– Perché dovevi chiamarmi di tua spontanea volontà. Così sostiene la profezia.

– E perché?

– Questo non lo so.

– Come non lo sai? – Lucilla lo guardò stupita, poi le venne in mente: – Avevi detto di ricordarmi di dirti una cosa molto importante prima di entrare nella tua pancia.

– Ah gia!

– E dimmela!

– È proprio questo, cara Lucilla. Tu sei la prescelta. Tu sei l’unica che può vedere nella pallina di Pallino col Pallino del Crocerossino qual è il posto adatto per costruire la nuova oasi. Quando uscirai mi riporterai l’accaduto, e io viaggerò verso il luogo che mi indicherai.

– Oh, che bello! Vi aiuterò di sicuro.

Banana fece salire di nuovo Lucilla sulla sua lingua e: – Sei pronta? – chiese.

Lucilla non aspettava altro da un bel po’, ma arrivata al dunque si sentì colta di sorpresa e rimase aggrappata ai canini senza riuscire a fiatare. Banana le dette una leggera spinta con il dorso della lingua e mugugnò qualcosa d’incomprensibile che doveva essere la ripetizione biascicata della precedente domanda. La bambina tirò un grande sospiro e, dopo aver risposto con un flebile “sì”, si lasciò ingoiare come una pillola.

* * *

Lo scivolone per l’esofago fu molto più lungo di quello che Lucilla si era immaginata e, atterrata su una sorta di pianerottolo d’ingresso, avvertì subito un gran caldo. Le pareti intorno a lei pulsavano al ritmo delle vene del bestione e il vapore l’avvolgeva come quando finiva di fare il bagno. Il pianerottolo comprendeva anche una porta e un tappetino con la figura di un cagnolino accucciato, e Lucilla capì che si trattava dell’appartamento di cui le aveva parlato Banana.

Si fece coraggio, ingoiò un sospirone e si raddrizzò davanti alla porticina.

Quando suonò il campanello udì dei pappagalli starnazzare: – Vuà! Vuà! Apvive! Apvive! Vuà! Vuà!

Il cuore di Lucilla prese a battere forte-forte; oltretutto, la tiritera dei pappagalli era assai fastidiosa. – Vuà! Vuà! Apvive! Apvive! Vuà! Vuà!

Molti rumori andarono a sommarsi l’uno all’altro col passare dei secondi. Versi d’animale, tavoli spostati, corpi caduti, passi... e i pappagalli che continuavano a gridare: – Vuà! Vuà! Apvive! Apvive! Vuà! Vuà!

Ma, piano piano, udì i cardini ruotare, creando magici accordi. Un musetto fulvo, che si appuntiva fino ad arrivare a un naso a forma di cipollina, spuntò sulla soglia. La bestiola teneva una zampetta sullo stipite e l’altra sulla maniglia e si trattava indubbiamente di un cane. Le sorrise con la lingua penzoloni e si riposizionò sulle quattro zampe, scodinzolando a più non posso.

– Ciao – le disse. – Devi essere Lucilla.

Il fatto che Banana e la cagnetta le parlassero con voce umana le ricordò il motivo per cui Pallino col Pallino del Crocerossino era ritenuto un mago dagli animali.

– Che io sia una maga? – chiese.

– Miii... Maga quiii... – Si udì avvicinarsi un miagolio. – Maga lììì... – E comparve sulla soglia anche una gattina soriana dall’aria altezzosa. Era tigrata dappertutto, ma aveva pettorina e ghette bianche. – Che differenza fa? Sempre Lucilla sarai, no?

Lucilla osservò la gatta che rientrava sculettando e si decise a rispondere.

– Be’, si. In effetti così mi chiamo.

– Allora entra pure – la invitò la cagnetta. – Io sono Briscola e quell’antipatica è Mimì.

– Piacere. – Lucilla entrò dando il benvenuto a tutti, ma rimase impalata sull’ingresso a osservare la massa di animali assiepata intorno a lei. C’erano cani con occhi tondi e spalancati, gatti con le punte delle code in fremito, conigli, tartarughe, uccelli e topolini in quantità. Uno di questi ultimi si issò su di una mensola e si batté il palmo di una zampina sul petto, gridando: – Cacio miiio! Cacio miiio! L’Oasi protetta, che un giorno fu e adesso non è più, dà il benvenuto all’attesiiissima prescelta. – E s’inchinò. – Il qui presente Potassio è al vostro serviiizio.

In quell’istante, un viso tondo, rosso e cordiale, proprio come si era immaginata potesse essere il volto di uno che si chiama Pallino, sbucò nel vano di una porta del corridoio e la invitò a entrare in una stanza. – Vieni, Lucilla! Vieni! – urlava felice. – Ti stavamo aspettando da tanto tempo.

Briscola le saltellò al fianco gioiosa, Mimì le si strusciò maliziosamente intorno alle gambe e molti altri animali le fecero complimenti su complimenti. Nello stanzone in cui si affacciò vide vasche per le tartarughe e i pesci rossi, poi recinti colmi di terra per le testuggini e molti altri angoli sistemati appositamente per qualche specie. E pensare che, in verità, si trattava della pancia di Banana!

– Guarda, Lucilla! Guarda! – insisteva Pallino. – Non vedi quanti amici vogliono salutarti?

Lucilla non osava addentrarsi troppo, dondolando tra lo stanzone e il corridoio.

Un grosso coniglio ariete, con orecchi penduli e color leporino, sfogava il suo istinto selvatico solcando il corridoio fra la porta d’ingresso e quella del ripostiglio. Correva, concentrato, sino a metà percorso, poi si lasciava scivolare sul sedere, finché non si piantava sulla porta con i palmi posteriori, e tornava indietro.