Hellboy (David Harbour) è un detective dall'aspetto e dai poteri demoniaci del BPRD (Bureau for Paranormal Research and Defense), un  ente che protegge la Terra dalle minacce sovrannaturali. È il figlio adottivo del direttore del BPRD, il Professor Broom (Ian McShane) che ha sempre mantenuto uno stretto riserbo sulle circostanze in cui Hellboy è nato.

Una serie di missioni pericolose, dal recupero di un agente perso in Messico, alla caccia di giganti in Inghilterra, metteranno Hellboy e il BRPD davanti alla minaccia di Nimue (Milla Jovovich), la Regina di Sangue, creduta morta e resuscitata, che ha un piano di distruzione globale.

David Harbour in Hellboy
David Harbour in Hellboy

Sulla strada Hellboy troverà parecchi nemici pericolosi e letali, nonché insperati alleati come la medium Alice Monaghan (Sasha Lane) e l'agente Ben Daimio (Daniel Dae Kim), che sembra combattere contro demoni interiori più pericolosi di quelli esterni.

La domanda retorica è la solita: tra inseguimenti, scontri titanici, creature mostruose, scrosci di sangue e tentazioni di ogni sorta, Hellboy riuscirà a salvare se stesso e il mondo dalla solita profezia di sventura e apocalisse globale?

Hellboy
Hellboy

Come dicevo sopra, la domanda è retorica. A meno di non proporre un film che ammazzi il franchise, al suo nuovo inizio dopo i due film di Guillermo del Toro. Il film attinge all'omonimo fumetto edito dalla Dark Horse dal 1994, ideato da Mike Mignola, qui collaboratore alla sceneggiatura.

Il regista Neil Marshall, di buona esperienza televisiva, è in confidenza più con il relativamente basso budget che con la materia orrorifica, e dirige con artigianato e professionità, ma con ben poca di quella visionarietà che il materiale messo sul piatto richiederebbe, non aiutato da una sceneggiatura banale.

Milla Jovovich in Hellboy
Milla Jovovich in Hellboy

Hellboy è un film in cui tutto è abbastanza visto e prevedibile sin dalla prima inquadratura. Il bombardamento e il ritmo incalzante con il quale si succedono gli eventi più che appassionare, alla lunga stanca, perché sembra voler impedire allo spettatore di riflettere almeno un momento sui motivi per cui continuare a vedere il film, trascinandolo di peso fino alla fine. 

Anche se ne avrete abbastanza, vi comunico che ci sono due scene post crediti, l a prima a metà dei titoli di coda, la seconda proprio alla fine, quando ormai i gestori impazienti avranno acceso le luci.