Etor sferrò un attacco dall’alto, ma il suo avversario ancora una volta deviò il colpo con l’avambraccio corazzato, anche se questa volta ne squarciò il metallo, snudando la carne cerulea e tingendola di rosso. Il Margravio digrignò i denti appuntiti, pronto a gridargli contro un altro attacco mortale.

Etor lo sbilanciò con un calcio al torace e, seguendo nel movimento il corpo massiccio in caduta, infilzò Inarra nella bocca del Gr’ravyen prima che quest'ultimo riuscisse a lanciare il suo Grido di Lame. La spada sacra Tekrat perforò il cranio del Margravio, frantumando le ossa della mandibola fino a sbucare dietro la nuca.

Quando Etor estrasse l’arma, il cranio spettrale del Gr’ravyen era ridotto a un’informe poltiglia.

L’eroe Tekrat si disinteressò del Margravio morto e raggiunse l’amico inerte. Lo girò e gli sorresse il capo con entrambe le mani. Dal volto barbuto di Arcan rivoli di sangue colavano dagli angoli della bocca. L’eroe Tokrean tossì espettorando bile e altro liquido ematico, e il suono che uscì fu simile a una risata strozzata.

“Risparmia le forze, Arcan”.

“Festeggia per me, amico mio” rantolò il Tokrean con le palpebre appena socchiuse. “Inneggia al mio nome al banchetto di stasera…”

Etor non disse nulla e lo guardò spegnersi tra le sue braccia. Trattenne a stento le lacrime davanti alla perdita di un amico vero. Quando si alzò e volse lo sguardo alle Valli Piangenti, notò che la battaglia era finita: l’esercito Gr’ravyen era stato sconfitto e nella pianura le grida di festa dei Tèlleroan vittoriosi echeggiarono sostituendosi al dolore.

Era forse lui l’unico a non essere in grado di sorridere per questo evento epocale, incapace di godere della vittoria che avrebbe consacrato la libertà dei Nove Regni per i secoli a venire?

Si segnò la fronte e la bocca, poi distese il palmo in segno di saluto e rispetto al compagno caduto.

“Onore a te, Arcan dei Tokrean” disse con un filo di voce, “che Mahiheidon benedica la tua Isola”.

La Fortezza Nera sembrò fissarlo da lontano, come se gli lanciasse una muta sfida che lui non poteva esimersi d’accettare.

E decise di raccoglierla: portò Inarra davanti al viso, baciò la lama che lo aveva consacrato eroe dei Tekrat e rinnovò il suo giuramento.

Pensò ancora una volta a sua moglie e alla figlia, al piccolo che non aveva ancora visto: per nulla al mondo avrebbe voluto mancare al suo Riconoscimento, ma prima di poter tornare a Isola Giovane avrebbe dovuto compiere un’ultima impresa.

La Fortezza Nera aspettava silente tra le vette innevate, mentre nubi scure si addensavano sul Pastaruun; forse la roccaforte attendeva solo che un guerriero avesse sufficiente coraggio da varcare quelle mura e porre davvero fine alla Guerra Eterna. E chissà, forse anche per liberare finalmente i Tèlleroan dal Tormento.