La prevalenza della prosa sull'azione è un tuo obiettivo o ritieni che in futuro “asciugherai” lo stile seguendo un percorso di crescita simile a quello del personaggio?

La domanda mi farebbe pensare che asciugare lo stile sia un elemento imprescindibile del buon romanzo o qualcosa di necessario per la narrazione tout court, e che, d'altra parte, in questo volume il narrato sembrerebbe “sbrodolare”. Non credo sia così: spesso mi sono sentito dire di avere una scrittura fin troppo essenziale. Inoltre penso che in questo secondo volume ci sia molta azione. 

Per Storia di Geshwa Olers ho adottato uno stile volutamente differente da quello usato in altre storie. In altri romanzi (per esempio La ragazza della tempesta, pubblicato l'anno scorso, o il prossimo horror, Commento d'autore) lo stile cambia completamente, per farsi addirittura quasi cronachistico nell'horror. C'è poi la questione degli autori dei singoli volumi di Storia di Geshwa Olers. Il primo volume ha una modalità narrativa differente da quella del secondo, che risulta essere redatto (stiamo parlando della finzione narrativa) da un certo Anonimo Grodestiano. Il terzo volume avrà due autori differenti, con un Prologo dallo stile documentaristico che si distaccherà di molto dal corpo centrale del romanzo. Insomma, ogni volume (e, oserei dire, ogni romanzo che scrive) ha un proprio personale stile e non può essere facilmente inquadrato in uno schema.

Mi spiego meglio. Non credi che agli inizi di una saga, in generale, si tenda a spiegare tanto e troppo per poi buttare nella mischia i personaggi con il lettore consapevole dell'universo narrativo?  È un tuo obiettivo?

Non mi sembra proprio che sia un mio obiettivo. Non ho narrato troppo e non ho buttato nessuno nella mischia. Detto molto sinceramente, cosa fanno gli altri nelle loro saghe non m'interessa granché. Io tendo a raggiungere il mio personalissimo obiettivo narrativo, e se dovesse essere la prima volta che si legge una cosa simile e per questo motivo dovessero sorgere dei problemi, non me ne farei un cruccio (è fin dall'inizio dell'esperienza autoprodotta, nel 2007, che vado dicendo che Storia di Geshwa Olers sarebbe stato di difficile collocazione editoriale per tutta una serie di motivi, ivi compreso l'approccio del lettore). Io preferisco che il lettore scopra il mondo di Stedon con gli occhi dei suoi personaggi. Il lettore dev'essere Geshwa. Il lettore dev'essere Nargolìan. Il lettore dev'essere Lomorf o Ogoroh. In alcuni punti, il lettore dev'essere un cavallo o un orso o uno scimmione. L'importante è che il lettore non stacchi gli occhi dalle pagine del romanzo. Del generale cui ti riferivi all'inizio della domanda, francamente me ne infischio.

Valenza e la fantasy. Quali altri spunti e argomenti trovi stimolanti e interessanti dal punto di vista narrativo?

Sondare le emozioni e le conseguenze estreme di azioni ritenute normali. Studiare il modo in cui una persona può reagire, consapevolmente o meno, alle scelte degli altri e il modo in cui questioni incomprensibili o enormi piombano sulla testa della gente, specie se si tratta di gente normale.

Che significa per te “fare gruppo” con altri autori e operatori del settore?

Significa preoccuparsi del principale problema dell'Italia: il poco interesse per la lettura e, soprattutto, abbattere i pregiudizi nei confronti della letteratura fantastica. Fare gruppo è l'unico modo di lavorare che conosca e che possa contribuire ad abbattere gli schemi della precomprensione dei lettori italiani, dovuta all'interferenza di un pensiero filosofico-politico nella vita del nostro paese, che dagli anni Cinquanta all'inizio degli anni Settanta è riuscito a far piazza pulita di quasi ogni attitudine del popolo italiano per il linguaggio fantastico.

Cosa ne pensi delle varie faziosità nelle quali sembra diviso l'ambiente?

Vedo molte invidie, che si esprimono in “distinguo” e “colpi bassi”. Sinceramente non ne capisco il perché e l'utilità, se non un tornaconto strettamente individuale.

Cosa pensi di fare per attenuare i contrasti?

Quello che ho sempre fatto: proporre collaborazioni, scrivendo articoli di approfondimento in compagnia di altri autori, organizzando presentazioni con altri autori, confrontandomi con altri autori. Ecco le parole chiave: “con altri autori”. Non voglio essere polemico, ma un grosso limite degli appassionati del fantastico in Italia è che non appena proponi una collaborazione, si sentono invadere il proprio orticello.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Oltre alla pubblicazione dei prossimi volumi della saga (il terzo, Il cammino di un mago, dovrebbe uscire tra febbraio e marzo 2011), ad aprile 2011 vedrà la luce il mio primo romanzo di genere horror, Commento d'autore, e verso Natale un noir sovrannaturale, dal titolo ancora segreto, sebbene ve ne sia uno provvisorio: Nel ventre della balena. Oltre a questi e per spostarci su tempi più ravvicinati, a dicembre 2010 uscirà Stirpe angelica, raccolta di racconti fantastici incentrata sugli angeli curata da Alfonso Zarbo e Filomena Cecere, che vedrà la presenza del mio racconto “La macchia sul muro”, e altri racconti usciranno in varie antologie (questo è un ottimo periodo per la riscoperta di questa forma breve).

Il 2011, inoltre, sarà per me un nuovo 1983, perché mi concentrerò soprattutto sulla stesura di due romanzi horror situati in quell'anno e ambientati a Verulengo, il paese immaginario in provincia di Verona nel quale si svolgono già i fatti di Commento d'autore. Ci sarà anche un'esperienza per me nuova, sotto molteplici punti di vista: la stesura di un romanzo thriller a quattro mani. Insomma, un 2011 che sa di Primavera.