L’atlante di fuoco (The Fire Chronicle) di John Stephens è il seguito di L’Atlante di Smeraldo (The Emerald Atlas), romanzo che l'anno scorso ebbe un notevole successo internazionale, venendo tradotto in 34 paesi. Solo in Italia l'editore ha dichiarato di aver venduto oltre ottantamila copie.

)n questo secondo romanzo Kate, Michael ed Emma sono costretti dalle circostanze a tornare nello stesso orfanotrofio da dove si erano mosse le vicende del primo. Non è in realtà un reset totale, visto che gli eventi precedenti hanno più che lasciato il segno e le avventure che i protagonisti vivranno cominceranno ben presto.

Possedere uno dei tre Libri degli Inizi è un'alta responsabilità per i tre ragazzi, che però non sono più da soli. Gabriel e il Dottor Pym sono comunque figure chiave anche nelle vicende che seguiranno.

Maturo è il rapporto che ormai Kate ha con l'Altante di Smeraldo, che la ragazza userà per sfuggire ai suoi nemici e vivere la sua parte di avventura nel passato.

In parallelo, da qualche parte in uno dei futuri possibili, il fratello Michael intraprenderà la sua quest per l'Atlante di Fuoco.

Gli eventi ai quali i due fratelli parteciperanno e assisteranno saranno importanti non solo per le loro vite, ma anche per l'universo narrativo che Stephens sta delineando.

La mescolanza di elementi, di varie ispirazioni provenienti da diversi mondi ed esperienze è la chiave con la quale intrepretare questo romanzo.

Abbiamo letto e visto film sui viaggi nel tempo, Stephens non dice nulla di veramente nuovo sul tema, ma riesce a condurre una trama che induce il lettore a "pensare quadridimensionalmente", perché in questo modo i protagonisti vivono le loro storie. E senza confondere se stesso o il lettore.

Se pensando a un universo nel quale il mondo magico è contiguo al mondo reale vi viene in mente Harry Potter forse non sbagliate, ma già gli eventi di questo romanzo, con il capitolo sulla Separazione, spiegano in dettaglio il contributo dell'autore al tema, che comunque non ha inventato neanche la Rowling.

Anche il tema dei ragazzi che scorrazzano tra un universo e l'altro potrà ricordare Narnia, tanto per fare un illustre esempio. Ma anche lì potremmo cercare predecessori.

La verità è che anche questo romanzo, i cui destinatari sono i lettori dai 9 ai 12/13 anni, attinge a un vasto immaginario in modo divertente. Una operazione simile a quella che compì J.K. Rowling, che mise in frullatore di tutto e di più.

Nessun elemento preso da solo è veramente originale anche in quel caso, ma la differenza, ora come allora, è sempre nel come questi elementi vengono assemblati.

In questa seconda prova Stephens dimostra di aver affinato gli strumenti dello scrittore di narrativa. Nel primo romanzo si notavano ancora delle ingenuità, come il baloccarsi con scene e personaggi di contorno usati per una sola scena, descrivendoli in modo fin troppo puntiglioso. Questo seguito va invece dritto al punto e nessun elemento, nessuna scena, appare messa a caso.

Stephens è abile nel fare salire il lettore su una giostra di colpi di scena continui, piazzati con il senso del ritmo di chi, per mestiere, sa gestire i momenti di culmine narrativo. Ricordiamo infatti l'esperienza di scrittura televisiva di Stephens. 

Se già il primo romanzo, che pure ha un finale, era palesemente una prima puntata, questo soffre della inevitabile "sindrome da puntata di mezzo".

Se molte domande troveranno delle risposte, tanti saranno gli elementi posti come ponte verso la terza parte, come per esempio l'ascesa e la rivelazione della identità dell'avversario. Il finale poi è un autentico cliffhanger.

L'Atlante di Fuoco conferma la capacità dell'autore di scrivere una storia divertente e appassionante, destinata ai figli e nipoti, ma che non annoierà genitori e zii, perché scritta con mestiere.