"Non ho tratto alcun piacere a intraprendere un’azione legale e sono deliziata dal fatto che questo problema sia stato risolto favorevolmente. Sono andata in tribunale per sostenere i diritti degli autori di proteggere il loro lavoro originale. Il tribunale ha sostenuto questo diritto. Il libro proposto prendeva un’enorme quantità del mio lavoro e non vi aggiungeva di suo praticamente alcun commento originale di suo. Ora il tribunale ha ordinato che non deve essere pubblicato. Molti libri che offrono visioni originali dl mondo di Harry Potter sono stati pubblicati. Solamente, il Lexicon non è uno di questi libri".

Come già abbiamo sottolineato in passato, al di là dei suoi sacrosanti diritti, del contenuto della legge e della sua applicazione, ciò che lascia basiti è il suo atteggiamento contraddittorio e – diciamolo – anche un po’ opportunista, nei confronti della doppia natura di Lexicon. Se infatti violazione di copyright c’è stata, questo vale sia per un Lexicon di carta che di byte, sia per un Lexicon a scopo di lucro che per un Lexicon gratuito, e non si possono adottare due pesi e due misure di valutazione. Non si può insignire il sito di un premio, tessendone le lodi, ammettendone il suo uso sia nella stesura dei libri (espressa dichiarazione di JKR) che nella realizzazione dei film (espressa dichiarazione del produttore David Heyman, benché riportata di seconda mano, ma comunque non smentita dall’interessato), e poi stigmatizzarlo e bollarlo come opera di pessima qualità nella sua versione cartacea.

La battaglia contro Lexicon ha visto critici anche in molti dei colleghi scrittori che la Rowling si picca di aver indirettamente difeso. Gente come Orson Scott Card (www.linearpublishing.com/rhinostory.html) e persino il Potter-ammiratore Neil Gaiman (journal.neilgaiman.com/2008/04/fair-use-and-other-things.html) hanno espresso – ciascuno con toni differenti – perplessità, imbarazzo o persino aperta condanna (benché vada specificato che sul caso Stouffer citato da Card, questi è male informato, visto che nel corso del processo è emerso chiaramente che la Stouffer ha fabbricato le prove per sostanziare la sua domanda). Altri autori, come Philip Pullman e Stephen King, pur senza prendere posizione diretta dimostrano un atteggiamento all’opposto, convivendo tranquillamente con libri simili a Lexicon dedicati alle loro opere (www.ibs.it/book/9781571745064/beahm-george/discovering-the-golden.html, www.ibs.it/book/9780743297349/furth--robin/stephen-king-the.html).

Alla scrittrice contrita fa da contraltare il commento spiritoso di uno dei legali di RDR Books, Anthony Falzone, che nel suo sito analizza brevemente il pronunciamento in un intervento intitolato Avada Kedavra – L’Harry Potter Lexicon scompare. In chiusura di articolo egli osserva infatti, a futuro monito:

"Ricordate che l’avada kedavra – la maledizione che uccide – non è sempre fatale. Un mago gli è sopravvissuto. Tre volte. Ed è stato colui che ha lanciato l’incantesimo (e non verrà nominato qui) che in definitiva ne ha sofferto. Forse, un giorno, il Lexicon sarà conosciuto come il Libro Sopravvissuto".

Non è difficile leggervi una nemmeno troppo velata tentazione di ricorrere in appello, che sembra riecheggiare anche nella dichiarazione del titolare della RDR books, Roger Rapoport, uscito dalla vicenda con la non invidiabile immagine dell’editore senza scrupoli che ha cercato di fare il colpo della sua vita:

"Siamo incoraggiati dal fatto che il tribunale abbia riconosciuto che, come principio generale, gli autori non hanno il diritto di fermare la pubblicazione delle guide di riferimento e dei libri-corollario a opere letterarie. Per quanto riguarda Lexicon siamo ovviamente delusi del risultato e la RDR sta considerando tutte le sue opzioni, incluso un appello".

Penultimo attore di questa triste storia è Steve Vander Ark, l’autore del Lexicon che si vede ora costretto a cedere l’aura da guru potteriano e star dei vari simposi dedicati al maghetto – come testimonia questo video (solo uno dei molti che si trovano in Rete) – in cambio di un ignominioso cappello da ‘traditore del fandom’.

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Non solo: resta aperta la questione sulla contribuzione apportata al Lexicon online da parte del suo team di volontari, che era rimasto escluso sia dai credits che dalle royalty, e questo è un altro danno all’immagine di cui questo ex bibliotecario di mezz’età godeva nel fandom sino all’anno scorso.

Ma non tutto è perduto. Il buon Steve cercherà di consolarsi con la stesura di una guida ai luoghi di Harry Potter, libro-corollario questa volta perfettamente a prova di citazioni legali e di cui vi parleremo presto su FantasyMagazine. Quanto al commento seguito alla sconfitta, queste sono le sue parole rilasciate alla stampa: "Sono sempre stato un fan di Harry Potter e della Rowling e la mia speranza è sempre stata quella di trovare una via amichevole per sistemare le cose. Sono deluso, ma è andata così e non serbo alcun rancore. È stata una questione di legge su una divergenza di opinioni e in un certo senso sono felice che sia finalmente terminata".

Infine, come ultimo personaggio, oltreché spettatore della vicenda, c’è la comunità potteriana della Rete, che perde – come era prevedibile – una della sue migliori risorse: il Lexicon on Line (anche se forse questo sarebbe successo comunque una volta uscito il libro, ma almeno avrebbe avuto quello). All’ormai celeberrimo indirizzo www.hp-lexicon.org adesso c’è solo una pagina deserta.

Tutti a mani vuote dunque, con una singola eccezione: gli unici che possono permettersi di brindare a questo "pasticciaccio brutto", pasteggiando con costoso Don Perignon del ’66, sono unicamente i legali dei vincitori (quelli dei perdenti hanno sostenuto i clienti gratuitamente e quindi non incasseranno la grassa parcella che vedranno invece i colleghi).

Legali – lo ricordiamo – già appartenenti a uno dei più ricchi e famosi studi di New York.

Da lunedì scorso ancora un po’ più ricco e famoso.