Questa volta Jack Sparrow si è messo contro nientemeno che Davy Jones in persona, una figura leggendaria che esiste da quando esistono i pirati.

Il film racconta la storia di un patto con il diavolo, e dato che Jack è Jack, anche se riesce a ottenere ciò che vuole, non ha alcuna intenzione di onorare i suoi impegni. Alla ricerca di un tesoro assolutamente unico, il forziere fantasma, come cerca di cavarsi dagli impicci, ma questa volta è alle prese con l’impiccio più grosso: la morte certa.

In un'ipotetica classifica dei pirati più amati dal pubblico, Johnny Depp compie un ulteriore passo avanti e minaccia, anche se non supera ancora, le posizioni di Douglas Fairbanks, Errol Flynn o Tyrone Power. Di loro ha studiato l'eleganza, lo spirito, le movenze, perfino le espressioni riuscendo però a non fare del suo personaggio un patchwork di citazioni ma qualcosa di assolutamente unico.

In questo senso Pirati dei Caraibi è uno "sleeper" nell'accezione migliore del termine, ben fatto, ben interpretato (perfino i coprotagonisti riescono a essere più convincenti che in altre loro prove) ma, alla fine, parzialmente deludente. Come ho già osservato altrove, è lecito costruire un film su un solo personaggio se è questo che il pubblico desidera, ma il rischio  è quello di porre sullo stesso piano, che so, lo scoiattolo di L'era glaciale II e Jack Sparrow a scapito della trama che risulta sfilacciata, priva di continuum e, a volte, incomprensibile. Si ride, ci si appassiona (anche se alcune situazioni sanno di sapiente dèja vu), ci si diverte ma, duole dirlo, al termine di molte sequenze ci si può anche domandare se la scena appena vista abbia un senso nella narrazione o non sia, piuttosto, l'ennesima occasione offerta alla bravura di Depp (ed è strano pensare che forse, considerandone gli incassi, sarà proprio questa pellicola, non la sua migliore, a dargli il sospirato Oscar).

Questo avviene troppe volte nel corso della narrazione per essere sopportabile e il rischio, per fortuna soltanto sfiorato ma pur sempre presente, è la pesantezza. A Pirates of Caribbean II manca pathos, tutto è perfettamente programmato - o almeno questa è la sensazione dello spettatore smaliziato - si sa quello che ci si deve aspettare e quando; la sensazione non è particolarmente fastidiosa se si considera il ritmo vertiginoso della pellicola, ma alla fine risulta un po' troppo persistente.

Siamo evidentemente di fronte a un episodio di passaggio di questa nuova serie, indubbiamente ben fatto ma troppo frammentario; inoltre restano così tante tracce aperte da farci aspettare lecitamente un colpo di genio da parte degli sceneggiatori per chiuderle tutte in maniera convincente. Di noia non si può parlare e il sequel può essere serenamente atteso con gioia e non con terrore, speriamo soltanto in un terzo episodio meno Depp - centrico, anche se la già ventilata presenza di Keith Richards (che quanto a egocentrismo non ha niente da invidiare a nessuno) fa sospettare duelli  da fare scintille, non necessariamente sul ponte di un galeone. Se il giudizio vi sembrerà striminzito è solo perché ci sarebbe voluto davvero poco per fare del film qualcosa di più di un Blockbuster mirato.