La locandina di X-Men Origini Segrete: Wolverine
La locandina di X-Men Origini Segrete: Wolverine

Il film X-Men Le Origini: Wolverine aveva tutte le potenzialità per consolidare la mitologia del personaggio, dando un posto ancora più stabile al mutante “migliore in quello che fa” nell'immaginario collettivo, ma non ha avuto le aspettative sperate.

L'incipit del film lascia sognare, riprendendo l'atmosfera di Wolverine: Origin, centra l'obiettivo di catapultare sin da subito nell'universo del personaggio, mostrandoci sin da subito il dramma della sua natura selvaggia.

La fuga di Logan e di suo fratello Victor attraverso i boschi ci introduce a dei brillanti titoli di testa, dove vediamo i mutanti assecondare la loro natura selvaggia partecipando, in un montaggio senza soluzione di continuità, alla Guerra di Secessione Americana, la I e la II Guerra Mondiale, la Guerra del Viet-Nam. Non solo abbiamo occasione di capire che i due personaggi sono abili, feroci e longevi, ma con poche e misurate inquadrature, soprattutto sugli sguardi di Logan, cogliamo la differenza tra i due fratelli, motivo ricorrente dell'intero film.

Il film non manca della giusta dose di spettacolarità. Numerose e ben dirette sono le scene d'azione. Dove ci sono mutanti c'è morte e distruzione, non dimentichiamocelo mai. E dove c'è un'autentica macchina da guerra come James Howlett, detto anche Logan, alias Wolverine, la scia di morti e distruzioni non può che essere lunga.

Per una buona parte del film siamo presi dalle necessità dell'azione. In Viet-Nam qualcosa va storto e i due mutanti vengono reclutati dal Colonnello Stryker, che sta approntando una squadra di mutanti da usare in missioni ad alto rischio. Se anche non avessimo letto i fumetti, sapremmo comunque che dove ci sono squadre governative c'è sempre puzza di marcio e di scopi occulti.

In buona sostanza seguiremo le avventure di Wolverine nella squadra Stryker, e poi dopo quando cercherà di uscire fuori dalla spirale di sangue della sua vita da guerriero.

Scopriremo come invece si sia ritrovato a essere l'Arma-X, e come il suo scheletro, compresi gli artigli, sia stato ricoperto di Adamantio, il metallo più resistente dell'Universo Marvel, seguendolo fino alla resa dei conti con i misteriosi personaggi che hanno manipolato la sua vita, fino all'apocalittico scontro finale con il killer mutante Deadpool.

L'intreccio congeniato dagli sceneggiatori David Benioff e Skip Woods, è una amalgama di elementi che di nuovo non hanno nulla, ma è costruita con una diligenza che non lascia trasparire emozione. Quello che manca è un certo pathos nel costruire il momento della "rivelazione".  Le sceneggiature nelle quali si ribalta a ogni scena la prospettiva, nelle quali tutto quello che ritenevamo bianco poi si rivela nero e viceversa, devono farci sobbalzare.

In questo film le rivelazioni non stupiscono più di tanto. Ci vuole un certo senso della misura. Caricare di troppa enfasi una scena, con una musica preparatoria eccessiva, annuncia forse troppo presto il colpo di scena. Ma buttarlo lì, quasi per caso, è anch'essa una pratica da deprecare.

Peccato, la sceneggiatura poteva avere tutti gli elementi per appassionare gli amanti degli intrecci complessi, quelli che hanno amato la prima stagione di Heroes per esempio, per come i colpi di scena erano ben congeniati.

La storia narrata è sicuramente un tassello importante per l'universo mutante al cinema perché racconta tasselli della genesi degli stessi X-Men.

Alcune discrepanze ci sono. Come è possibile che nel primo film sugli X-Men Logan non sembra aver mai conosciuto quelli che saranno poi gli X-Men. La cosa verrà risolta con la perdita della memoria a fine film.

Il giovane Summers bendato, risolve altre possibili contraddizioni con la trilogia degli X-Men, spiegando perché non abbia visto Wolverine nelle fasi concitate della fuga dall'Isola di Stryker,  perché non sembra aver mai conosciuto Wolverine nel primo film. 

Ma che per togliere la memoria a Wolverine, si sia fatto ricorso a improbabili effetti dei "proiettili d'adamantio", la cosa lascia perplessi assai. Accettiamo il fatto che uno scheletro rivestito di adamantio, il metallo immaginario dell'universo Marvel, più resistente di qualsiasi cosa al mondo, possa essere perforato solo da un proiettile d'adamantio. Ma perché Logan, guarendo dai danni di tali proiettili, dovrebbe automaticamente perdere la memoria? Il mistero non è chiaro. 

Danny Huston in Wolverine insieme a Hugh Jackman e Liev Schreiber
Danny Huston in Wolverine insieme a Hugh Jackman e Liev Schreiber

Hugh Jackman ormai a suo agio nei peli del personaggio ben si è armonizzato con il co-protagonista, Liev Schreiber, nei panni di Sabretooth, che riesce nel non facile compito di interpretare uno psicopatico senza farlo diventare una caricatura.

Lynn Collins, che interpreta l'amore di Wolverine, Keyla Volpe d'Argento, non fa gridare al miracolo. Un volto da medio serial televisivo, con una capacità recitativa sufficiente. Come sufficienti e diligenti sono tutti gli altri interpreti, che si son comunque divertiti ad essere pagati per giocare "ai mutanti", come Taylor Kitsch, che è un Gambit molto compiaciuto.

Sotto l'aspetto tecnico il film è professionalmente ben costruito, ma con qualche pecca. Gli effetti speciali hanno qualche difettuccio che lascia perplessi, considerato che il budget era di 110 milioni di dollari, 40 milioni in meno di Watchmen. La fotografia di Donald McAlpine (Le cronache di Narnia: Il leone, la strega e l'armadio) è pregevole nell'esaltare cromaticamente le diverse location del film, un esempio per tutti l'uso dei toni marroni delle foreste canadesi. Le scenografie di Barry Robinson (Cronache di Narnia, Il viaggio del Veliero) sono invece una parziale delusione, non presentando nulla di particolarmente immaginifico. L'eccezione è rappresentata dal suggestivo teatro dello scontro finale, che vede Wolverine e Sabretooth contrapposti a Deadpool, sul bordo delle ciminiere di una centrale nucleare.