Il signor Volpe (George Clooney), abbandonata da anni l’attività di ladro di polli, ha intrapreso la carriera di giornalista e lui, la moglie Felicity (Meryl Streep) e il figlio Ash (Jason Schwartzman) decidono che è giunto il momento di acquistare una casa in superficie e smettere di vivere sottoterra. Un albero su di una collina parrebbe fare al caso loro, se non fosse che la collina si trova proprio di fronte alle attività di Boggis (Robin Hurlstone), Bunce (Hugo Guinnes) e Bean (Michael Gambon), tre fattori piuttosto particolari: il primo mangia solo polli a colazione, pranzo e cena, il secondo si nutre esclusivamente di bomboloni ripieni di fegato d’anatra e il terzo non fa che ingurgitare fortissimo sidro ricavato dalle mele.

La vicinanza delle tre fattorie attira l’attenzione del signor Volpe, desideroso di mettere alla prova la sua abilità di ladro e di prodursi in un ultimo, mirabolante colpo, che faccia pensare a lui come al Fantastic Mr. Fox, o, in italiano Furbo il signor Volpe.

Con l’aiuto dell’amico Kylie (Wallace Wolodarsky) e del nipote Kristofferson (Eric Anderson), il signor Volpe inizia a studiare un piano che gli permetta di sgraffignare a volontà dai fattori. Quando il piano avrà successo, la reazione di Boggis, Bunce e Bean non tarderà ad arrivare: i tre si alleeranno, giungendo a sparare al signor Volpe – staccandogli la coda – e a distruggere l’intera collina. Ce la farà il signor Volpe a salvare la propria e altre famiglie, che corrono il rischio di morire di fame intrappolate nel sottosuolo?

Fantastic Mr. Fox cessa, sotto l’abile regia di Wes Anderson (I Tenenbaum, Le avventure acquatiche di Steve Zissou, Rushmore), di essere una semplice trasposizione da un libro di Roald Dahl (La Fabbrica di Cioccolato) e si trasforma in un film autonomo e dotato di vita propria, che Anderson è molto bravo a modernizzare e valorizzare rispetto al modello originario. La modifica che più salta all’occhio è quella relativa ad Ash, figlio ‘inetto’ e complessato (che oggi definiremmo nerd) del signor Volpe: nel romanzo di Dahl, infatti, di figli Mr. Fox ne aveva quattro, ma nessuno di essi aveva una propria fisionomia o agiva per proprio conto. Nel film di Anderson, invece, Ash, fumettofilo e non particolarmente versato negli sport, vorrebbe essere accettato dal padre e invidia il cugino Kristofferson per le sue abilità ginniche. Un altro personaggio che si distacca dall’originale è il protagonista della storia: il signor Volpe. Se nel libro di Dahl era il bisogno di sfamare se stesso e la propria famiglia a spingerlo al furto, nella rivisitazione di Anderson è la voglia di mettersi alla prova e dimostrare scaltrezza e abilità, unita al desiderio del pericolo e al gusto del proibito.

Le modifiche apportate da Anderson alla trama del romanzo non disturbano chi ha letto il classico di Dahl, anzi costituiscono un valore aggiunto al film, che non si limita a una mera riscrittura ma aggiunge del suo alla vicenda. Il tocco di Anderson si avverte nella sottile ironia che percorre tutta la pellicola, e nella colonna sonora vintage che accompagna nell’ora e mezza che si trascorre con Mr. Fox, e che culmina nel brano composto e cantato da Jervis Cocker, Petey’s Song, che purtroppo in Italia dobbiamo ascoltare in versione tradotta. Da segnalare all’interno della colonna sonora anche il brano Love, che i fan del classico Disney Robin Hood riconosceranno durante il film, curiosamente accostato, per la seconda volta, a una pellicola che ha per protagoniste delle volpi.

Per realizzare il signor Volpe, famiglia & soci, Anderson ha deciso di affidarsi alla tecnica della stop-motion invece che accodarsi alla recente moda del 3d, lavorando con i creatori e i produttori di La Sposa Cadavere e Coraline e la porta magica.

Seppur con qualche scena di troppo nelle fasi finali, il film di Anderson rinverdisce il classico di Dahl, dando vita a un film che non piace solo ai bambini ma è in grado, grazie alla sua ironia e ai dialoghi azzeccati, di interessare anche un pubblico più maturo, strappandogli in svariate occasioni più di una risata.