Se Aghors era davvero morto, e Persea di rado sbagliava nell’interpretare le sue visioni, potevano forse dirsi libere dal patto con il dio? Avrebbero potuto davvero lasciare Ekhelon anche se non vittoriosi? Non avevano più un esercito abbastanza numeroso per conquistare un altro mondo, e la Materia Astrale era offuscata da forze a loro ignote, mettendo a rischio un viaggio dimensionale. Ma non avevano scelta.

“Sto sanguinando” disse Persea con sguardo languido. Sul suo viso comparve una smorfia di disapprovazione.

Si piantò il coltello in una coscia e raccolse con le mani minute il sangue che colava sulla gamba.

“Smettila, Persea” la rimproverò Kyil annoiata. “Sai bene che non puoi ucciderti”.

“Gli dèi hanno sancito la nostra rovina” gracchiò Melaya stizzita, “e le Nove Regine Bambine sono state un chiaro segno che abbiamo ignorato. Il dio che protegge i Gr’ravyen è morto. Siamo abbandonati al nostro destino”.

“Sfidiamo gli dèi” azzardò Kyil, sfiorando con le dita affusolate l’Acqua Sacra della polla al centro del catafalco. Era giunto il momento di condividere con le sorelle il pensiero che la tormentava da alcuni mesi, di dare voce alle note che continuavano a insinuarsi nella sua mente come una melodia conosciuta ma inafferrabile.

“Non vedo altro rimedio!” gridò Persea giocando con il suo sangue. “Se l’era dei Gr’ravyen è giunta alla fine, portiamo nell’abisso anche le Nove Regine Bambine e il loro popolo protetto!”

Yberros rimase impassibile ad ascoltare, inconsapevole di cosa significassero quelle parole, anche se gli sembravano soltanto il frutto di una crescente angoscia e di un'inguaribile follia.

“Abbiamo ancora lo Scettro del Dominio” suggerì il Generale.

“Solo le Tre Sorelle possono usarlo” gli ricordò Kyil severa. “E non è così semplice…”

“Direi che non abbiamo altra scelta. Usatelo!”

“Non mettere alla prova la mia pazienza, Yberros” lo minacciò Kyil con aria di sfida. “Il potere dello scettro non va preso con leggerezza”.

“Quindi state pensando davvero alla fuga” asserì il Generale, fissandola di rimando con le sue pupille fiammeggianti.

“Bisogna saper leggere gli eventi nella giusta dimensione” intervenne Melaya.

“L’era dei Gr’ravyen è giunta al termine” ribadì Sorella Kyil con un vago sorriso. Eppure meditò sul fatto che il Generale Yberros non avesse tutti i torti: non era una cattiva idea provare a sottomettere i Tèlleroan su Isola Madre con lo Scettro del Dominio.

Forse lo farò, dopo che avrò compiuto il rituale, pensò Kyil indecisa.

Un esercito di Tèlleroan sottomesso al suo volere sarebbe stato un’arma in più, una difesa contro altre invasioni, anche se fosse stato servito al limite a placare la collera e il suo desiderio di vendetta: manovrare come burattini coloro che avevano osato sfidare le Tre Sorelle sarebbe stata una magra consolazione… soprattutto perché il prezzo da pagare sarebbe stato molto alto; lo Scettro del Dominio era un artefatto che andava usato con cautela.

In ogni caso, se Aghors era morto e lotte intestine tra gli dèi rischiavano di cambiare il Cosmo per sempre, per loro non vi era più motivo di rimanere su Ekhelon. E avrebbero potuto usare l’antica reliquia per sprigionare un tipo diverso d’energia.

Yberros rimase in attesa di un ordine che non arrivò.

Si disse che stava solo perdendo tempo. Avrebbe dovuto risolvere il problema da solo.

“Non attenderò oltre i vostri vaneggiamenti” disse gelido. “All’alba salperò con la mia galea. Solcherò i mari e troverò le Nove Regine Bambine e le ucciderò. Con queste mie stesse mani se sarà necessario”.

“Parti, Generale Yberros” lo salutò Melaya con distacco. “Parti e fai quello che devi fare”.

Yberros si rimise l’elmo e si allontanò verso l’uscita. Non sarebbe rimasto a degenerare in mezzo a quella follia collettiva; avrebbe agito da soldato e da soldato sarebbe morto, se quello fosse stato il suo destino, ma non prima di aver portato a termine il compito affidatogli.

Prima di varcare la soglia del portone metallico si girò. La foschia scarlatta che aleggiava nella stanza si era alzata e gli celava alla vista le Tre Sorelle.

“La Roccaforte non ha difese sufficienti per reggere l’assalto dei Tèlleroan” concluse ad alta voce fissando la nebbia. “È possibile che quando ritornerò non troverò nulla ad aspettarmi”.

È certo che non troverai nulla, pensò Kyil. “Ma abbiamo sempre lo Scettro del Dominio” rispose invece.

Sputò dentro la sorgente e udì i passi del Generale allontanarsi verso il corridoio.

Poi alzò lo sguardo a incrociare quello delle sorelle.

“È giunto il momento di dimostrare il nostro vero potere”.

“Prepariamo il rito” disse Melaya pervasa da una macabra ed eccitante sensazione. “Invochiamo i Nagheloth”.

Kyil sorrise e rincarò la dose: “Che siano allora gli Angeli Neri a decidere il nostro futuro e quello di questo mondo maledetto”.

“Invochiamo i Nagheloth” ripeté Persea. Scagliò il coltello lontano e il tintinnio della lama sul pavimento riecheggiò per alcuni istanti.

Negli occhi obliqui di Kyil baluginò un luccichio maligno: come sempre aveva manovrato le sorelle a suo piacimento e le aveva condotte alla conclusione che si era auspicata. E così, quel pensiero che si era annidato a lungo nella sua mente era finalmente sbocciato, aveva preso corpo e sostanza…

Inequivocabilmente era divenuta l’unica soluzione possibile.

Perché mai dovevano attendere che i Tèlleroan venissero a far loro visita? Perché avrebbero dovuto lottare ancora per un dominio effimero? Nell’attesa di cosa? Che gli dèi decidessero il loro destino? Erano le Tre Sorelle. Potevano scegliere il proprio fato.

Sfidiamo gli dèi, si ripeté Kyil mentalmente. Il Principe d’Argento guiderà gli Angeli

Neri e porterà Ekhelon nell’oblio. Grazie al potere sprigionato dallo Scettro del Dominio dissiperemo i venti offuscanti nella Materia Astrale. E quando la tenebra oscurerà ogni forma esistente di questo mondo, noi saremo già lontane.

Le iridi glauche delle Tre Sorelle s’incrociarono scintillanti nella foschia.

“Invochiamo i Nagheloth!” strillarono all’unisono.