Un libro è sempre un libro, che sia un insieme di fogli rilegati fra loro o un file apribile su uno dei tanti supporti che la tecnologia moderna ci mette a disposizione. Questo, più o meno, è il pensiero di coloro che amano gli ebook, ed è indubbio che un romanzo può essere ugualmente goduto indipendentemente dal supporto scelto per leggerlo. Dall’altro lato gli operatori del settore – e fra editori, stampatori, distributori e librai si parla di circa 40.000 persone – sono preoccupati. Non tutti, alcuni editori e i rivenditori on-line hanno accolto con favore la novità del digitale, ma gli interrogativi sul futuro del libro sono molti. E quando si parla di libro non si possono trascurare le persone che in qualche modo ruotano intorno al libro stesso, dai lettori agli scrittori.

Dei molteplici aspetti legati alla rivoluzione digitale si occupa Alessandro Gazoia nel suo Come finisce il libro. Molteplici aspetti, perché mentre in genere si tende a contrapporre la carta, amata da quei lettori che non possono dimenticare il piacere dell’oggetto fisico, al digitale, preferito da chi si interessa agli aspetti pratici come le dimensioni pressoché nulle che risolvono qualsiasi problema di spazio anche del più vorace dei lettori, il prezzo ridotto e la comodità dell’acquisto in qualsiasi momento, la questione è molto più complessa.

La storia del libro digitale è strettamente connessa a quella del suo principale rivenditore, Amazon, e Gazoia segue le vicende del colosso di Jeff Bezos analizzando la portata del suo impatto sul mercato librario americano ma anche il suo arrivo in Italia contrastato dalla Legge Levi. Il discorso parte dagli sconti sul libro, dalle dinamiche dell’economia di mercato e dal servizio al cliente, ma si sposta subito su elementi meno evidenti a uno sguardo superficiale anche se altrettanto importanti. L’attenzione prestata al cliente, se osservata con attenzione, rivela l’importanza della fidelizzazione ma anche della creazione di un mondo chiuso in cui Amazon fruisce del lavoro volontario e gratuito dei suoi stessi clienti, e se questo può dirsi di numerosi siti di vendita on-line, il mondo totalmente chiuso in sé stesso dell’azienda di Bezos raggiunge risultati impressionanti con una fidelizzazione che può in numerosi casi diventare forzata e portare con sé un gran numero di problemi.

Il discorso, portato avanti in modo molto lucido, evidenzia i compromessi esistenti da sempre nell’editoria con il difficile rapporto fra le opere letterarie e i best sellers, si interroga sui possibili effetti di un numero eccessivo di bestseller realizzati da personaggi famosi piuttosto che da scrittori e ricorda la vecchia strada per la pubblicazione degli esordienti prima di passare ad analizzare l’attuale mancanza di filtro delle opere autopubblicate. Là dove in passato un autore a pagamento era guardato con una certa sufficienza da chi il filtro editoriale era riuscito a passarlo – o da chi leggeva le opere passate attraverso quel filtro editoriale – l’autopubblicazione in ebook, supportata da casi famosi come quelli di E.L. James o Hugh Howey, sembra legittimare nuove strade. Il problema non è nel supporto ma nell’uso che se ne fa. Dall’autopubblicazione alla democratizzazione del processo autoriale, di cui Gazoia porta esempi concreti e documentati, il passo è breve ma il rischio elevato, al punto da poter ridefinire, in un futuro neanche troppo lontano, il concetto stesso di letteratura. Fan fiction, produzione e commercializzazione di prodotti tie-in (giochi da tavolo, gadget, fumetti e tutto quanto ruota intorno a un mondo narrativo originale), mitologizzazione dei prodotti di massa, sfruttamento dell’entusiasmo dei fan a fini commerciali dalle grosse aziende risultano infine tutti collegati in un unico mondo autoreferente in cui sono pochi a tirare i fili che muovono tutto il resto.

Uno scenario apocalittico? Forse, ma le basi su cui è fondato il discorso sono molto solide e gli spunti portati in primo piano talmente tanti che è impossibile non fermarsi a riflettere su quanto sta avvenendo. Questo non significa che la vendita on-line sia necessariamente un male, né che lo sia il libro digitale. Gazoia non punta il dito contro le nuove tecnologie in sé, ma contro l’uso che se ne fa nel momento in cui smettono di essere strumenti che semplificano la vita e vanno a influenzare in modo più profondo pensieri e abitudini del lettore indirizzando allo stesso tempo l’editoria verso la facile strada del successo, abbandonando senza rimpianti le opere letterarie ritenute troppo complesse o chi non si vuole uniformare al sistema. Come finisce il libro non propone soluzioni. Analizza la situazione attuale, evidenzia aspetti spesso trascurati o sottovalutati da coloro che nel libro vendono solo un oggetto amato da leggere e a cui dedicare parte del proprio tempo e si chiude sulla semplice constatazione che il futuro del libro, quanto mai incerto, deve tenere presente la realtà attuale e sapervisi adattare ma cercando sempre di non perdere la propria identità.