Kill Your Darlings – Giovani Ribelli è ispirato alla vera storia dei fondatori della Beat Generation prima che effettivamente il mondo potesse conoscerli: Allen Ginsberg (Daniel Radcliffe), Jack Kerouac (Jack Huston) e William Burroughs (Ben Foster), la cui vita viene cambiata e in qualche modo stravolta dalla misteriosa figura di Lucien Carr (Dane DeHaan) e da David Kammerer (Michael C. Hall), fino all'omicidio di quest'ultimo. 

Il film è stato definito “il nuovo Attimo fuggente”, ma si tratta di una dichiarazione tanto pretenziosa quanto strategica in termini di marketing, per non dire uno specchietto per le allodole: in realtà non c'è molto che accomuni le due pellicole, se non l'approccio con la poesia, il rifiuto o, quantomeno, la critica alla tradizione e la nascita di un “gruppo”. Il che, di base, non toglierebbe nulla a Kill Your Darlings, ma a visione conclusa lo spettatore si renderà conto che non è certo il film che segnerà un'epoca: ne ha semplicemente l'aria finto intellettuale, e nonostante un cast stratosferico, quanto l'ottima fotografia (Reed Morano) e scenografia (Stephen H. Carter), insieme a un'azzeccata colonna sonora (Nico Muhly), il film manca di un dettaglio assolutamente poco irrilevante: la sostanza, a causa di confusione e indecisione su “cosa fare” di quella storia e come trattarla da un punto di vista tecnico e di genere. Inoltre, alcune scene troppo esplicite potrebbero imporre un divieto ai minori di almeno 14 anni ma probabilmente, per richiamare le fan di giovani e (davvero) bravi attori, si glisserà sia sulla violenza e crudezza di alcuni passaggi che sulla delicatezza di tematiche emotivamente complesse. 

In piena Seconda Guerra Mondiale, incontriamo questi giovani tra 19 e i 30 anni, amanti di letture e autori considerati non convenzionali e, quindi, non necessari per le menti accademiche alla formazione di un “vero letterato”. Burrough, Carr e Ginsberg criticano e si ribellano alla tradizione letteraria loro imposta, vivono in modo eccentrico il desiderio di andare oltre l'ordinario e sviluppano presto, insieme, una forte decisione di proporre quella che decideranno di chiamare “Nuova Visione”, ispirandosi al poeta maledetto Rimbaud. Diverso quello che accadeva nel film di Peter Weir, in cui i giovani protagonisti sono adolescenti in un collegio alla fine degli anni 50, bloccati dalle imposizioni e ambizioni familiari, che incontrano un docente soprattutto di vita nella figura di John Keating. Già solo per questo lo slogan non regge, ma in realtà le motivazioni sono più profonde. 

La storia della rivoluzione letteraria alla base di Kill Your Darlings è, in realtà, solo lo sfondo (per non dire il mero pretesto) su cui John KrokidasAustin Bunn si appoggiano per raccontare gli intrecci personali tra i vari protagonisti e gli aspetti più intimi di quelle cinque vite, indugiando forse troppo sulle complesse relazioni, nel tentativo di rappresentare ma in modo lento, sbiadito e un po' stucchevole i vari background da cui Ginsberg, Burrough e Kerouac sarebbero partiti per raggiungere il proprio posto nell'olimpo degli scrittori e poeti di tutti i tempi. Troppe anche le sbavature rispetto al travaglio interiore di Ginsberg e all'accettazione di se stesso, nonostante sia il vero protagonista della storia, insieme a Lucien Carr. Troppo si indugia sulla sua natura omosessuale ricorrendo a incursioni oniriche che dovrebbero incalzare il ritmo del film, e troppo si indugerà su scene di sesso esplicito di cui il giovane sarà protagonista. Personaggi centrali in realtà in modo diverso, Radcliffe e DeHann generano considerazioni e apprezzamenti diversi, proprio come diversi sono i loro personaggi. 

Per Daniel Radcliffe Kill Your Darlings potrebbe, nonostante tutto, essere considerata la consacrazione a giovane attore under 30.  Può finalmente togliersi di dosso il peso del rimanere per tutta la vita “solo” Harry Potter. Finalmente è Daniel Radcliffe, capace di colpire e di entrare in sintonia con un nuovo personaggio completamente diverso, e dare il meglio di sé. Era difficile entrare in un ruolo così complesso e tormentato come quello di Allen Ginsberg, e Radcliffe c'è complessivamente riuscito, familiarizzando con la Beat Generation degli anni 40, anche se continuano a tormentarlo gli occhiali da vista, una scopa, una lettera d'ammissione, controparti bionde dagli occhi glaciali e quel che è peggio Alessio Puccio, che nei momenti di maggior pathos se ne uscirà con la solennità di un annoiato impiegato alle poste.  Il suo è un doppiaggio veramente di scarso livello, rispetto a tutti gli altri colleghi che hanno saputo rendere in modo costante il tormento, l'ironia, l'esaltazione, la disperazione degli altri personaggi. Il rischio è di non rendere giustizia al lavoro che Radcliffe evidentemente sta portando avanti per affermarsi. Perché non riprendere in considerazione Davide Perino, già messo alla prova in The Woman in Black? Misteri delle scelte di doppiaggio di Francesco Vairano, che doppiò Severus Piton nella saga di Harry Potter. Facciamo facilmente 2+2? Facciamolo. 

L'alter ego di Radcliffe è proprio Dane DeHaan, quanto Lucien Carr lo è di Allen Ginsberg. Considerato il Leonardo Di Caprio 2.0, DeHaan fornisce una interpretazione molto intensa del tormentato personaggio che sconvolge le vite degli altri quattro protagonisti (e il doppiaggio di Flavio Aquilone è decisamente credibile, forse scontato, ma rispetto a Puccio niente lo è davvero, neanche andare sul sicuro scegliendo Andrea Mete per Jack Huston-Kerouac). DeHaan riesce a farsi odiare e amare contemporaneamente, ad affascinare quanto esasperare, e rende un'idea molto chiara, paradossalmente, di Carr, di cui poco e niente si sa dalle fonti: pur volendo entrare prepotentemente nelle vite dei propri amici o compagni, al tempo stesso se ne vuole chiamare fuori, non è chiaro se per paura o se perché incapace di assumersi del tutto le proprie responsabilità (e anche per questo il riferimento a L'attimo fuggente è assolutamente inappropriato) pur vantandosi del proprio potere maieutico verso di Allen o David, che ama e sfrutta a proprio uso e consumo. 

Per quanto riguarda gli altri componenti del cast, si tratta decisamente di talenti un po' sprecati per il film in sé, anche se c'è da fare i doverosi distinguo. Ottima e convincente la prova di Elizabeth Olsen nei panni di Edie Parker, come anche di Jennifer Jason Leigh come instabile quanto poi lucidissima Naomi Ginsberg, madre di Allen.  Buona anche l'interpretazione di Michael C. Hall, Ben Foster e Jack Huston, ma per il ruolo che interpretano risulta decisamente meno incisiva degli altri due protagonisti; ed è proprio in questo senso che lo script appare in tutta la propria opaca aridità, perché non riesce a dare l'opportuno spazio a tutti.  

In conclusione, Kill your darlings – Giovani Ribelli è un film che dovrà la propria completa fortuna a tutte le sue componenti... fuorché a se stesso. 

(Maria Cristina Calabrese)

  Debutta oggi nei cinema italiani Kill Your Darlings, ribattezzato nelle nostre lande Giovani ribelli, pellicola di John Krokidas premiata alle Giornate degli autori di Venezia con il Premio al film evento. Kill Your Darlings ripercorre la vera storia dell'omicidio di David Kammarer che vide implicati alcuni tra i più noti autori della Beat Generation, tra cui Allen Ginsberg, Jack Kerouac e William Burroughs. Perché parlarne su Fantasy Magazine? Presto detto: a vestire i panni di Ginsberg, celebrato autore di poemi tra cui ricordiamo Urlo e Kaddish, è un certo Daniel Radcliffe, che molti di noi hanno amato — e alcuni odiato — nei panni di Harry Potter. A prestare le fattezze al suo amico/amato Lucien Carr è un altro volto noto del cinema fantastico, Dane DeHaan che è stato il protagonista del film distribuito da Twentieth Century Fox Chronicle e, oltre ad aver preso parte ad alcuni episodi di True Blood, sarà in The Amazing Spider-Man 2 nel ruolo di Harry Osborne che fu di James Franco.

Terminata la dovuta introduzione, addentriamoci nel cuore di questo film, che viene presentato dal marketing come novello Attimo fuggente, un film che “vi farà venir voglia di salire sui banchi”. Mi chiedo quindi: mi è venuta questa voglia guardando il film? La risposta è, onestamente, no. Da una storia sulla Beat Generation paragonata a un classico come Dead Poets Society si poteva trarre ben altro, invece il film resta freddo in momenti cardine che potrebbero e dovrebbero essere più emozionanti. Le ragioni di questa occasione mancata in una regia poco incisiva accompagnata a una sceneggiatura tutto sommato dimenticabile. Senza voler realizzare a tutti i costi un film psichedelico, mancano delle sequenze in grado di lasciare il segno e farsi ricordare a fine visione e soprattutto, è stata sprecata la grande occasione di inserire una colonna sonora che avrebbe potuto fare la differenza. 

Tra gli interpreti, oltre ai già segnalati Radcliffe e DeHaan, ricordiamo Michael C. Hall, il Dexter televisivo, il convincente Jack Huston nei panni di Jack Kerouac e Ben Foster ovvero William Burroughs. Che dire, Radcliffe continua a sforzarsi senza troppi risultati e non riuscirà più a liberarsi di un paio di occhiali sul grande schermo. Che Hall sapesse recitare non era un mistero e sono convinta che la sua performance in versione originale sarebbe stata ancora più apprezzabile. Tra tutti a risultare il più convincente è DeHaan, il cui carisma avrebbe potuto essere gestito meglio, ma che nonostante tutto riesce a interpretare un Lucien Carr controverso e a tratti detestabile per la sua incoerenza e inconsistenza. È proprio il focus sulle personalità che “fanno” questo film, su cui spiccano Ginsberg e Carr, a mettere in secondo piano quella che dovrebbe essere la vera protagonista, la poesia. Di poetico c’è poco, non bastano alcune citazioni e un paio di scene con un professore fintamente antipatico che in realtà sostiene il giovane studente anticonvenzionale. C'è più attenzione sulla storia d'amore (corrisposto ma non accettabile?) tra Ginsberg e Carr e tra Carr e Kammarer. Se i protagonisti non si fossero chiamati Ginsberg, Burroughs e Kerouac ammettiamo che il film non sarebbe cambiato di una virgola.

Sintetizzando, Kill Your Darlings è un film che non raggiunge le vette sperate e di cui consigliamo la visione solo ai fan sfegatati di Radcliffe e ai cultori di Allen Ginsberg che non intendono rinunciare alla visione di un film dedicato al visionario poeta.  

(Pia Ferrara)