Asserragliato nell'antico e decadente Forte Valore, ciò che resta del Primo Reggimento Coloniale di Fanteria vordaniano, comandato dal capitano maggiore Marcus d'Ivoire, è reduce da una disperata fuga dalla capitale di Khandar, dopo che l'insurrezione degli estremisti religiosi della Redenzione ha detronizzato il debole principe Exopter. Logorati e quasi del tutto ormai privi di disciplina, i Coloniali attendono speranzosi di tornare al più presto in patria: orde di fondamentalisti religiosi, appoggiate da truppe ribelli di Ausiliari, arruolate tra i locali e addestrate e armate dagli stessi vordaniani, potrebbero infatti da un momento all'altro decidere di marciare verso la fortezza per metterla sotto assedio.

Ma quando dal Mar Demone giungono le navi vordaniane, cariche di poche migliaia di rinforzi e rifornimenti, il capitano d'Ivoire si rende presto conto che non è stato accordato alcun congedo a lui e ai suoi uomini. L'enigmatico conte colonnello Janus bet Vhalnich Mieran è infatti giunto per affrontare la ribellione e porre nuovamente sul trono il principe, così da ripristinare il protettorato di Farus l'Ottavo, sovrano di Vordan, su Khandar.

Il primo atto della saga di Django Wexler intitolata The Shadow Campaigns (anche se nell'edizione italiana non è presente alcun accenno a quest'ultima) è, sostanzialmente, la storia di una campagna militare. Sotto questo aspetto, l'autore si inserisce nella tradizione iniziata da Glen Cook con The Black Company e quindi continuata da scrittori come Steven Erikson. Nonostante a I Mille Nomi manchino le atmosfere cupe e il cinismo del primo e la complessità di visione e il respiro epico del secondo, c'è innanzitutto da rivelare l'evidente fattore di originalità costituito da un'ambientazione che si allontana dal tono medievaleggiante, assai diffuso nella narrativa di genere, per accogliere invece diversi elementi della tarda età Moderna. Ciò si traduce soprattutto in un rinnovato approccio alla descrizione delle battaglie nelle quali, più delle cariche di cavalleria e degli scontri corpo a corpo, dominano moschetti e cannoni. C'è da dire che Wexler non è certamente il primo, nè il solo, ad aver scelto un approccio del genere. Ma, oltreoceano, il connubio tra elementi fantastici e armi da fuoco presente in alcune opere (come in questa o nella trilogia in fase di scrittura The Powder Mage di Brian McClellan) è stato recentemente definito 'flintlock fantasy'. Viene così confermata la tendenza della critica specializzata di lingua inglese a identificare sottogeneri e a definirli ogniqualvolta venga rilevato, in un'opera, un aspetto considerato innovativo o un modo, che ugualmente sia riconosciuto tale, di miscelare più stilemi già esistenti.

Wexler, di formazione informatico ma con una laurea anche in scrittura creativa, è totalmente a suo agio nella descrizione delle strategie militari così come nel passare (anche se in questo romanzo non adotta spesso questo approccio) nella prospettiva del combattente. Nelle interviste rilasciate per promuovere il suo libro e il successivo The Shadow Throne, in arrivo sul mercato editoriale di lingua inglese nel luglio 2014, ha dichiarato la sua grande passione per la storia militare, nata dalla partecipazione a sessioni di wargames e poi raffinata dalla lettura di saggi come il seminale Le Campagne di Napoleone di David G. Chandler. Certo, I Mille Nomi non è solo (e per fortuna) narrazione di battaglie, e sicuramente alcuni aspetti tecnologici e soprattutto logistici non sono affrontati con eccessivo realismo per non trascinare la narrazione in pericolose fasi di stallo. Ma l'ambientazione che Wexler man mano svela al lettore è molto ben costruita, un frutto della sua immaginazione che ha tuttavia solide radici nella Storia che conosciamo: tarda età Moderna, come già accennato, per il livello tecnologico e gli aspetti militari del regno vordaniano; imperialismo europeo di diciannovesimo e ventesimo secolo, per l'atteggiamento aggressivo della politica estera de quello; crisi del Medio Oriente, di cui siamo purtroppo osservatori contemporanei, per il tema dello scontro di civiltà e per la presenza, centrale, del fondamentalismo religioso.

Questo primo atto della serie The Shadow Campaigns presenta una storia solida e ben scritta, dal ritmo elevato e dai personaggi e dialoghi convincenti. L'autore, a costo di non rivelare molto sulla cultura vordaniana e su quella khandariana, non cade neanche minimamente nella trappola, che miete vittime anche tra i suoi colleghi più abili e apprezzati, dell'info dumping. Alcuni elementi appena accennati, relativi a un passato definito 'Medioevo', ai giorni della settimana come noi li conosciamo e al gioco del tennis, possono far sollevare più di un sopracciglio tra i lettori. Così come non risultano finora molto chiari gli aspetti religiosi di Khandar, le strutture gerarchiche e le rivalità interne a quelli connessi. Sarebbero forse stati utili, ma mancano anche nell'edizione in lingua originale, le dramatis personae e un glossario che aiutino il lettore a districarsi tra personaggi secondari e cariche legate ai culti khandariani. Ma tutto questo non può assolutamente costituire una mancanza grave.

La trama de I Mille Nomi è una struttura quasi del tutto priva di difetti, a partire dalle connessioni logiche, passando per le reazioni dei personaggi fino al ritmo, che si mantiene sostenuto ma mai eccessivo. Soltanto nella terza e ultima parte del romanzo affiorano dei clichés, in particolare nelle azioni di alcuni personaggi e nella risoluzione di impasses narrative, ma la risoluzione della trama, pur rimandando a un seguito, è soddisfacente e i difetti cui si è accennato non minano le solide fondamenta dell'intreccio. Al massimo, creano qualche piccola incrinatura. I colpi di scena sono ben costruiti, il tipo di narrazione aiuta a mantenere alta la tensione nei momenti più significativi della storia: Wexler adotta il punto di vista dei due protagonisti, il già citato capitano d'Ivoire e il soldato Winter Ihernglass (il personaggio forse più riuscito del romanzo) che in realtà è una donna, come viene svelato già dalle prime pagine oltre che dalla sinossi in seconda di copertina, in una disperata fuga da un difficile passato. L'alternarsi delle due prospettive, alle quali se ne aggiungono poche altre appartenenti a personaggi minori, permette inoltre all'autore di sviluppare in modo convincente l'interiorità dei protagonisti e i loro rapporti con altri personaggi non meno riusciti: tra essi, il colonnello Vhalnich, modellato su personaggi storici come Napoleone Bonaparte (nei ringraziamenti, Wexler porge le sue scuse allo spirito del petit caporal, com'era a volte soprannominato il generale e imperatore francese) e George Armstrong Custer, ma che risulta comunque dotato di una sua forte e affascinante identità; la giovane sacerdotessa khandariana Feor, la cui fragilità interiore stride con le capacità di cui è dotata, e il cui rapporto con Winter permette all'autore di sviluppare l'aspetto dell'incontro tra culture differenti e ostili.

E la magia? L'aspetto fantastico, che naturalmente ci si aspetta da un romanzo classificato in questo genere, non ha un impatto evidente sullo sviluppo dell'intreccio. Non, almeno, apparentemente e non in modo così determinante nelle prime due parti di questo primo atto della serie di Wexler (non è escluso che sarà differente nei volumi successivi). La magia c'è, pronta a rivelarsi in tutta la sua pericolosità per chi vi ha accesso, oltre a garantire a quest'ultimo poteri terribili. Il concetto è quello già sviluppato, tra altre, nelle opere di George R.R. Martin e di Joe Abercrombie soprattutto per quanto riguarda l'aspetto della difficoltà o dell'impossibilità di controllare forze ed entità antiche e 'altre' rispetto agli esseri umani che provano a farlo. E del costo che tale sforzo comporta.

Fanucci Editore ha scelto un altro autore fantasy di livello da proporre al pubblico italiano. E lo ha fatto in un'edizione ben curata e dal prezzo accessibile, mantenendo la suggestiva ed efficace copertina di Paul Youll, la stessa presente nell'edizione americana del romanzo. Eccellente la traduzione, realizzata da Stefano Sereno con coerenza e capacità (gli errori, o forse i refusi di una prima versione, sono un paio in circa seicentocinquanta pagine). Non ci si può quindi che augurare che sul nostro mercato editoriale arrivi anche il seguito di questo ottimo romanzo.