Non solo Ringil, Egar e Archet… “Sopravvissuti”è estremamente ricco di svariati co-protagonisti: vuoi introdurre i nostri lettori almeno ad uno di loro, come può essere l’imperatore Jhral Khimran II, o il dwenda Seethlaw, o chi preferisci… 
The Steel Remains
The Steel Remains

La mia favorita è senza dubbio la madre di Ringil, la lady Ishil di Casa Eskiath. Sposata al clan all’età di tredici anni, ha allevato eredi per la famiglia da partire dalla sua adolescenza e è ora una formidabile matriarca sui quarant’anni, dalla lingua acida e una scaltra intelligenza politica. È probabilmente l’unica persona nella storia con una genuina comprensione di Ringil, e capacità di far presa su di lui. 

“A Land fit for Heroes” (Una terra a misura d’eroi) è il nome della tua saga fantasy, ma in origine è stato il titolo provvisorio per Sopravvissuti. Suona nel contempo rispondente alla realtà del romanzo (si: gli eroi ci sono!) ma anche ironico, è così? Tra l’altro, come si sarà capito, amo molto il titolo The Steel Remains, e come suona, ma dopo aver letto questo primo libro della saga… beh, posso dire che “A Land fit for Heroes” è più vicino all’animo e ai contenuti del romanzo?

Sì,  “una terra a misura d’eroe” era la menzogna che venne promessa ai soldati della mia nazione  dopo la Prima Guerra Mondiale: ed era quanto loro si aspettavano nel tornare a casa. Ovviamente, trovarono invece una società decadente in espansione, che s’impegnò a far del suo meglio per dimenticare loro e quanto avevano passato, un’inerente instabilità politica determinata da un processo di pace incompetente, seguito un decennio dopo dalla Grande Depressione e da un’altra guerra. In un certo senso, però, questo è meramente un singolo esempio dell’antica bugia detta ai soldati: fai il tuo dovere e troverai una gloriosa ricompensa, alla Fine. Una delle principali antipatie che provo per il fantasy tradizionale è il modo in cui va a rafforzare tale menzogna, la tendenza a ritrarre la Grande Battaglia contro il Grande Male come se fosse l’intera storia, mentre ovviamente per chi sopravvive rappresenta solo il capitolo d’inizio. Quindi, sì: c’è una tonnellata d’ironia in questo titolo.

Quali obiettivi avevi in mente quando hai iniziato ad ideare la tua scommessa fantasy? E quanto, dalla tua prospettiva di autore, tali obiettivi sono stati soddisfatti?

Come sopra menzionato, volevo raccontare una vicenda in un’ambientazione fantasy che si sviluppasse dopo una Grande Guerra contro un Grande Male: una storia in cui gli eroi sono scomodi disadattati e la Grande Vittoria è stata insozzata e venduta a poco prezzo per acquisire potere politico. E, sì, benché un libro raramente si concretizzi esattamente come pianificato o atteso, sono piuttosto soddisfatto di come questi temi siano emersi nei due episodi al momento pubblicati.   

Considerata la tua precedente produzione narrativa, con Sopravvissuti ti sei messo in gioco su un genere differente (anche se non del tutto, e vedremo dopo perché). Ma va anche sottolineato come, scegliendo di scrivere anche libri fantasy, in fondo tu non abbia cambiato il tuo stile e i tuoi contenuti, continuando a parlare di argomenti difficili come violenza, sesso, corruzione, discriminazione (di ceto, razza, sessualità…), abuso di droghe, schiavitù e traffico di uomini, guerre, giochi di potere, e via elencando…

Sì: il mio editore inglese ha avuto un modo simpatico per metterla giù; invece di chiamarlo un romanzo fantasy di Richard Morgan, lo ha definito un romanzo di Richard Morgan ambientato in un universo fantasy.

Hai studiato storia a Cambridge. Quanto importante è per te la Storia? E hai mai preso in considerazione l’idea di scrivere anche un romanzo storico?
Richard Morgan alla Italcon 2007, in una tavola rotonda su Dick, con Vittorio Curtoni (fuori inquadratura Antonio Fazio e Salvatore Proietti). Elisabetta Vernier faceva la traduttrice simultanea
Richard Morgan alla Italcon 2007, in una tavola rotonda su Dick, con Vittorio Curtoni (fuori inquadratura Antonio Fazio e Salvatore Proietti). Elisabetta Vernier faceva la traduttrice simultanea

Certamente la storia è un affascinante campo di studio: impari veramente un sacco circa la natura umana e la società, quantomeno il modo in cui gli  stessi vecchi schemi continuino ad emergere nel tempo, ancora e ancora. Ma non sono sicuro di avere la pazienza necessaria per un romanzo storico: l’orgoglio mi porterebbe ad impegnarmi in così tanta ricerca, che probabilmente ci metterei anni prima di venirne fuori e veramente provare a scrivere qualcosa!  Una delle cose che mi piacciono del fantasy è esattamente questo: che ti lascia prendere in prestito le caratteristiche di un’era passata al fine di creare un impatto, ma non richiede che tu le acquisisca nei dettagli precisi; in questo modo hai molta più libertà di andare dove ti porta l’ispirazione.

Insegnare inglese all’estero per quattordici anni ha insegnato qualcosa anche a te?

Sicuro, principalmente che il mondo umano è più grande e sconosciuto di quanto la maggior parte delle persone immagini, ma anche che l’essere umano  è comunque essenzialmente lo stesso, nel bene e nel male, ovunque si vada.