Il 300 di Zack Snyder è stato un cult movie da subito. Ha portato al cinema un’estetica mai vista prima e ha fatto proseliti anche sul piccolo schermo (vedi Spartacus); ha raccontato uno degli aneddoti di guerra più citati di sempre; un storiella che si regge bene da sola, anche senza il contesto storico da cui è nata.

Con queste premesse, meglio passare una settimana di fila davanti allo specchio a cercare di gonfiare i pettorali trattenendo il fiato, che mettersi in testa di imbastire un sequel. C’è un forte rischio di emorroidi, ma almeno non si fa una figuraccia.  

Non avrà bicipiti da paura, ma di coraggio il regista semi esordiente Noam Murro (Smart People) ne ha da vendere, perché 300 - L’Alba di un Impero al cinema ce lo ha portato davvero. Complice la incompleta graphic novel Serse di Frank Miller.

La trama parte zoppa per forza di cose: i trecento del titolo sono tutti già belli che schiattati; il fatto storico, per quanto affascinante, è di quelli che fanno venire il latte alle ginocchia, altro che Termopili. Ve lo immaginate voi Tom Cruise che convince l’Ultimo Samurai all’estremo sacrificio con un: “Facciamo come Temistocle, che prima arringa gli ateniesi, poi fa finta di mandare la flotta contro il nemico, poi gliela manda per davvero, poi rifà finta di non avere più navi …”? L’eroico Ken Watanabe si sarebbe buttato sulla coltivazione dei bonsai.

Senza contare che la battaglia dei greci contro i persiani, alias come il generale ateniese Temistocle sconfisse nello stretto di Salamina l’esercito di Serse, è stata una guerra navale. E non di quelle fatte di velieri e roboanti cannoni: Temistocle è vissuto nel quinto secolo a. C. e le navi del suo tempo erano sfigatissime trireme a vela quadrata, poco adatte a eroiche gesta e poco interessanti.

Eppure, questa Alba di un Impero, che manco si scomoda di spiegare quale sia l’impero, riesce a tenere viva l’attenzione. Ogni tanto bisogna pulirsi qualche schizzo di sangue dagli occhialini 3D, in un paio di inquadrature se l’addominale si gonfia si rischia un occhio pesto, ma l’estetica del primo film è rispettata senza strafare. Complice Zack Snyder che fa da produttore e co-sceneggiatore.

Il problema del contesto storico, articolato e complesso, è subito risolto: la trama non si sa dove cominci, non ha un vero finale e se uno si ferma a farsi due conti, non si capisce tanto bene manco quello che succede nel mezzo.

Il presunto cattivo, un Serse (Rodrigo Santoro) sempre più alto, sempre più grosso e sempre più fesso, suscita reazioni tipo: “E compratela ‘sta caramella alla menta che i soldi ce li hai, almeno ti passa la raucedine!” e niente altro. La palla del malvagio passa a un agguerrito generale in gonnella che ha gli immensi occhi di Eva Green.

La sua Artemisia, greca rinnegata e vendicativa, ci fa dimenticare che Eva è una donna bellissima e ci ricorda che è anche brava. Viso e corpo sono spigolosi e asciutti. Tira fuori maestosità dal quel suo fisico minuto. S’inventa una mimica facciale molto marcata, che in un contesto di pettorali a quaranta atmosfere e mostruosi gobbi traditori non stona. A tratti il suo viso tagliente assume fattezze serpentine. Per restare dalle parti della Grecia classica, le mancano le bisce nei capelli per sembrare una gorgone.

Le fa da contraltare un Temistocle tanto più giovane di come ce lo raccontano i documentari. Gli presta il volto Sullivan Stapleton (Animal Kingdom) poco conosciuto attore australiano che ha il pregio di avere una faccia più da furbo che da duro, un po’ in stile Steve McQueen. Non stona, e il suo personaggio regge bene gli immancabili pipponi sulla libertà e la fratellanza che spopolano in ogni battaglia di celluloide che si rispetti; d’altronde è uno dei padri della democrazia. In questo senso, supera il compianto Leonida: forte e nerboruto, per carità, ma quando inneggiava alla libertà tre minuti dopo aver ricordato a tutti chi è il re, faceva proprio ridere i polli. Quelli più coraggiosi, almeno.

Il nuovo 300 è senza i trecento, deve tutta la sua epicità alla cattiva, dura poco più di un’ora e quaranta minuti e se non vi dà fastidio qualche arto amputato in mezzo agli occhi, scorre via bene.  

Avete capito che ce lo siamo visto al di là della seconda dimensione, e probabilmente il film ci guadagna. Il 3D si sposa bene con la fotografia cupa e dai toni marcati che sapevamo avremmo trovato in questa pellicola; qualche effetto di profondità è notevole. Una nota stonata la danno le inquadrature dall’alto della battaglia navale: le migliaia di navi della flotta persiana si perdono tra i toni forti del mare e le scene mancano del respiro epico che dovrebbero avere.

Le promesse fatte, per quello che erano, sono state mantenute. Proprio come farebbe un vero spartano.

Fabio Vaghi - Tre stellette.

Una volta tanto non sono i titolisti italiani ad avere preso un abbaglio.

Ma dov'è l'Impero? È la domanda ricorrente.

Dopo l'ondata di neo-peplum seguita a 300 di Zack Snyder, ispirato all'omonimo fumetto di Frank Miller, torna ora il “marchio” originale. Anche in questo caso l'ispirazione è un fumetto, Xerses, sempre di Miller, già seguito dell’originale a fumetti, ma progetto tra l'altro ancora incompleto. Snyder stavolta produce, insieme alla moglie e a un gruppo di collaboratori, e Miller stesso, nel ruolo forse onorifico di produttore esecutivo.

Dati gli impegni con i comic movie di Snyder, la regia è stata affidata a un uomo di produzione, tale Noam Murro, alla prima prova con il lungometraggio ad alto budget.

La necessità di creare un franchise ha fatto sì che da Xerses si sia passati 300: Rise of an Empire.

La storia è quasi parallela a quella di 300. In questo film scopriamo che mentre lo spartano Leonida si preparava ad affrontare Serse sul suolo, ad Atene il generale Temistocle (Sullivan Stapleton) cercava di convincere i cittadini a riunire la propria flotta per combattere l'invasore in mare.

Mentre Leonida e i suoi 300 guerrieri, tra i migliori di un già ben addestrato esercito, subiva il tradimento e la sconfitta alle Termopili, Temistocle resisteva come poteva alla flotta persiana, comandata dalla temibile Artemisia (Eva Green), con un esercito di uomini comuni, composto da filosofi e contadini.

Prima lezione: mai, dico mai, lasciare in vita il figlio del tuo nemico. È una lezione che qualsiasi amante della fantasy e del racconto avventuroso conosce. L'orfano sopravvissuto tornerà per vendicarsi.

Qui saranno ben due gli orfani vendicativi: Serse, figlio di Dario, del quale scopriremo come e perché della trasformazione in una sorta di creatura mitologica; Artemisia, greca di nascita ma cresciuta nell'odio perché ha subito dai greci di tutto e di più. Scopriremo durante il film come i destini dei due personaggi siano intrecciati.

Il film mette troppa carne al fuoco. Troppi dialoghi, troppa voglia di fare qualcosa di dimostrare che stavolta, trattandosi di un secondo capitolo, si vuole fare qualcosa di diverso pur facendo sostanzialmente la stessa cosa.

La ricetta di 300 - L'alba di un Impero è la stessa di 300. Ossia raccontare una storia heroic fantasy usando elementi storici, piegati a uso e consumo dello spettacolo. Se cercate la Storia, ne avrete qui una vaga eco. Bastano un paio di ricerche per scoprire che c'era una Artemisia al comando di una parte della flotta persiana, ma non era il comandante supremo.

Sul fronte visuale identica è la volontà di mescolare i linguaggi del videogioco, del videoclip e del fumetto, mediante ralenti che diventano quadri statici, autentiche vignette, nello stile dei “fumetti animati.”

Parte importante del cinema di intrattenimento è la dinamica protagonista/antagonista. Dove c'era la coppia Leonida/Serse, questa volta c'è la coppia Temistocle/Artemisia. La presenza di una donna, di una bella donna, ha consentito di aggiungere alla ricetta del precedente capitolo un po' di erotismo esplicito, laddove quello del primo capitolo era più implicito, trattandosi di omosessualità più o meno latente. Pertanto la produzione ha pensato bene di sublimare tutto con un bel paio di tette al vento (per una volta in un peplum non più piccole di quelle dei protagonisti maschili), anche perché stavolta i muscoli pettorali degli ateniesi sono meno gonfi e lucenti e le tartarughe sono meno scolpite, trattandosi in fondo di uomini comuni e non di guerrieri addestrati.

Non temete però, gli Spartani torneranno, ce lo promette la regina Gorgo (Lena Headey) già nell'incipt del film, per vendicare Leonida.

Quindi se vogliamo divertirci con 300 – L'alba di un Impero, teniamo presente che siamo però davanti a un film un po' raffazzonato, con una sceneggiatura nella quale gli elementi sono poco equilibrati, anche se lo spettacolo è di buon livello, con tante urla al vento, scontri e schizzi di sangue in un 3D che rende tutto troppo oscuro per non fare pensare più a Mordor che al Mar Mediterraneo.

Non ci si dovrebbero porre troppe domande davanti a un film del genere. Per 300 si è parlato spesso di apologia del fascismo, caricando di significati reconditi l'opera. D'altra parte Frank Miller, l'autore del testo originale, non sfugge a una interpretazione politica delle sue opere.

Anche stavolta però, se il messaggio voleva essere lo scontro di civiltà tra Oriente e Occidente a mio giudizio il risultato è un boomerang di proporzioni epiche.

Gli ateniesi, così pronti a riempirsi la bocca con le parole “democrazia” e “lotta al tiranno”, sono parte di una società basata sulla schiavitù, particolare che neanche il film nega visto che mostra come sia nella flotta persiana che in quella greca i rematori siano schiavi legati al remo da catene. Non parliamo poi della condizione femminile presso quella cultura. D'altra parte la vera Artemisia era invisa agli ateniesi proprio perché una donna aveva osato sfidarli militarmente.

Quindi se già nella prima storia non avevo difficoltà a riconoscere nell'impero persiano l'odierno imperialismo statunitense, stavolta, a dispetto delle stesse intenzioni dell'autore, che invece paragonava gli USA a Sparta, colgo anche nella descrizione degli ateniesi l'ipocrisia di una società che ai nostri giorni, mutatis mutandis, ha esportato il suo concetto di democrazia a suon di bombe. 

Se devo dirla tutta, per come sono descritte nel film le due parti non sembrano affatto così distinte. 

Tornando alla domanda iniziale, qual è l'impero del titolo, dopo 102' non riusciamo a trovare risposte nella storia del film. L'Impero Persiano è qui mostrato nel pieno della sua potenza, non certo nella sua ascesa, gli ateniesi e i greci in generale di imperi non ne hanno mai fondati, ma se a questo punto vogliamo trovare una risposta, ecco che temo che gli statunitensi, in modo più o meno subliminale, vogliano dire che nei greci trovino i padri “nobili” del loro impero. Un tentativo mal riuscito stavolta.

Emanuele Manco - Due stellette