Se non entravi in classifica non eri nessuno. Questa era la regola nei videogiochi di fine anni '70 e '80, responsabili alla pari di Star Wars, Star Trek, dei fumetti Marvel, degli anime giapponesi e del Signore degli Anelli della passionaccia che mi ha portato a scrivere per questa rivista.

Eri solo un giocatore anonimo, che veniva incitato subito dopo aver inserito la monetina nel cassone e aver premuto il pulsante start con la frase "Ready Player One", che è poi anche il titolo originale di questo romanzo di Ernest Cline

Il protagonista principale si chiama Wade Watts ed è un diciottenne del 2045, che in realtà la sua vera vita non la passa nel mondo reale bensì in una sua simulazione, chiamata OASIS.

OASIS è un mondo virtuale, ad accesso gratuito, che accorpa tutti i paradigmi più o meno noti al giorno d'oggi per fruire la rete, una Second Life che incorpora i MMORPG, le chat, le email, tutto e il contrario di tutto. Nei suoi mondi è possibile giocare ai vecchi arcade, alle avventure grafiche e testuali, ma anche andare a scuola come fa Wade. E "viverci" dentro è preferibile, visto che nella scuola di OASIS, che sta sul pianeta Ludus(e la spiegazione di questo apparente paradosso, che non è tale in realtà, legato alll'etimologia della parola, è spiegata nel romanzo), i bulli non possono farti male e se insulti qualcuno il software filtra le parolacce, salvo poi darti le classiche "note". 

Inoltre il mondo fuori non è un bel posto dove vivere. L'azione congiunta del collasso dell'economia globale, dei disastrosi cambiamenti climatici, della sovrappopolazione e dell'esaurirsi delle risorse, ha portato a un pianeta nel quale le disuguaglianze si sono ancora più accentuate e la maggior parte dell'umanità vive in estrema povertà, in enormi agglomerati urbani allo sfacelo.

Ma Wade non è solo uno studente del liceo di Ludus, anzi la sua vera natura è quella del giocatore. E quello che gioca non è "un gioco", ma "il gioco", la caccia all'easter egg che il programmatore originale di OASIS, James Halliday, ha inserito dentro il programma, come sua eredità. Chi tra gli utenti di OASIS riuscisse a trovarlo riceverà in cambio tutte le sue ricchezze, valutate in centinaia miliardi di dollari, compreso il controllo totale della Gregarious Simulation System, la società che a sua volta controlla il programma. 

Mi fermo solo un attimo a spiegare il termine Easter Egg. Letteralmente significa Uovo di Pasqua, in informatica significa una sezione nascosta di un programma, accessibile solo da quegli utenti che conoscono il modo di entrarvi, ovviamente non noto pubblicamente. Può trattarsi di un banale messaggio che indica chi ha realizzato il programma, o di un vero e proprio programma nel programma. Il concetto è stato mutuato nell'industria dell'home video, e quindi è possibile scovare video o contenuti nascosti all'interno di DVD e Blu-ray. Poiché nel romanzo si parla di videogiochi, leggendolo apprenderemo quasi subito che il primo easter egg della storia dell'industria videoludica era contenuto in un gioco chiamato Adventure, ideato dal designer Warren Robinett. La storia e le motivazioni che hanno portato Robinett a inserire nel gioco l'easter egg sono spiegate nel libro, per cui non le ripeterò.

Quello che serve sapere è nel romanzo Halliday non ha solo inserito l'easter egg, ma ha anche concepito un vero e proprio percorso, fatto di diverse prove da superare per arrivare al premio, e ha lasciato dietro di sé un primo indizio, un indovinello da risolvere.

Tre chiavi, ognuna una porta aprirà

  Che il valor dei viandanti proverà

  Chi l’ardue prove superar saprà

  Giunto alla Fine, il premio otterrà

Vi dico subito, non è uno spoiler perché è già detto nella quarta e nell'incipit, che quella che il romanzo racconta è la storia di come Wade Watts trovò l'easter egg, e dei cambiamenti che subì la sua vita ed egli stesso, sia durante la caccia che in seguito al ritrovamento.

La trama del romanzo, fatta di emozionanti colpi di scena e di cliffhanger continui, è anche una storia di formazione, di crescita. Wade fa parte di quella che è definita la comunità dei Gunter (dalla contrazione del termine Egg Hunters), spiriti liberi che però non rifuggono dalla socializzazione o dal raccogliersi in clan. Non è infatti solo Wade, il cui nickname su OASIS è Parzival, il protagonista di questa ricerca, ma anche i suoi amici/rivali Aech, Art3mis, Daito e Shoto.

A contrapporsi ai liberi cacciatori c'è, in un perfetto quadro cyberpunk, una multinazionale omnicompresiva, la IOI, la Innovative Online Industries, che vorrebbe mettere la mani su OASIS per renderlo interamente a pagamento e controllare le vite delle persone che vi accedono. I suoi sgherri, organizzati come un disciplinato esercito filo nazista, sono chiamati Sixer, comandati dal malvagio Nolan Sorrento.

Sono tanti gli ostacoli che i nostri eroi dovranno superare. Ma se pensate che l'ostacolo sia il gioco in sé, durante il quale dovranno dimostrare di conoscere film, telefilm, musica libri e videogiochi appartenenti a quella estesa cultura che potremmo definire senza offesa puramente nerd, vi sbagliate di grosso.

Come in ogni romanzo di formazione Wade scoprirà che il suo principale nemico è se stesso.

Come ho detto prima, nei giochi anni '80, si cominciava a giocare in modo anonimo, "battezzati" freddamente come Giocatore 1. Solo dopo aver giocato e raggiunto un punteggio tale da farti entrare in classifica avevi diritto a inserire il tuo nome, magari una semplice sigla di tre caratteri, perché le memorie erano limitate.

Molto diverso da come giochiamo oggi, dove prima di tutto è norma scegliersi un nickname.

Ma forse è questo il senso del percorso di crescita di Wade/Parzival, che comincia a vivere veramente, a cominciare il percorso che lo porterà a comprendere il suo posto nel mondo, non appena risolverà il primo degli enigmi della quest, quello che lo porterà a possedere la Chiave di Rame, il primo dei manufatti da collezionare per il gioco, e gli consentirà di fare apparire nella classifica del gioco il nome del suo avatar. Il primo passo della trasformazione da anonimo Player One a individuo consapevole.

Ernest Cline è riuscito in due intenti con Player One. Quello di raccontare una bella e avvicente storia e quello di scrivere una sorta di saggio sulla nerditudine delle generazioni che si sono formate negli anni '70/'80 e dei loro discendenti, pieno zeppo di citazioni di ogni tipo, delle quali ne ho colte molte, ma chissà quante altre sono nascoste in frasi apparentemente innocenti.

Il romanzo è anche un festival della fantasia allo stato puro. La possibilità di avere a disposizione storie e personaggi di diversi immaginari, immersi in un mondo virtuale, ha permesso a Cline di creare un personale parco giochi, consentendogli di fare volare i suoi personaggi, di fargli avere superpoteri, guidare tutti i possibili veicoli o robottoni, e fargli usare ogni sorta di manufatto o potere magico.

Il romanzo è stato opzionato per il cinema, e sarà una bella sfida per chi vorrà portarlo sul grande schermo, perché alcune scene sembrano imponenti da realizzare e celano anche insidie dal punto di vista del copyright, visto che la citazione in un romanzo è cosa molto diversa dallo sfruttamento dell'immagine a fini cinematografici.

Qualche difetto il romanzo ce l'ha nella costruzione di alcuni personaggi collaterali e nell'antagonista, che è veramente stereotipato, un classico cattivo da operetta, più sparring partner alla fine. Ma probabilmente è dovuto alla completa immedesimazione dell'autore nel suo protagonista.

Player One è un romanzo di fantascienza che diventa un best seller senza che nessuno lo identifichi come tale, perché non è necessario, perché è un buon romanzo e basta, per fortuna. Un romanzo divertente, che appassionerà i lettori anche se conoscono poco o niente dei miti di riferimento dell'autore e dei protagonisti, che quando è necessario vengono spiegati senza che l'infodump risulti pesante, ma che darà tantissime emozioni a chi quei miti li conosce per esserci stato quando sono nati.