Solo l’intervento di un dio poteva giustificare un simile risultato in così poco tempo. Inoltre, queste Nove Regine Bambine erano davvero impossibili da trovare. Yberros era arrivato persino a evocare i Kelotyl: sicari abili e invisibili, letali con i veleni e talentuosi con i coltelli, forgiati dall’ombra in un patto stretto in passato con un Principe dei diavoli. Nessun sicario era però mai tornato a fare rapporto.

No, non era una questione militare. Forze a loro ignote e ostili tramavano per farli fallire, forze legate alle divinità nell’Empireo. Erano le Tre Sorelle ad avere fallito, e lui voleva conoscere la verità.

“Sono anni che chiedo risposte e voi non sembrate in grado di darmele” protestò il Generale, scostandosi da Sorella Melaya. “Perché non giungono altri Capitani dai mondi conquistati? Perché non otteniamo altri rinforzi?”

“L’era dei Gr’ravyen è giunta al termine”. La voce di Persea giunse spezzata e lacrimosa da un punto imprecisato della foschia.

“Di cosa stai parlando, Sorella?” Yberros cercò di aguzzare la vista, ma la foschia scarlatta sembrò intensificarsi e nemmeno con i suoi occhi di fiamma riuscì a scorgere la figura che stava parlando.

“Aghors è morto” rispose Persea con un tono più ruvido. “Non risponde all’Oracolo perché non esiste più”.

“Possono dunque gli dèi morire?” domandò il Generale esterrefatto.

“Sì, se sono altri dèi a uccidere”.

Melaya cinse il bacino di Yberros, e lo fece in maniera languida come quando voleva che la possedesse, a discapito delle leggi imposte alle Tre Sorelle.

Poteva essere un simile peccato veniale ad aver fatto infuriare Aghors al punto di punire i suoi prescelti? Yberros non capiva nulla di religione. Lui era una macchina da guerra, eppure aveva fallito anche in quello.

“La via è aperta” insistette Yberros. “La comunicazione con gli altri mondi non è compromessa, quindi dovremmo poter ricevere rinforzi”.

“Venti corrotti offuscano la Materia Astrale” miagolò Persea rimanendo celata dalla bruma vermiglia. “Siamo rimasti soli”.

Sorella Kyil entrò nella stanza. Era la più giovane e la più bella delle tre, e Yberros l’aveva sognata spesso al ritorno dalle spedizioni negli arcipelaghi. Era lei che avrebbe voluto possedere, non la scheletrica e lasciva Melaya.

Kyil aveva un viso fresco e sottile, occhi stretti e obliqui come le altre, ma pulsanti di un fervore unico.

Yberros la guardò avvicinarsi, gustando le curve piene e flessuose che danzavano sotto i veli neri che ricoprivano la sua nudità.

“Il Guardiano Iosehl ha lasciato la fortezza questa mattina” disse con voce roca Sorella Kyil.

Persea uscì dalla foschia, squarciando il fumo scarlatto con un lacerante urlo disperato. Si gettò su uno degli altari e raccolse un coltello ricurvo cerimoniale con rubini incastonati nell’elsa d’avorio, poi si passò la lama sul collo e sul seno, quasi in una danza sensuale, e infine scoppiò di nuovo a piangere, dicendo a denti stretti, tra le lacrime: “Iosehl era il Guardiano di questo mondo… Se lo ha lasciato è perché non c’è più nulla qui per noi”.

“Non ha lasciato Ekhelon, ma solo la nostra casa” ribatté pronta Kyil. “In fondo era qui solo per nostra concessione, in qualità di ospite”.

“Dobbiamo andarcene: Ekhelon è maledetto!” gridò Persea.

“Non abbiamo mai lasciato un mondo prima di averlo conquistato” asserì Melaya, piccata.

“In teoria non ci sarebbe concesso” la provocò Kyil.

“E noi senza rinforzi non possiamo vincere” disse amareggiato il Generale Yberros, senza staccare gli occhi da Sorella Kyil. “Non possiamo lasciare Gr’ravyen dispersi su questo mondo, nemmeno se la fuga fosse contemplata”.

“Dispersi?” domandò caustica Kyil. “Direi morti. Le flotte non sono tornate, molti cadono e basta… Siamo davvero soli, Yberros. Persea ha ragione”.

“E di chi è dunque la colpa di tutto questo?” s’infuriò Yberros.

“Aghors è morto!” sbraitò Persea prima di conficcarsi il coltello sotto le costole.

Nessuno si mosse e nella stanza calò un imbarazzante silenzio.

“Siamo confinati in questo mondo d’acqua e isole da troppo tempo” ammise Melaya staccandosi dal Generale, stizzita dal suo ardito scrutare Sorella Kyil. “Non abbiamo contatti con il Dio della Conquista da…” Non terminò la frase.

Kyil trasse un profondo respiro. Nessuna delle Tre Sorelle sapeva dire esattamente da quanto tempo Aghors non si manifestasse loro, e condivideva la titubanza di Melaya nel non rivelare questa notizia; era meglio non informare Yberros perché avevano mentito ai Gr’ravyen su quello e su molte altre cose. Il Generale sapeva alcune cose sulle Tre Sorelle ma non tutto e, sebbene fosse evidente la sua reticenza ad accettare la sconfitta, non era il caso di metterlo a corrente della verità. Loro erano le Tre Sorelle, e nessuno aveva potere su di loro. I Gr’ravyen vagavano per conquistare i mondi più disparati, perché il loro mondo d’origine non esisteva più. E la Roccaforte delle Tre Sorelle si muoveva attraverso i piani posandosi sulle terre di conquista, ma il patto sancito con Aghors, il Dio della Conquista, prevedeva che loro non potessero ripartire prima di aver assoggettato tutte le creature esistenti sul mondo designato.