo fa ho fatto l'analisi dell'attività cerebrale durante il sonno, in ospedale. In genere devi scendere di tre o quattro fasi di sonno per sognare. Dalle analisi è emerso che io entro in quella fase poco dopo aver chiuso gli occhi. Non so se sia un bene o un male, ma mentre scrivevo Sandman avevo degli incubi, e allora mi svegliavo di soprassalto e pensavo: "Figo, posso usarlo per Sandman!"

Alla fine ho smesso di avere incubi. Penso che i demoni dei sogni si fossero irritati per come li ho offesi non spaventandomi!